Recensione in Anteprima: “Una preghiera prima dell’alba” di Billy Moore
Care Fenici, oggi Mumù ci parla di un libro doloroso e bellissimo: “Una preghiera prima dell’alba” di Billy Moore
Billy Moore era andato in Thailandia per sfuggire a un presente di tossicodipendenza e alcolismo. Ma proprio mentre stava riuscendo a disintossicarsi, non resiste alla tentazione e prova la potentissima yaba, detta anche “la droga della pazzia”, una metanfetamina dagli effetti devastanti. La vita di Moore è di nuovo in bilico tra dipendenza e criminalità: si guadagna da vivere con combattimenti di boxe illegali, fino a quando non viene arrestato e imprigionato a Klong Prem, un luogo in cui la vita non ha più alcun valore. Il giovane inglese si trova così a dover fronteggiare un ambiente ostile, in cui le uniche regole sono quelle senza pietà delle bande di carcerati thailandesi, e la violenza è il solo linguaggio che tutti possono capire. Billy, forte del suo passato di pugile, impara la disciplina del Muay thai, l’arte del combattimento thailandese. Dopo tre lunghi anni, la sua forza e la sua determinazione, unite a un po’ di fortuna, gli doneranno una seconda, insperata possibilità.
Ho sempre pensato che un buon titolo fosse un ottimo biglietto di presentazione per un libro. Poche parole che devo essere in grado di catturare l’attenzione di un lettore e, di certo, questo titolo è stato in grado di solleticare la mia curiosità. Andando avanti con la lettura mi sono resa conto che Una preghiera prima dell’alba è stato scelto perché “Se pensi che nella tua vita tutto vada male, prova a metterti anche per soli cinque minuti nei miei panni, e poi ne riparliamo”, come titolo magari suonava troppo rude.
Credetemi, questo libro vi saprà conquistare sin dalle primissime pagine. La scrittura non è affatto pretestuosa, Billy Moore non vuole incantarti e credo che neanche gli interessi il nostro parere; si limita semplicemente a raccontarci i fatti così come si sono svolti. Mi piace molto il Billy, è uno che va dritto al punto senza troppi giri di parole, non si nasconde dietro falsi moralismi, non nega le sue debolezze e i suoi errori. Ci racconta la sua personale discesa negli inferi, ci rende testimoni della brutalità e della nefandezza dell’essere umano. Ci apre le porte delle carceri thailandesi, dove l’uomo non viene trattato più come tale, ma alla stregua delle bestie. Giorno dopo giorno è una lotta per la propria sopravvivenza, dalla ricerca di cibo a quella della droga, unica compagna fedele e costante nella sua vita.
Anche solo ventiquattr’ore in quell’inferno erano troppe.
Ogni giorno le stesse facce che camminavano, sputavano, starnutivano e respiravano lo stesso ossigeno. Ero chiuso in quello spazio ristretto con quattrocento persone intorno. Travolto dalla sensazione di sentirmi in trappola. Gli spintoni, le lunghe code per i bagni, la mancanza d’acqua. No, nessun uomo poteva sopportare un supplizio del genere. Erano condizioni che violavano qualsiasi diritto umano, qualsiasi trattato che fosse mai stato scritto. Ma lì dentro i diritti umani non significavano nulla.
Deve costantemente guardarsi le spalle, non può fidarsi di nessuno, solo di se stesso, della sua forza e della sua sanità mentale. Sì, perché perdere la ragione, lì dentro, sembra essere l’unica via di fuga.
Quello che mi ha colpito in particolar modo è stato scoprire con quanta facilità si può finire in prigione in Thailandia. Non conosco molto di questo Paese, né le abitudini, né il modo di vivere, ma una cosa è certa: se commetti un reato, lo fai con la consapevolezza di andar incontro una pena severissima. Non appena oltrepassi il cancello di quelle prigioni, il concetto di diritti umani si svuota completamente. Carceri sovraffollate, droga, HIV, lotte per il potere e il dominio del territorio, nessun rispetto della dignità umana, scarsità di cibo, di acqua e di qualunque altro genere di prima necessità.
Ecco contro cosa ha dovuto lottare Billy ogni giorno, ma ce l’ha fatta. L’istinto di sopravvivenza è stato più forte di ogni macigno che lo schiacciava, il primo, e il più grande di tutti, la sua dipendenza dalla droga; la stessa dipendenza che lo ha condotto nel suo inferno personale. Per nostra fortuna, Billy è stato in grado di farci dono di questa sua testimonianza.
(Dal libro nel 2017 è stato tratto anche un film).