Recensione: “Duro da amare – Agata (Trilogia Pietre Preziose Vol. 3)” di Anna Chillon
Buongiorno Fenici oggi la nostra Aina ha recensito per noi il libro “Duro da amare – Agata (Trilogia Pietre Preziose Vol. 3)” di Anna Chillon
«Tu ancora non ti fidi di me, ma pretendi che io lo faccia con te» proferii deglutendo a più non posso.
La sua mano risalì il mio collo, mi tenne la guancia nel palmo esplorandola con il pollice mentre annuiva, sincero da far male. Esatto, voglio quello che non so darti.
Fu quello il momento più crudele, perfino più sadico di ciò che seguì quando, messa da parte la ragione, fu l’istinto a prevalere.
Questo romanzo mi ha lasciata con una consapevolezza: sotto sotto l’uomo zotico ci piace. Intendo proprio il cavernicolo, quello che non deve chiedere mai. Perché? Ci piace forse essere trattate male? Neanche per idea.
E allora?
Allora ci dà modo di essere libere. Niente sovrastrutture, niente formalità, niente stupide maschere; solo istinto, rudezza trasparente.
L’Orso odia e ama con tutto se stesso; come gli animali, che sanno essere affettuosi ma anche aggressivi, che non si vergognano di niente e si fidano del proprio istinto.
“Uno” è un uomo muto che l’autrice è stata capace di far parlare attraverso i gesti, senza mai farci sentire la mancanza delle parole verbalizzate. Silenzi pieni di comunicazione. Tempi dilungati nei quali c’è lo spazio per ascoltarsi, per leggersi.
“Uno” è un uomo solitario che fa di tutto per liberarsi dell’invadenza di Agata. Quello che prova, e che non può esprimere a parole, viene rovesciato su di lei: è attraverso la fisicità delle reazioni che esprime verso la ragazza che percepiamo la vergogna, l’umiliazione, il fastidio della lesione della privacy, del dover mostrarsi nella propria intimità, del doversi aprire più di quanto lui voglia. Quelle che per Agata sono difficoltà dovute a sgarbi fisici, per l’Orso sono disagi emotivi causati dalla vicinanza di un cuccioletto curioso e ostinato.
È un libro che parla con la voce di una ragazza tenace e ironica, assetata di vita, di libertà, di verità. Non è l’affetto che le manca, è il silenzio dove potersi esprimere, è lo sguardo di chi la stia a vedere, ed è la passione di chi se ne frega delle convenzioni e non è altro che puro istinto.
Agata si guadagna non solo uno spazio nel territorio dell’Orso (isola felice che la tiene lontana dal mondo complicato e pieno di aspettative sul suo conto), ma anche il diritto di essere rispettata da quest’uomo grosso il doppio di lei. Conquista non solo la libertà ma anche la forza, l’autodeterminazione, il diritto di scegliere e di farsi valere.
“Duro da amare” è un romanzo che affonda le dita nelle perversioni ma che, allo stesso tempo, le dipinge con estrema raffinatezza. Un erotismo deliziosamente estremo, anche se rappresentato con un linguaggio molto poetico, velato (per questo assegno tre fiamme, mediando tra la qualità e la tipologia delle scene proposte e la modalità utilizzata nel descriverle).
Sfiora le corde della sottomissione, del voyeurismo, dello scambio di coppie. Lo fa senza entrare in pratiche eccessive, ma abbastanza per sfidare la quotidianità, per osare, per spingere i protagonisti a superare i confini del proprio limite morale, là dove c’è la linea del “non posso”.
Agata è spinta a superare i limiti che altri le hanno imposto per cercare di espandersi in quello che sente giusto per lei, sia in ambito lussurioso che espressivo, in tutti i suoi contesti.
Togliendo di mezzo i “non posso” subentra la sperimentazione, il desiderio di lasciarsi andare, anche al dominio del partner o alla vista di altre persone. Si abbandona a una sorta di sicurezza che le viene da dentro, piuttosto che da regole e limiti, e non c’è più conflitto, c’è la serenità di una scelta che non è consapevole in modo razionale, ma sente giusta dentro. Questo essere veri, verso se stessi e di fronte agli altri, è quello che lega il nuovo gruppo di amici composto dalle tre donne-pietre preziose e dai loro uomini.
È un romanzo che ho divorato, anche se devo ammettere che mi sarei accontentata di terminarlo prima di tutta la parte finale, in cui si finisce per aggiungere elementi troppo comuni ad altri romance. Do atto comunque che, nonostante tutto, l’autrice riesce a evitare i cliché e gli stereotipi.
Imprevedibili, le braccia di Uno mi circondarono completamente, il suo petto aderì alla mia schiena, il mento si posò sul mio capo e mi cinse in un bozzolo tanto grande da racchiudermi per intero. Mi tirò a sé, mi contenne e lui stesso divenne la mia armatura come mai mi sarei aspettata.