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Recensione in anteprima: “Dobermann – spin-off della Honorable Men Series” di JD Hurt

TITOLO: Dobermann
AUTORE: JD Hurt
SERIE: spin-off di Honorable Men Series
GENERE: Mafia Romance, Suspense Romance, Dark,
EDITORE: Self-publishing

DATA DI PUBBLICAZIONE: 15 settembre 2020

Honorable Men Series :

Il conte di Long Island #1
Lo Zingaro del SoBro #2
Dobermann spin-off di Honorable Men Series

Doveva essere un danno collaterale, qualcosa che mi avrebbe salvato la vita e avrei reso infelice per sempre. Impossibile donare gioia quando tu stesso sei l’essenza dell’amarezza. Ma poi l’ho odorata, sniffata come una dannata striscia di cocaina. Cinque minuti, lei è diventata tutto il mio mondo.

So ciò che state pensando. È la solita storia, col solito protagonista cattivo. Niente di più sbagliato; al massimo posso essere il vigliacco.

E forse non sono neanche quello. Non so molto di me, ma il mio ruolo nella mafia è sempre stato quello del Dobermann.

Non un soldato, neppure un servo.

Un fottuto cane ammaestrato a umiliare. Ora quel cane vuole lei, Dafne Morabito.

Chiamatemi Dobermann oppure col mio vero nome: Boris Solara. Non me ne frega niente; dovete solo capire che le appartengo.

Una maestra, una ragazza semplice. Ecco quello che volevo essere; sono arrivata a Roma con una valigia piena di sogni e speranze da realizzare. Per farlo mi sono rivolta al ragazzo più scaltro e buono del mondo: Claudio La Barbera. Lui mi ha protetta da mia madre, dalla mia vecchia famiglia, soprattutto da un passato che non ho scelto. Credevo di essere al sicuro. Poi è arrivato Dobermann: l’uomo che, in due giorni, ha ribaltato il mio mondo.

Dice di essere un cane arrabbiato e, a volte, fa davvero delle cose terribili. Eppure ti spiazza con una dolcezza che non ho mai conosciuto nella vita.

Il punto è che io non voglio la sua tenerezza. Desidero un futuro lontano dalla mafia, una vita normale e onesta. Ma sono sempre vissuta in un castello di segreti pronto a crollarmi addosso.

Ora pago il conto. Una delle note spesa è proprio il sentimento che provo per lui.

Mi chiamo Dafne Morabito, anche il mio nome è una bugia.

Dafne e Boris, quando l’amore scavalca il destino.

Nota dell’autrice: “Dobermann” è un mafia – suspense – dark – romance autoconclusivo. È uno spin-off della Honorable Men Series; per capire meglio la storia è consigliato aver letto “Lo Zingaro del SoBro”. Sebbene tratti argomenti crudi, a tratti scabrosi, le dinamiche fra i due protagonisti sono riferibili a un soft dark romance. In ogni caso, per via della trama violenta e delle situazioni sessualmente esplicite, se ne consiglia la lettura a un pubblico adulto e consapevole.

A costo di essere ripetitiva, trovo che sia uno dei romanzi più belli in assoluto di JD HURT, ma anche tra i dark romance in genere.

È vera poesia in prosa.

Molto molto intenso, una lettura potente, con personaggi che si conficcano nella carne e ti comprimono i polmoni. Non prendi fiato finché non leggi l’ultima riga dei ringraziamenti, ma a quel punto già soffri perché ne vorresti di più, e tutti i protagonisti ti mancano già.

È una storia piena di suspense; la relazione passionale si intreccia con una trama thriller solida, intricata ma della cui complessità comunque si riesce a capire tutto. Lo spin-off si riallaccia a fili dei romanzi precedenti senza tuttavia rendere la lettura dipendente da essi.

Ma quello che ti conquista sono i protagonisti e le loro storie particolarmente drammatiche, le loro emozioni, le personalità intense.

Sai cosa ho scoperto grazie a te, Dafne?” domanda carezzevole. “Che sono capace di fare del male già lo sapevo. Ma tu annulli il senso di colpa. Rimane solo il tuo viso. Del resto non mi frega un cazzo. Trono, clan, cerimonie, mafia. Devono fottersi. Tutto ormai è finalizzato a te”.

