Recensione: “Boss” di SC Daiko
Taras è un boss della mafia russa, un uomo oscuro e pericoloso. Il bene e il male sono sempre in lotta dentro di lui. Quando Zoe viene assunta come tata, non può immaginare in che guai si sta cacciando. Agli occhi di Taras è una ragazza impertinente con la voce di un angelo e il corpo di una dea. Per quanto sia tentato da quella donna, non vuole cedere perché pensa che sia sbagliato. Ma ben presto scoprirà che cosa conta davvero e che le bugie peggiori sono quelle che racconta a se stesso.
Zoe aveva detto che non ero diabolico, e volevo crederle.
Volevo crederle tanto, ma non potevo.
Non ero stato del tutto onesto con lei.
“Dobroye utro” Fenici! Buongiorno e benvenute nell’oscuro mondo di Taras Melekhov, il boss a capo della “Bratva” russa!
“Il diavolo si avvinghia dentro di te come un serpente.”
Questa litania accompagna la vita del Boss, un uomo trasformato in una macchina per uccidere e che ha scalato tutta la gerarchia per essere a capo della Bratva, facendo fare ai suoi Boyeviks tutto il lavoro sporco.
Proprietario di un losco nightclub il “Lure”, vive a Fairwood, una fortezza più che una casa, solo a un’ora da New York. Divorziato da Nina è l’unico genitore affidatario di una figlia dodicenne che è la luce dei suoi occhi.
“Il Boss della Bravta, non doveva permettere al mondo di vedere la sua debolezza!”
Proprio per questo tiene la figlia per lo più segregata in questa lussuosa casa, con un tutor personale, lezioni di danza private, domestici e una tata.
Qui entra in scena Zoe, la nostra protagonista, la tata inglese arrivata per occuparsi della piccola Emma per sei mesi, il tempo che il visto le permette di trascorrere per motivi di lavoro in quel paese. Da subito si percepisce il carattere forte della donna, che non ha timore di parlare chiaramente al padre della dodicenne, anche se sa benissimo che è un boss.
Zoe si affeziona moltissimo alla bambina, così cerca di aiutarla smussando il carattere di Taras ottenendo per lei sia un po’ più di libertà sia un avvicinamento al padre, poiché Emma era desiderosa di ricevere più attenzioni. L’attrazione tra i due è immediata, anche se Taras tra vari cedimenti cerca di stare alla larga dalla bella Mary Poppins, come la chiama lui.
Unica valvola di sfogo del Boss è il suo fedele Violoncello Stradivari e, sulle note di Beethoven, tutte le sere abbandona le sue difese e si connette alle sue emozioni.
“Lo strumento ondeggiava tra le mie braccia come se la stessi conducendo in una danza sensuale; ho sempre pensato al violoncello come ad una lei. Ascoltavo le parole cantate da Zoe mentre suonavo, parlavano di come la vita potesse uccidere i sogni di una persona.”
E Zoe come una principessa chiusa nella sua stanza ogni sera duettava con Taras, attraverso il suono che proveniva dalla finestra, innamorandosi sempre di più di lui.
“Non scegliamo di chi innamorarci perché è l’amore a scegliere noi!”
Questo mafia romance l’ho trovato un po’ anomalo in quanto il personaggio principale nonché il Boss, che dovrebbe essere crudele e spietato, in effetti si rivela un uomo con una sensibilità e una delicatezza fuori dal comune.
Per quanto ho apprezzato il romanticismo, mi è sembrato un po’ troppo sdolcinato, apprezzando in questo contesto un carattere più forte. Altresì molto originale e scritto molto bene, con più di una citazione da sottolineare.
Che dire di Zoe, si rivela più tosta del consueto standard, accettando addirittura di fare da finto informatore per la mafia italiana a favore di Taras.
In ogni caso lo consiglio!