Recensione:Hush di Paola Garbarino
Una bella novità editoriale raccontata da Nayeli:Hush di Paola Garbarino
Con lui avevo imparato cento modi diversi in cui si può stare in silenzio, così come gli Inuit riconoscono vari tipi di formazioni di ghiaccio e per ognuna hanno coniato un nome. Io non avevo dato loro un nome ma avevo imparato che il silenzio può essere: quieto, irato, triste, frustrato, gioioso, impaurito, sconcertato, offeso, perplesso, assonato, emozionato, divertito, impertinente, arrogante, scherzoso e altre cento emozioni. Mi faceva paura sentire che una grossa parte di me bramasse la rottura dell’ultimo strato d’anima che mi teneva a galla. Una volta spezzato quello, tutto il mio essere sarebbe sprofondato giù e io dubitavo che sarei riuscita a venirne fuori.
Era Noah, coi suoi silenzi, con le parole negli occhi e nelle dita, con la voce dell’anima, che mi stava trattenendo dallo sprofondare, che mi stava facendo sentire la forza della vita e non della mera sopravvivenza. Com’era accaduto? Quand’era successo? Mi stava tenendo legata alla vita anche se non lo sapeva, anche se forse ero solo una fiamma che voleva consumare.
Sullo sfondo di un’autunnale Genova, Fiore, ragazza dolce con una ferita aperta nel cuore, e Noah, studente inglese in Italia con una borsa di studio, frequentano l’ultimo anno all’Accademia delle Belle Arti. Per un intero trimestre lei sarà obbligata a fare da tutor a lui, ragazzo affascinante, talentuoso, arrogante. E sordo.
La loro conoscenza sarà incontro e scontro, attrazione e repulsione, in una condivisione di emozioni che li cambierà per sempre.
Quanto contano i silenzi, in un’epoca in cui tutti sembrano ossessionati dal comunicare ogni dettaglio delle proprie vite?
Un libro di una delicatezza estrema, che ha toccato in me molti tasti emotivi.
Tratta la disabilità dei sordi e dei muti non solo con tatto e realismo, ma anche con dignità e con la capacità di raccontare della “persona” nella sua interezza, dell’“altro” che quella persona rappresenta, esprime e prova, al di là della difficoltà nell’esprimersi (che viene trasmessa, più che una difficoltà, più che altro come un diverso modo di esprimersi e di percepire i rapporti e il mondo in genere).
Ben lungi dal voler suscitare compassione per Noah, un ragazzo muto affascinante e dalle capacità artistiche che lo hanno reso famoso a livello internazionale, questo romanzo nasce sul tema delle difficoltà del comunicare, in un mondo in cui la tecnologia rende tutto veloce e abbondante, azzera le pause, le attese e la capacità di ascoltare. Il linguaggio dei segni è solo un altro tipo di linguaggio, così come le espressioni facciali, la scrittura, la parola e l’arte. Non è più invalidante di altri, perché ciò che rende la comunicazione difficile tra le persone non è lo strumento, quando la volontà di vedere, di ascoltare.
Ed è proprio qui il punto: tutti bramiamo di essere visti per quelli che siamo veramente, ma cosa proviamo quando succede davvero? Noah ha un desiderio così forte di conoscere Fiordiluna da voler sapere tutto di lei, ogni più intimo segreto, in modo lecito e non. E lei si ritrova esposta, nuda e fragile. Si sente spiata, derubata delle sue coperture. Noah le ha scalpellato via gli strati protettivi e l’ha lasciata esposta nella sua meravigliosa essenza.
Un’essenza che soffre.
Perché Hush è un libro che ci parla anche e soprattutto della difficoltà di superare una perdita importante. Del tentativo disperato di sorreggersi tra persone che condividono uno stesso lutto, Fiordiluna e Achille, cercando di riempire un vuoto con altri vuoti, e del modo perverso in cui questi tentativi creano legami malati, distruttivi, limitanti. È anche il racconto di un forte legame di fratellanza, preso prima per amore, in seguito per amicizia con benefici. Un legame unico, intricato, eppure da dover districare per poter guardare dentro se stessi e poter andare avanti.
Inutile parlare dello stile di Paola Garbarino, scorrevole, ironico, fresco, delicato, poetico, sfaccettato e sensibile. I baci e i momenti intimi sono scene magiche e allo stesso tempo tolgono il fiato. La trama e gli sviluppi dosano bene i pieni e i vuoti, ovvero i momenti d’azione con i momenti riflessivi, con un paio di deliziosi colpi di scena. Noah compare con il suo punto di vista solo quando è necessario, senza forzare l’alternanza dei capitoli dove non serve. Doveroso il finale, che ho adorato, chiudendo tutte le trame in piedi e gestendo la pluralità dei personaggi in modo armonioso ed equilibrato.
Chissà se ci sarà uno spin-off su Achille? Mi piacerebbe davvero, anche per leggere gli sviluppi futuri di questa coppia ancora così giovane e con tutta la vita davanti.
“E mi resi conto che non era più soltanto istinto: era anima, qualcosa che palpitava, volava, reclamava, che voleva raggiungere anche la sua, cercargliela, trovarla, unirci anche lì com’erano uniti adesso il mio corpo e il suo, incastrati come due pezzi di un unico puzzle, come due tessere di un mosaico più grande di noi.”