Recensione: “Le tre del mattino” di Gianrico Carofiglio
Antonio è un liceale solitario e risentito, suo padre un matematico dal passato brillante; i rapporti fra i due non sono mai stati facili. Un pomeriggio di giugno dei primi anni Ottanta atterrano a Marsiglia, dove una serie di circostanze inattese li costringerà a trascorrere insieme due giorni e due notti senza sonno. È così che il ragazzo e l’uomo si conoscono davvero, per la prima volta; si specchiano l’uno nell’altro e si misurano con la figura della madre ed ex moglie, donna bellissima ed elusiva. La loro sarà una corsa turbinosa, a tratti allucinata a tratti allegra, fra quartieri malfamati, spettacolari paesaggi di mare, luoghi nascosti e popolati da creature notturne. Un viaggio avventuroso e struggente sull’orizzonte della vita.
Marsiglia, giugno 1983. Antonio ha diciotto anni quando, per circostanze impreviste, si trova a trascorrere due giorni e due notti senza sonno con suo padre. Un uomo che ha visto andare via di casa ancora bambino, in seguito alla separazione da sua madre, a cui è legato da un rapporto di incontri rari e frasi superficiali. Un padre da cui si sente distante, quasi estraneo, e che ritiene sia la causa della sua famiglia a metà. All’inizio dell’adolescenza, orribile e tenera, una diagnosi scomoda costringe Antonio a sentirsi diverso dai suoi coetanei per anni, così nel tempo si fa strada in lui un sentimento strisciante di insofferenza e ostilità, che raggiunge il suo culmine negli anni delle superiori, quando la ribellione e la prerogativa di sentirsi sopra le righe sono un obbligo morale, a patto però di rimanere sempre uguali agli altri per non essere diversi.
Sullo sfondo di questo mondo interiore, Antonio e suo padre intraprendono un viaggio alla scoperta di se stessi, conoscendosi, scardinando così le convinzioni di un figlio che credeva di sapere ma che in realtà è sempre rimasto chiuso nel suo guscio di congetture e fantasie ancora troppo infantili. A Marsiglia Antonio comprende che quel padre, indifferente e pacato in apparenza, conserva i ricordi dell’infanzia di suo figlio, che ha sempre seguito con attenzione e amore, seppure a distanza, e lo scopre uomo. Un uomo, fatto di vecchi sogni e delusioni, che suscita in lui nuova tenerezza e inaspettato orgoglio.
Padre e figlio si confrontano, si rivelano l’uno all’altro, ritrovandosi più simili di quanto avessero creduto, accomunati dalla stessa mente matematica e dalla medesima fragilità.
“Fitzgerald è stato un grande scrittore e un uomo infelice. C’è una sua frase cui ho pensato tante volte: «Nella vera notte buia dell’anima sono sempre le tre del mattino»”.
Quelle parole e il loro ritmo poetico mi s’infissero nella mente.
Era un’intuizione perfetta e al tempo stesso mi sembrava contenesse l’opposto del suo significato apparente, come succede nelle migliori metafore, al di là dell’intenzione di chi le ha create.
Con il suo stile essenziale e preciso, quasi chirurgico, Carofiglio racconta il percorso di un ragazzo che diventa uomo, attraversando in due giorni e due notti una linea di demarcazione irreversibile, attraverso la scoperta di se stesso e del suo alter ego, cioè suo padre, arrivando ad assumere nelle battute finali un’impronta addirittura onirica.
Un romanzo di formazione, certo, ma soprattutto una storia delicata, che racconta cosa accade quando il muro della diffidenza crolla e si scopre che le convinzioni, che hanno motivato la vita e il comportamento passato, sono fondate su congetture personali, che non corrispondono alla realtà, ma sono piuttosto frutto del proprio inevitabile disagio.
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