Recensione: “Il Santo: (la malavita di Boston #4)” di A. Zavarelli
Scarlett
Quando si va in guerra, ci sono tre regole molto semplici da rispettare.
1. Conoscere il tuo nemico.
2. Essere pronto al sacrificio.
3. Indossare sempre scarpe comode.
Dopotutto, la vendetta è un piatto che va servito freddo.
Ho un buon occhio per questo, e niente ostacolerà il mio cammino.
Nemmeno Rory Brodrick, detto il Santo.
Si sbaglia, se pensa di potermi cambiare. Quando avrò finito con lui, farò sembrare la sua mafia un gioco da ragazzi.
Vuoi incrociare il mio cammino, Signor Brodrick?
Faresti meglio a farti il segno della croce e a sperare di morire.
Rory
Sono un combattente. Un trafficone. Un mafioso.
Ho visto diverse cose nella mia vita.
Ma non ho mai incontrato nulla di simile a lei.
È una bellezza con il cuore di una bestia. La mela avvelenata a cui non riesco a resistere. E sulla sua scia lascia una schiera di uomini che strisciano in ginocchio.
Quello che non sa è che mi piacciono le donne selvagge.
Questo non fa che rendere molto più divertente domarle.
Fonte della trama: Amazon
Le dissi una volta che non sentivo nulla. Che ero solo una linea piatta. E sono rimasta piatta per sempre. (…) C’era soddisfazione nell’essere giusta. Nell’essere piatta.
Ma ora c’è qualcos’altro. Sto mettendo in discussione i confini delle mie emozioni lineari. C’è una deviazione nella linea, quando lo guardo. Paura, credo. Perché non mi sono mai sentita così pericolosa come quando penso a cosa potrei fargli.
Rory non è piatto come me. Ha bordi frastagliati e angoli morbidi. Una contraddizione di oscura virilità e divertente umorismo. Ma dentro, prova emozioni.
Anche in questo suo quarto episodio autoconclusivo, la malavita di Boston continua a rivelarsi una serie fantastica, ricca d’azione, emotivamente intensa, ma soprattutto capace di un’ottima introspezione.
La Zavarelli ha questa grandissima capacità di delineare la psicologia dei personaggi in modo accurato, anche quando hanno dei comportamenti che oscillano tra il prendere e il lasciare, tra il volersi avvicinare e allontanare, fra il concedere una possibilità all’altro e il pensare di non meritarlo. Ogni sviluppo della dinamica tra Scarlett e Rory è motivato e credibile e solo un Santo, letteralmente, sarebbe stato in grado di fare breccia nell’animo spaventato e diffidente di una gatta selvatica. Perché questo è esattamente l’atteggiamento di Scarlett: una ragazza che ha imparato a non fidarsi di nessuno.
Abituata a non ricevere affetto, è incapace di provarne a sua volta a causa di qualche tipo di disturbo dello spettro autistico. Questi aspetti caratteriali si sommano alla rabbia e al desiderio di vendetta nei confronti di persone che in passato le hanno fatto del male.
Scarlett è una gatta: sensuale e inaffidabile, si cura solo di se stessa e tradisce senza alcun rimorso. Ma è anche astuta e calcolatrice, capace di tessere un piano articolato e pericoloso (Rory, non a caso, la soprannominerà Satana) in cui vestirà i panni di vendicatrice. È una donna che non ammetterà mai il bisogno di essere salvata. Ha sempre contato sulle sue sole forze, ma la sfida di questo romanzo è farle capire che non è necessario essere sempre soli per essere forti, e che c’è sollievo nel potersi fidare di qualcuno che ci tiene a te.
Rory, chiamato Il Santo per la sua indole (acquisita) controllata e scanzonata, fa parte del sindacato mafioso irlandese, e proteggere e salvare le donne, in particolare quella per la quale stravede e che desidera ardentemente conquistare, è quasi una missione. Rory è malleabile ma mai molliccio/gelatinoso/flaccido. Riesce a essere un maschio alfa pur essendo un “santo”, adorabile, capace di contenere i suoi istinti (emotivi ma anche lussuriosi), di assecondare, di ascoltare. Sa plasmare i suoi atteggiamenti in base all’umore e alla sensibilità della gatta selvatica che vuole conquistare, senza per questo perdere la sua solidità, la sua affidabilità, il suo fascino.
Lo stile è veloce, scorrevole e capace, e le dinamiche emotive, così come quelle passionali, sono particolarmente succose. Dinamiche che Scarlett non accetta e dalle quali fuggirà più volte, nel tentativo di affrontare le sue vicende personali senza coinvolgere nessun altro. Un romanzo, quindi, pieno di adrenalina, intensità, attrazione.
Unico neo, forse, è la ripetitività nei finali, cosa che, tuttavia, non guasta un romanzo praticamente perfetto.
Con tutta la discrezione con cui riesco a gestire l’afflusso di sangue che mi scende nel corpo, sposto lo sguardo sulle sue gambe toniche e sull’orlo del vestito. Le sale sulla coscia, quando incrocia le gambe, rivelando un vago accenno di pizzo in cima alle calze.
Pura tortura del cazzo – ecco che cos’è.
Sono convinto che questa donna sia davvero Satana. So di non essere l’unico uomo disposto a preparare volontariamente una valigia e andare all’inferno, purché lei sia in ginocchio ad adorarmi durante la mia discesa.