Boris è soprannominato Dobermann: un “cane” schiavo della mafia venduto dai genitori a saldo di un debito, un ragazzo che pur rivestendo i panni del carnefice è stato a tutti gli effetti abusato. Ha dovuto usare il suo corpo per fare cose degradanti, che l’hanno portato a odiare la sua stessa carne e a provare ribrezzo per tutto quello che riguarda la sfera sessuale, arrivando a sentirsi sempre più svilito, vuoto.

Fino a quando il suo corpo riconosce un’altra persona, riscopre il profumo di un’altra pelle e viene risvegliato. E questo è il suo modo di riconoscere l’amore: attraverso i sensi, attraverso il sollievo di un corpo e di organi sessuali che trovano il perdono per le schifezze compiute.

Quindi dal totale degrado, dal sentirsi inutile, dal lottare solo per sopravvivere senza uno scopo, Boris si ritrova ad avere un nuovo e unico motivo per vivere: Dafne.

Ogni volta la puzza mi ha tramortito. Adesso è diverso. Non perché sento le rose, neppure perché mi sto ripulendo attraverso lei. Quelle sono cose che ho capito fin da quando ha aperto gli occhi e mi ha mandato a farmi fottere. C’è l’anima spalmata sul mio cazzo

Che dire di Dafne? Presentata come una “maestrina”, il suo carattere mi è piaciuto moltissimo. Senza incarnare un banale stereotipo da donna alfa, è una ragazza coraggiosa, con la capacità di mettere i puntini sulle “i”, di dire quello che pensa, di riconoscere le manipolazioni di chi le sta parlando, di leggere il non detto, di essere brutalmente sincera.

Apparentemente una ragazza comune, nasconde dietro alla sua semplicità e freschezza una madre anaffettiva e affamata di soldi. È sempre stata usata, trattata come un oggetto, un forziere, con un futuro segnato da un matrimonio combinato. Ha da poco ritrovato un fratello che le ha dato amore, protezione, tenerezza, rispetto e non vorrebbe abbandonarlo per nulla al mondo, figuriamoci per l’uomo che più di tutti lo ha fatto soffrire e marchiato.

Eppure sente per Boris un’attrazione potente, un’affinità e un’empatia che non può essere dovuta solo alla Sindrome di Stoccolma, ma è come un riconoscersi a pelle. È un riuscire a vederlo oltre, o meglio “dentro”, la lacrima che ha tatuata sul viso. Si riconosce specularmente in lui, ma non accetta subito di essere posseduta e di essere sradicata dall’unico affetto che riconosce come vero e sincero, quello per suo fratello.

Dafne cerca di mantenere vivi entrambi questi amori profondi, per Claudio e per Boris, diversi e inconciliabili, ma in primo luogo la sua è una strenua lotta per la libertà: da sempre le persone che avrebbero dovuto amarla hanno manipolato la sua vita, come un oggetto da sistemare, da rinchiudere; quindi prima di tutto deve lottare per se stessa. E questo dibattersi e scalciare contro lacci e catene in certi momenti ci spiazza, ci fa arrabbiare, in particolare quando vorremmo che accettasse il “legaccio d’amore” di Boris.

Oh, ma io lo so che mi ha usata” Dafne serra il pugno sul petto del fratello. “Il suo ingresso nel mio corpo è stato un’immersione nell’oblio, un tentativo frenetico di respingere la morte che lo ha sempre circondato. Ma poi è arrivata la vita. Non chiedermi quand’è successo. Ci sono amori lievi, che crescono lenti, aggraziati. Beati quegli amori. Il nostro è stato come uno sparo. Ci ha fatti saltare in aria. Così ci ha fregati entrambi. Tu capisci cosa significa essere fregato?”

La loro unione non era preventivata: doveva essere solo un escamotage di Boris per ricattare Claudio e dissuaderlo dai suoi propositi di vendetta; invece ha finito per essere la sola luce di speranza e redenzione per lui, e un nuovo e inaspettato inizio per Dafne.

