Recensione: “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci
Buongiorno fenici oggi Angela ha recensito per noi il libro “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci
Chi è palermitano come me, sa che il nome Florio risuona prepotente tra le ville e i giardini della città, Palermo e i questi sono un binomio inscindibile. In realtà i Florio sono famosi più per quello che hanno saputo dare che per ciò che hanno effettivamente preso. Laddove si è estesa la loro mano è arrivata la ricchezza e se n’è tramandato il prestigio, fino ai giorni nostri. All’inizio del romanzo mi ha colpito particolarmente la descrizione della casa in cui vanno a vivere non appena sbarcano a Palermo, una catapecchia, paragonato a ciò che ci hanno lasciato ancora oggi in eredità. La Tonnara Florio, il Villino Florio, La Cantina Florio, il circuito automobilistico. Uomini dalla volontà di ferro, visionari, instancabili lavoratori. La loro voglia di emergere e affermarsi gli ha permesso di farsi strada tra l’élite cittadina, la stessa che non li ha mai realmente accettati, considerandoli dei ‘bottegai’ arricchiti. Ma nulla è riuscito ad arrestare il loro desiderio di fama e successo.
A Vincenzo Florio dobbiamo l’idea della conservazione del tonno in lattina. Eh sì, perché fino all’innovazione di Vincenzo, il tonno si conservava sotto sale, sua l’idea del tonno sott’olio e la sua esportazione in tutta Europa! È grazie alla lavorazione del tonno sott’olio che egli ha trasformato Favignana da isola costituita da 4 capanne al gioiello che possiamo ammirare ancora oggi. Loro, figli e padroni di questa splendida isola!
La storia si apre con i primi Florio che si trasferiscono a Palermo: i fratelli Ignazio e Paolo.
I due hanno cominciato con una botteguccia di spezie ma nulla sembrava arrestare la loro determinazione. Nessuna scorciatoia. Nessuna raccomandazione. Ingegno e ferrea volontà, ecco il segreto del loro successo. Loro hanno piantato il seme, Vincenzo, figlio di Paolo, l’ha amorevolmente coltivato con ancor maggior determinazione. Dalla piccola bottega i suoi affari si sono spostati altrove, tonnara, zolfatare, farmacia; vista lunga quella di Don Vincenzo. Le vicende personali si mescolano a quelle cittadine. In questo libro si dà risalto alla grandezza di Palermo e ai suoi innumerevoli difetti; la città che era, e che avrebbe potuto essere. Nella descrizione dell’autrice, da buona palermitana, ho potuto cogliere l’occhio che guarda al passato e l’occhio che, inevitabilmente, si sofferma sul presente, su una città che, in fondo, rimane sempre uguale a se stessa.
La storia non è posta mai in modo tedioso, pur essendo un romanzo storico infatti riesce a coinvolgere il lettore in ogni sua sfumatura senza mai cadere in momenti di noia.
E se vi state chiedendo se vale la pena leggere una storia che a prima vista può sembrare del tutto palermitana, rammentate che i Florio sono da prendere come esempio da tutti noi. Uomini che non avevano nulla, ma che dal nulla hanno tirato fuori un vero impero! Stranieri in una terra che li considerava dei facchini, nobili che li guardavano dall’alto in basso nonostante fossero proprio questi a bussare alla loro porta per avere credito, una città che li disprezzava apertamente.
L’unica nota negativa di questo libro è che… a un certo punto finisce!
Quindi vi lascio a questa splendida lettura, augurandomi che anche voi la troviate altrettanto piacevole e interessante.