Recensione: Un debito ripagato: The debt duet #2 di Clarissa Wild
Titolo: Un debito ripagato
Autore: Clarissa Wild
Serie: The Debt #2
Genere: Dark Romance
Editore: Heartbeat Edizioni
Data di pubblicazione: 9 marzo 2022
#1 Un debito dovuto
#2 Un debito ripagato
Ha rubato la mia mano, ma non gli permetterò di rubarmi il cuore.
Nel giorno peggiore della mia vita, sono stata data via dal mio stesso padre.
Venduta a un uomo come risarcimento di un debito.
Easton Van Buren mi ha reclamata e rinchiusa nella sua villa.
Ma quell’uomo diabolico voleva più del mio corpo, così sono fuggita.
Tuttavia, quando un uomo ricco perde il suo bene più prezioso, farà di tutto per riaverlo tra le sue grinfie.
Per invogliare il suo cuore a innamorarsi di lui…
E sottomettersi.
Pensavo che averla sotto il mio controllo e possedere il suo corpo sarebbe stato sufficiente, ma mi sbagliavo. Voglio anche il suo cuore e la sua anima.
Vi avevo lasciato con una recensione poco convinta del primo episodio, aspettandomi qualcosa di davvero grandioso che mi facesse cambiare idea. Beh, il colpo di teatro con cui l’autrice cerca di convincerci che la storia d’amore sia credibile non è altro che cambiare il personaggio maschile. Easton, la bestia che ama la riduzione in schiavitù, è accecato dal desiderio di rivalsa nei confronti del padre di Charlotte e vuole punirlo attraverso di lei, che è ossessionato tanto da controllarla con centinaia di telecamere in casa propria, grazie alle quali può rivederla a piacimento per masturbarsi, galvanizzato dal possederne il corpo umiliandola e degradandola ad animale domestico… proprio lui, a un certo punto cambia e si trasforma in principe azzurro.
«Non mi è mancato niente» sibila, mentre le afferro il seno e lo stringo. Eppure, il suo capezzolo si inturgidisce sotto la mia mano. «Ti è mancato avermi vicino… consegnarmi il controllo… lasciarmi fare quello che voglio al tuo corpo per impedire alla tua mente di vagare» sussurro, pizzicandole il capezzolo.
Nella prima parte del libro i due protagonisti sono separati: lei è riuscita a fuggire e si ripara con il primo passante che trova; lui la cerca ossessivamente e ne approfitta per riflettere sui suoi errori.
Sorvoliamo sul fatto che Charlotte rimanga il cerbiatto indifeso che avevamo visto nel primo libro. Per una pura coincidenza è riuscita a scappare, poi però si fida del primo uomo gentile che incontra e si ferma a vivere con lui senza cercare soluzioni, senza riflettere su quello che potrebbe accadere o su come ottenere un vantaggio, anche quando ci sono tutti i segnali che le cose si stiano mettendo male.
«Sei mia, Charlotte. Non dimenticarlo mai. Hai dato la tua vita a me».
«Hai preso la mia vita» lo correggo.
«Non ti ho uccisa» ribatte.
Easton non riesce proprio a capire dove ha sbagliato. La sua ottusità sulle tematiche della prigionia, della riduzione in schiavitù, della violenza verbale, psicologica e fisica lo fa sembrare disturbato, con dei deficit come minimo emotivi. Soltanto confrontandosi con la sua assistente personale, “apprende” a mostrarsi più empatico, più flessibile. Un passaggio tutt’altro che credibile, naturalmente.
Easton realizza che nascosto fra la rabbia e il bisogno di vendetta c’è un desiderio che va oltre il corpo di Charlotte ed è quello di possedere la sua anima e il suo cuore. Con l’obiettivo di farla restare, studia la strategia perché lei possa legarsi a lui, e il modo migliore è quello di farla innamorare, sfruttando il proprio desiderio di renderla felice. Quindi inizia a comportarsi in modo corretto, rispettoso e amorevole nei suoi confronti.
