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Recensione “La fanciulla nella torre” di Eloisa James (serie Lieto fine #5)

Care Fenici, ecco la recensione di Dory al bellissimo La fanciulla nella torre di Eloisa James

Recensione "La fanciulla nella torre" di Eloisa James (serie Lieto fine #5)
Cover realizzata da Sweet Fire

Il giovane Gowan, duca di Kinross, vuole una sposa che completi la propria vita ordinata, e nel momento in cui vede Edie, bella e riservata, se ne innamora. Vittima della febbre alta proprio al ballo del suo debutto, Edie è invece tutt’altro che docile e obbediente, e quando suo padre accetta la proposta del duca si sente in trappola. Trascorsa una notte di nozze disastrosa, prova a fingere di essere la moglie perfetta che il marito desidera, ma la realtà viene ben presto a galla e, dopo ripetute incomprensioni, lei lo respinge del tutto. Però Gowan non potrà permetterlo, né a lei né a se stesso…

Cari lettori, dopo aver letto e recensito con grande piacere Il Bacio di mezzanotte (A Kiss at Midnight), La resa di Piers (When Beauty Tamed the Beast), La Duchessa perfetta (The Duke Is Mine) e Beata ingenuità (The Ugly Duchess), pubblicati nella collana I Romanzi Classic  sono approdata fino a qui…

Il libro La fanciulla nella torre (Once upon a Tower) è il quinto romanzo della cosiddetta serie dei Lieto Fine (Happily Ever Afters) di Eloisa James ispirata, come già sapete, alle fiabe più conosciute dalla nostra collettività. Dal titolo mi sembra chiaro il riferimento, chi non ha visto ultimamente Rapunzel? O, come la conosco io, che sono di una generazione precedente: – Rapolina… Rapolina, getta la tua treccina… –

Ebbene, ho presto scoperto che la torre creata dalla James è sia fisica che metaforica: la bella principessa si arrocca nella torre… sì, ma anche in quella della sua intimità per così dire… dolorante.

Un duca scozzese super organizzato, pianificatore e maniaco del controllo, è alla ricerca di una moglie pragmatica, senza grilli per la testa, adeguata alla sua educazione conformista e fiera. La tipologia che ha in mente? Una donna di casa d’altri tempi. Una che pensa al cibo e alla direzione delle pulizie del castello, possibilmente poco svenevole e senza particolare sensibilità, cosa che finirebbe con l’irritarlo: vorrebbe una donna simile alla propria nonna, insomma.

E una così l’aveva, peccato abbia commesso l’impudenza di morire prima d’impalmarla, lasciandolo con la pressante e detestabile incombenza: trovare una adeguata sostituta. Con questo scopo in mente, una sera, durante uno splendido ballo cui partecipa per espletare tale fastidio, rimane come fulminato… davanti ai suoi occhi si manifesta lei, una dea, una creatura fatata, eterea, che parla poco, anzi, non lo fa affatto.

Colpito in ogni dove dalle sue grazie e dalla silenziosità della suddetta, se ne innamora seduta stante: la vuole e l’avrà. Del resto, lui non è nato per tale scopo? Un ducato non è cosa da ridere.

Pazienza se poi si scopre che la contessa- fata è una violoncellista, educata sì a essere una perfetta lady, ma con un caratterino niente male, una dose di sensualità che gli manda in pappa il cervello e una certa pittoresca loquacità… fa nulla!

Gettata alle ortiche l’esigenza precedente, il duca in fregola cita Shakespeare, scompiglia ogni programma e fa leva persino sul suo nobile rango per ottenere un matrimonio immediato: la smania gli cresce dentro, simile a un fiume impetuoso. Non riesce ad arginarla.

“Kinross si sentì avvampare di impazienza. Era uno scozzese. Quel genere di urbanità non faceva al caso suo, quando si trattava di rapporti fra un uomo e una donna. Voleva mostrare alla ragazza cosa provava, nascondersi con lei dietro una colonna, stringerla a sé e baciarla. In modo rude. No, anzi, con tenerezza.

Edith, tuttavia, non era sua moglie… non ancora.”

E Edie? Anche lei è leggermente concitata; romanticissimo, Kinross ricrea per l’amata la famosa scena del balcone imitando Romeo, e lei, da brava Giulietta, lo adora. Seguono baci roventi che fanno perdere la testa a lei, ma che irrigidiscono lui (in tutti i sensi) e mettono in gran difficoltà il controllo di entrambi. Kinross però è più bravo di Edie in questo; lei, garantisco, non ne è affatto contenta. In mezzo a tale incandescenza, di colpo lui diventa serio e tranquillo, come se stesse predisponendo la prova di un nuovo tipo di stallatico.

Irritante? Un pochino.

E finalmente si giunge al punto…

— Ti faccio male? — La voce di Kinross era scesa di un’ottava.

— Un po’ — riuscì a rispondere la ragazza. Un po’? Quello era tormento allo stato puro.

— Vuoi che mi fermi? Potremmo riprovarci domani.

Ormai l’appagante sensualità di poco prima non era che un ricordo. Le pareva che il suo corpo si stesse lacerando. No, non aveva alcun desiderio di ripetere l’esperienza anche il giorno seguente. Il solo pensiero la uccideva. — Continua — disse con voce tremula. — Termina ciò che hai iniziato. Per favore. —

 La vena umoristica dell’autrice è sempre presente, ed è la nota positiva di ogni suo romanzo. La trama mi stupisce ogni volta in quanto non è mai banale. Irriverente e delicata: è così che la definisco. Lei è una bravissima caratterista, intesse ogni cosa, dalla psicologia dei protagonisti agli eventi esterni, e fa in modo che ti affezioni anche ai personaggi secondari: un’autrice a 360 gradi.

Ho fatto grandi risate con La fanciulla nella torre, mi è scappata qualche lacrimuccia, mi sono immedesimata e sentita trasportare all’interno della storia e, finalmente, lo schema è stato cambiato: eventi inconfessati e imbarazzanti diventano il fulcro di un romanzo, e rubano la scena alle grandiose scene d’amore. L’intimità tra uomo e donna è trattata senza disparità, in maniera molto sensibile. È anche moderno, questo è assodato. Magistrale è l’intervento della matrigna in favore della sua “bambina” e il pugno sferrato da un padre irato: la più soddisfacente difesa che una donna possa desiderare.

Trascorse del tempo prima che Edith smettesse di piangere. Piangeva per il suo matrimonio, e perché aveva ferito qualcuno che l’amava. Sì, Gowan l’amava. Si era innamorato di lei, che non se n’era neppure accorta.

Quando infine le lacrime smisero di rigarle il viso, fu pervasa da una profonda sensazione di malessere. Traballante, si mise in piedi e raggiunse il bagno, dove vomitò tutto lo champagne ingurgitato.

Dopo essersi svuotata lo stomaco, ancora scossa dai tremiti ma con la testa più sgombra, tornò in camera e si sedette sul letto per pensare. Non stava piangendo soltanto perché aveva ferito il marito, ma anche perché aveva capito di essere innamorata di lui.

Per concludere la recensione, di questo romanzo posso solo dire che mi è piaciuto, che amo quest’autrice e che leggerò ogni cosa che ha scritto e scriverà in futuro.

Ovviamente, se amate il genere, cosa che ci accomuna, questi romanzi non possono mancarvi: dovete inserirli nelle vostre letture. Rimarrete piacevolmente stupite.

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