Doveva essere la vittima sacrificale che avrebbe attutito la guerra fra me e il fratello. Non sapevo che, nel giro di ventiquattr’ore, sarebbe diventata un fucile puntato contro il cane che mi latra dentro. Lei lo addormenta. Lo fa languire; riporta in vita l’uomo. Sdraiato sul suo corpo i cinque sensi avvertono solo estremo godimento. È amore questo? Non credo. Ma a volte succede che facciamo un passo avanti e vediamo una via di fronte a noi.

Come avrete intuito da quello che ho anticipato, nella vicenda sono toccati (vi affonderemo proprio le dita) episodi molto crudi, perversi che intrecciano pedofilia, sadismo e voyeurismo, senza curarsi del tema dell’incesto. Nella nota finale l’autrice riporta i casi a cui si è ispirata, ma ognuno di noi può avere la propria personale visione emozionale del senso di abuso e umiliazione che può provare una vittima obbligata a diventare carnefice nei confronti di altre vittime. È agghiacciante scoprire in noi stessi e negli altri la difficoltà del perdono, e arriveremo a condividere le paure di Boris sulla necessità che il suo passato rimanga sepolto per sempre, anche nei confronti della persona che ama di più.

E lei riuscirà quasi ad amarlo a tal punto da accettare di non conoscere mai il suo segreto, pur di continuare questa storia con lui, di essere certa di non arrivare a odiarlo. Ma non c’è segreto che lo rimanga per sempre.

Non c’è limite alla mia mostruosità. Dafne sta ascoltando impietrita; io mi intingo di lei. Non come un sorso di tequila. Come la passione di un poeta che ha perso la rima e, solo attraverso il suo tocco, può ritrovarla. Come un amore che non può essere giudicato anche se Dio stesso lo sta giudicando.

Chiaramente, come prevedibile, tra Boris e Dafne si intromettono mille personaggi che rincorrono altri obiettivi personali o vendette; il passato li rincorre e li aggredisce trascinandoli a fondo, impedendo loro di risalire verso una nuova vita: c’è tutta la complessità della trama thriller che cerca di separarli, e che è pronta a ricordare loro che non sono liberi di vivere.

Ho immaginato e temuto diversi scenari tremendi per il finale (non svelerò quale sia, ovviamente). Anche perché le carte in tavola si sono rovesciate diverse volte, quindi le mie proiezioni sono cambiate continuamente durante la lettura. In ogni caso sono stata felice che non si siano realizzate le mie paure.

Per un attimo le labbra tremano; ma poi si lascia andare. La mia bocca si incolla alla sua. E, Cristo santo, so come funziona un bacio. La saliva, le lingue, la fottuta anticamera della penetrazione. Ma questo non è il semplice protendersi delle labbra. È il lobo frontale che si restringe, il battito che accelera, i polsi che sudano.

Mi sembra di aver detto tanto e niente, in questa recensione. La storia è un concentrato di passione, carnalità, amore.

L’autrice ritiene che si tratti di un dark anomalo, forse perché Boris non è un vero cattivo, non aspira a essere un mafioso. Io, però, l’ho trovato perfettamente incastonato nel genere, per la suspense, per l’amore fortemente combattuto, per il desiderio di Dafne di cercare la libertà altrove nonostante il suo amore, e per il fatto che lei debba scegliere tra la fedeltà al fratello oppure al suo acerrimo nemico.

Arriva sempre come uno shock. Il momento in cui ti accorgi che stai gettando la spugna, quando capisci che il mostro sotto il letto ti ha preso e nelle sue mani cominci a starci bene, perché ti racconta le favole più affascinanti.

Non vedo l’ora di leggere di Claudio, l’Ottavo re di Roma, l’astuto “Varys” della Honorable Men Series che arriva dappertutto; soprattutto ora che si è delineato un po’ di più anche nella sua sfaccettatura tenera e nella sua capacità di amare, ora che ho intravisto il suo lato vulnerabile e la sofferenza patita in passato, quella dei suoi primi anni nella prigione dei La Barbera.

Alla prossima!

Ps. Commoventi, per chi sa, i rimandi alle cellule impazzite. Il cancro non vince. <3

Eccolo lì. Il cambiamento. Possiamo sentirlo arrivare come una morte o percepirlo come un’occasione di vita. Ma se allentiamo la presa su ciò che abbiamo sempre pensato di noi, capiamo che è inevitabile. E lo accettiamo come una rinascita.

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