Afferro una ciocca di capelli e me la infilo dietro le orecchie. «Mi hai detto che stavi aspettando quelle parole». Smette di lavarmi e mi scosta i capelli bagnati per potersi avvicinare. «Non sono le parole che sto cercando» sussurra, e mi preme un bacio sulle spalle così dolce che mi fa sentire come una candela di cera che si scioglie. «Sto aspettando te».
Molto forte questa supposizione che la sua personalità psicopatica (letteralmente Termine che incarna le qualità di anormalità e mancanza di rimorso associata a manipolazione, disinvoltura e bugia cronica) e caratterizzata da disturbo sadico di personalità (comportamento insensibile, crudele, manipolatorio e degradante espresso nei confronti di altre persone) venga risolta con una sola chiacchierata che gli dà le dritte giuste. In un attimo Easton cambia prospettiva sulla situazione tanto da trasformarsi in principe azzurro (piacerebbe a molti psichiatri avere una tale bacchetta magica!).
Da questo momento incasella una scelta giusta dopo l’altra, mostrando un lato generoso e tenero, tanto da fare dichiarazioni estreme: “smetterò di degradarti, manipolarti, dirti bugie”. E questo basta perché Charlotte si metta l’animo in pace e accetti la sua attrazione (scambiata per amore) e si lasci andare senza più sensi di colpa.
«Hai vinto. Mi arrendo. Sono tua. Cos’altro potresti volere?» «Te» risponde con un sorriso così convincente e genuino che mi scuote nel profondo. Perché lo farebbe? Perché rendere le cose così maledettamente difficili? Ero pronta a dargli il mio corpo, a dargli ciò che voleva e ora non vuole prenderselo. «Sono qui» ribatto in un ultimo tentativo. Sospira. «Perché io ti volevo qui. Perché ho fatto in modo che tu fossi qui, proprio in questa posizione, a dire esattamente le cose che volevo sentire. Ti ho resa io in questo modo. Ti ho spezzata per i miei bisogni egoistici». Si lecca le labbra. «Ma non è ancora abbastanza».
Oltre alle critiche che si possono dedurre da tutto ciò che ho scritto, un ulteriore elemento che non ho amato riguarda i messaggi scorretti che la trama lascia tra le righe, tra cui il fatto che il sesso non consenziente nasconda un desiderio femminile inespresso (Easton ha letto questo interesse per giochi un po’ più perversi e violenti nel diario di Charlotte, ma davvero è irrilevante il fatto che lei esprima il consenso?).
Inoltre, è fuorviante e pericoloso il concetto che una bestia, un uomo che usa violenza, umilia e degrada possa cambiare di sua spontanea volontà, o peggio nasconda con quei gesti un sentimento di vero amore che non riesce a esprimere.
Delittuoso, poi, insinuare che quindi spetti alla donna capire, avere pazienza, accettare i suoi sbalzi d’umore o le sue maniere violente, avere la tenacia per insegnargli il modo giusto di amare, e quindi, in sostanza, avere fiducia in lui nonostante le stia facendo del male, la controlli, le rubi la libertà e la vita.
Chiaramente non è una crociata contro i dark romance, genere che leggo sempre con piacere, ma nei quali cerco messaggi chiari, amo trovare coerenza nei comportamenti e nei personaggi, una motivazione credibile e una condanna decisa per gesti e modi di trattare le donne che non sono consoni. Se si tratta di un mostro, insomma, vorrei vedere un mostro fino alla fine e vorrei vederlo strisciare chiedendo perdono o roso dai sensi di colpa. Solo a quel punto una donna può perdonare. Solo dopo che si è assicurata che lui abbia toccato il fondo e stia cercando di risalire.
L’ho amata fin dall’inizio, solo che non lo sapevo ancora, cazzo, perché la rabbia e l’avidità di ottenere maggior potere mi hanno accecato. Ma, ora che è di nuovo tra le mie grinfie, non dimenticherò mai dove si trova il vero potere. È proprio qui, tra le sue braccia.