Recensione: “Una scoperta indecente” di Elena Rose
Buongiorno Fenicette oggi Aina ha recensito per noi il libro “Una scoperta indecente” di E. Rose
Si tratta di una lettura che riesce bene sotto l’aspetto provocatorio relativo al ménage à trois e alla proposta oscena in un periodo, metà ottocento, in cui era evidentemente ritenuto contrario alle regole del bon ton. Per di più, la protagonista è sedicenne, innocente e vergine. Tante premesse che portano gli sviluppi della storia ad avere quella nota intrigante, delicata e dolcemente perversa che può accontentare chi cerca una lettura leggera.
Ma non ho trovato di più: i risvolti psicologici sono insufficienti, in particolare quelli dei due uomini; il modo in cui la relazione tra loro dovrebbe nascere e svilupparsi è in realtà monocorde; il modo in cui una relazione tra tre persone si amalgama per creare degli equilibri o disequilibri in realtà appare fin da subito perfetta.
È credibile il fatto che da un giorno all’altro, come accadeva all’epoca, venga definito un matrimonio tra persone che non si conoscono, anche se da parte dei ragazzi c’era un certo interessamento alla ragazza, ma non lo è il fatto che dopo meno di ventiquattro ore si inizi a parlare di amore tra loro.
Con l’amore scattano però anche la possessività, la gelosia, la fiducia, e tutta una serie di emozioni che dovrebbero invece avere il tempo di formarsi gradualmente con la conoscenza reciproca.
Quindi l’aspetto emotivo mi è parso affrettato: una ragazzina di sedici anni iniziata non solo al sesso ma anche al matrimonio è evidentemente una creatura plasmabile al punto da credere che l’amore sia sinonimo di profonda gratitudine, rispetto e devozione. Ritengo però che il romanzo non abbia approfondito abbastanza queste differenze e queste specificità, non indagando la psicologia che lega i tre amanti.
Mi è mancato anche un processo crescente nella relazione tra i tre che compongono il triangolo, non tanto perché manchi la gradualità e il rispetto del giovane corpo innocente della ragazza, ma perché vengono a mancare quei “try and error” che normalmente portano una relazione a trovare un equilibrio di coppia, un affiatamento, un mediare i difetti individuali. Manca insomma una caratterizzazione forte, in grado di sollecitare la relazione a episodi di disequilibrio rendendola più vivida, realistica. E questo percorso di apprendimento sembra ridotto al minimo perfino dal lato sessuale, che si limita a insegnare a Elisa a lasciarsi andare e a godere.
I due ragazzi (e anche i loro genitori) sembrano principi azzurri perfetti: rispettosi, capaci, dolci, gentili, quindi privi di difetti; gli unici ostacoli a un felice matrimonio sono quelli che vengono dal di fuori.
Tutto troppo semplice. Quindi cosa rimane di questo romanzo? Tutte le parti erotiche e lussuriose, che sono rispettose per la donna, graduali, dolci e delicate, anche se decisamente intraprendenti.
“Mi dispiace. Non voglio piangere, io…”
“Lo so, non vergognartene. Hai goduto, tesoro. È questo ciò che hai fatto, ed è stato incredibile.”