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Recensione: “Bad Romance” di Jen McLaughlin

Una brava ragazza si innamora del ragazzo più sbagliato che ci sia: il suo fratellastro.

Sette anni nell’esercito cambiano un uomo. Ma una ferita alla spalla mette fine alla carriera da cecchino di Jackson Worthington, e viene rimandato a casa, a combattere una battaglia che gli è fin troppo familiare: stare lontano da Lily Hastings. È pur sempre l’angioletto del suo ricco paparino, innocente, assolutamente adorabile, tanto pulita quanto Jackson è sporco. Ed è sempre la sua sorellastra, proibita, ma mai dimenticata, non dopo il bacio appassionato per il quale a diciotto anni è stato cacciato di casa. All’epoca non era riuscito a resisterle. Come potrebbe resisterle ora?
Lily sta per sposare un uomo che non ama, e impegnarsi in un lavoro stressante che odia, tutto per compiacere suo padre, che controlla tutta la sua vita. Come se non bastasse, il suo primo amore è tornato, con un corpo scolpito e appena una traccia del ribelle che ha segnato il suo destino con le sue labbra. Il tempismo di Jackson non potrebbe essere peggiore… o migliore. Perché Lily ora è cresciuta. Muore dalla voglia di assaggiarlo di nuovo. E per la prima volta, è pronta a essere una cattiva ragazza.

Mie care Fenici, oggi sono qui per parlarvi di Bad Romance, un libro che ho aspettato con ansia, trepidazione, patema d’animo, tachicardia…insomma ci siamo capite: ci ho quasi rimesso la pelle nell’attesa!

Partendo dalla prima frase la sinossi era già invitante e aveva in sé tutti gli elementi necessari a catturare il mio interesse:

  1. Jackson Worthington, il protagonista maschile è un ex militare (niente di meno che un cecchino), Lily Hastings invece è la docile rappresentante del sesso debole, che sta per essere traviata verso la parte oscura.
  2. Una love story tra fratellastri soffocata in adolescenza, ma mai sopita.
  3. La missione del Marines: salvare la coprotagonista da un orribile futuro già scritto da un padre padrone e manipolatore.

Come potete vedere le premesse per una storia esplosiva ci sono tutte, peccato che restino tali.

E sì amiche mie, questa storia inizia e finisce senza cambiare di una virgola.

Per tutta la durata della lettura ho avuto la sensazione di essere seduta su una Ferrari con mia nonna al volante! Una macchina con grandi potenzialità, se solo la mia matriarca lasciasse la frizione e premesse sull’acceleratore.

Tra i due protagonisti l’attrazione è innegabile, il primo 50% è anche piacevole da leggere, scorre abbastanza veloce e la prosa è discretamente buona.

Il problema si crea man mano che ci si avvicina alla fine. Perché, dopo quelle che dovrebbero essere le basi del racconto, ci si aspetta che quest’ultimo si evolva in un crescendo di eventi verso il finale. E invece no. Non succede nulla. L’intero libro NON È accennato nella sinossi, è quasi riassunto in essa.

Jackson dovrebbe essere l’emblema del sex appeal, cinico, forte, un vero marines forgiato dalla vita quanto dalla guerra. Dovrebbe. Non lo è. Segue diligentemente le sedute di psicologia e chiacchiera con se stesso auto-analizzandosi, come se stesse conversando con Tè e pasticcini in un delicato salottino rosa.

Lily è il genere di personaggio femminile che odio di più – di quelle che “Sono tanto buona, mi sacrifico io per salvare il mondo! Povera me: Compatitemi e amatemi” – e rimane fedele a questo stereotipo fino all’ultima riga.

Una trama senza un vero “cattivo”, perché il padre – dopo le prime pagine – non s’incontra per tutto il romanzo e rimane uno spauracchio senza forma e colore che al momento di fare il suo dovere letterario (ovvero farsi odiare) non suscita alcuna emozione. Il fidanzato di Lily avrebbe potuto ricoprire alla perfezione questo ruolo e all’inizio ci riesce pure, ma la scrittrice evidentemente ci si affeziona strada facendo e non riesce a lasciargli del tutto la parte malvagia. I contesti in cui lo giustifica si alternano a quelli in cui si comporta da vero stronzo, confondendo il lettore che non sa se abbracciarlo perché gli dispiace per lui o picchiarlo selvaggiamente fino a fargli perdere i sensi.

In una calma quasi piatta, interrotta solo da mirabolanti scene erotiche (di cui ho apprezzato solo la prima e odiato l’ultima) si arriva all’ultimo 15% senza che si prospetti una vera e propria soluzione e con la vaga sensazione che i protagonisti si trovino davanti a un’impasse dalla quale è impossibile uscire.

Non vi svelo il finale, a mio parere non solo affrettato ma anche forzato.

Ho chiuso il libro con una smorfia, perché l’autrice è indubbiamente una penna discreta, ma le fondamenta gettate nella prima metà del libro meritavano di essere sviluppate meglio di così.

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Voto Viv 2,5

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