Recensione: “Dolce prigionia” di Julia Sykes
Non mi piace essere toccata. Sono la dea dell’hackeraggio informatico dell’FBI. Quando mi nascondo dietro il mio schermo, mi tengo a distanza di sicurezza da tutti; isolata, potente. Nessun uomo mi ha mai toccata, ma, quando vengo rapita dal boss della droga colombiano Andrés Moreno, non ho più il diritto di rifiutare. È sfregiato e spaventoso, e il suo crudele fratello Cristian gli ha affidato il compito di piegarmi. Cerco di combattere, ma non posso sfuggire alle sue braccia forti e alla sua dura disciplina. Pretende che io accetti il suo tocco, e il mio corpo vergine non può fare a meno di reagire alle sue esperte manipolazioni.
Più rimango intrappolata con lui, più giungo a sospettare di non essere l’unica prigioniera in casa di suo fratello. Le cicatrici di Andrés sono più profonde dei diabolici solchi incisi nella sua carne, il suo dolore si riflette nelle oscure pretese che mi impone. La sua ossessione è deviata e sbagliata, ma forse sono deviata anch’io.
Voglio che mi salvino da lui? Oppure è lui quello che ha realmente bisogno di essere salvato?
“Non ho mai preteso di essere sano di mente. Pensi che un uomo normale vorrebbe prendere una donna innocente e trasformarla nel suo giocattolo? Pensi che un brav’uomo vorrebbe piegare la sua volontà e plasmarla nella sua bambola erotica obbediente?”
Dolce Prigionia è un romanzo intenso e ricco di suspence, peccaminoso, perverso, ma l’aspetto che più di tutti ho adorato è il suo tendersi sempre più verso il filo che delimita il lecito e la forzatura.
Andrés è un Dom che deve occuparsi di Samantha per conto del fratello che l’ha rapita. Gli è stato concesso di tenerla, quindi il suo obiettivo è rendere mansueta e sottomessa questa agente dell’FBI che non rinuncia tanto facilmente alla sua voglia di fuga e al suo spirito ribelle.
Da perfetto dominante, Andrés è affascinante e controllato, onesto e a suo modo rispettoso. È pieno di attenzioni per il suo giocattolino, con una peculiare capacità di manipolare mentalmente Samantha per renderla una schiava ubbidiente, desiderosa di lui e affettivamente legata. Per questo, nonostante la forza che lei continua ad alimentare, è inevitabile che il Dom diventi un’ancora di sicurezza a cui lei finisce per appoggiarsi.
Il fulcro del romanzo tratta, quindi, di un addestramento non consensuale al ruolo di schiava sessuale, forzatura che avviene non con la violenza ma con la privazione della libertà e con una manipolazione mentale astuta e paziente.
L’autrice pone molta cura nel distinguere gli aspetti in cui la situazione romanzata differisce da un rapporto BDSM consensuale e moralmente accettabile, e su questi elementi la protagonista farà leva per mantenersi vigile, per conservare una sua personalità, per tentare di resistere alla sottomissione.
Nonostante tutto, in questo rapporto malato e perverso si inseriscono attrazione ed eccitazione come reazioni istintive del corpo, ma anche un attaccamento emotivo e una complicità unica e appagante.
Troviamo molto erotismo, in queste pagine, ma soprattutto molta psicologia, intesa come percorso attraverso cui Samantha concede fiducia e delega il controllo al suo carceriere. Troverà il modo di ripercorrere traumi passati che attraversano la sua sessualità e quindi diverrà più disinibita, ma questo la porterà anche a essere più legata, dipendente da Andrés. Arriverà a trasformare questa relazione ambigua e malata in sindrome di Stoccolma, poi in affetto, e infine in innamoramento; un legame affettivo che si completa di comprensione ed empatia, nel momento in cui lui si apre nei suoi confronti.
Per gli appassionati delle pratiche estreme, si tratta di una storia che entra con delicatezza e sapienza, esperienza, nei meandri di BDSM, in quelle che sono le dinamiche del sottomesso, nel modo in cui abbandona il controllo, nel senso di appagamento, di pace che regala il lasciarsi andare, l’abbandonare i pensieri, l’entrare nel subspace.
È un romanzo che prende i buoni e i cattivi, i bianchi e i neri, e li sporca con tinte grigie sempre più decise. Andrés diventa una figura sempre più positiva agli occhi della sua sottomessa (così come ai nostri); i suoi atteggiamenti diventano protettivi, premurosi, e provocano piacere, sicurezza. Un criminale che mostra via via le torture interiori, di cui viene svelata l’intimità e la sensibilità. Tutto diventa più ambiguo, difficile da incasellare.
È un romanzo passionale, intenso, perverso ma allo stesso tempo diventa anche molto sentimentale, emotivo e psicologico, nel senso che si addentra su terreni in cui il cervello può essere piegato, manipolato e plasmato, portandoci su strade in cui non riusciremo più a determinare se, oltre che piegata fisicamente, Samantha sia stata anche definitivamente corrotta mentalmente o se il suo è un sentimento vero che può essere quindi coltivato e che deve essere protetto.
Ho attribuito 4 cuori al sentimento perché è un romanzo decisamente intenso, anche se non si tratta di amore struggente come nei classici romance. Il finale è affrettato e non particolarmente creativo, ma passa del tutto in secondo piano, data la portata del romanzo.
“Cosita” disse, la parola impregnata di avvertimento. “Ti ho dato un ordine. Calmati. Non ti farò male.”
“Ma vuoi farlo” sussurrai con voce tremante, restando assolutamente immobile. “Vuoi spezzarmi.”
La sua mano rimase sulla mia gola, ma con l’altra mi accarezzò i capelli. “Non ti spezzerò. Però intendo domarti.”
“Non voglio essere domata. Voglio andare a casa.” Le lacrime penetrarono nella stoffa nera che mi copriva gli occhi.
“Hai paura” disse dolcemente, continuando ad accarezzarmi mentre mi teneva il collo in una presa delicata. “È naturale. Ma passerà. Devi fidarti di me, Samantha.”