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Recensione: Minerve di Giuditta Ross

 

 

Titolo: Minerve
Autrice: Giuditta Ross
Genere: romance steampunk MFM
Prezzo: € 1,99 in versione Ebook fino al 28 luglio; dal 29 luglio 2,99.
Il cartaceo sarà disponibile più avanti.
Data di uscita:  28/07/21

La Guerra ci aveva strappato le nostre inutili certezze, la sua fame vorace non aveva fatto distinzioni. Ci aveva lasciati mozzi, inorriditi sulle macerie del nostro grande impero e tuttavia vittoriosi.
Il mondo dorato in cui vivevo non era che un guscio inconsistente che svelava le sue crepe. Vedevo quelle persone in pezzi e sapevo come
aggiustarle.
Per Lord Nicolas Stanford, avevo un cervello fatto di viti e ingranaggi e forse lo era anche il mio cuore. Guardavo un oggetto inanimato e la mia mente era in grado di immaginare il meccanismo che l’avrebbe fatto muovere. Ero un’inventrice sul libro paga del signor Holmberg, l’uomo che aveva inventato le macchine in grado di sconfiggere i nostri invasori e vincere la Guerra. Egli sembrava comprendermi come nessuno al mondo e guardava con orgoglio al mio lavoro e alle mie aspirazioni.
Lui e Nicolas erano come il giorno e la notte ma io sapevo che avevano un segreto. Erano legati da una passione indicibile. L’avevo vista bruciare e quel fuoco sembrava lambirmi con le sue dita seducenti.
Presa in quel vortice non mi restava che cercare di non cadere come una falena sulla fiamma.
Per quanto mi dibattessi e lottassi, le pareti della mia gabbia dorata erano sempre pronte a chiudersi.
Non l’avrei permesso.
Avevo uno scopo, ero pronta per il futuro.

Non ero turbata dalla loro vicinanza, da come si toccavano, da quello che dicevano i loro sguardi. A turbarmi era la mia lontananza. Restare fuori da quella dinamica, da quella rete che li legava. (Tratto dal libro)

 Wow! Adoro profondamente questo genere di romanzi, che sperimentano sia nel genere fuori dal comune (credo che sia il primo steampunk romance che leggo), sia nell’evoluzione delle relazioni tra i personaggi, che non hanno timore di provare una forma di amore alternativo, toccando anche sfumature LGBT.

«A volte semplicemente non è destino. Potete passare la vita a struggervi o potete trovare qualcos’altro per cui vivere.» «Ho già la mia strada. E non mi struggerò per chicchessia. Non sono persa in chissà quale fantasia romantica. Amare un uomo come Nicolas è lo stesso che innamorarsi di un gatto. Se sono nei guai, è perché ho avuto la sfortuna di essere nata donna.» (Tratto dal libro)

 Lo stile di Giuditta è sempre delizioso, a maggior ragione perché lo steampunk è ambientato in un’epoca storica e richiede una certa terminologia e una capacità lessicale più forbita.

Ma anche la trama è accattivante: intensa nella parte sentimentale, dal momento che Minerve decide di sposare un uomo solo carino anziché quello che ama davvero, intrigante per le insinuazioni fantastiche sulle innovazioni robotiche, e ricco di adrenalina nel filone che porta l’intraprendente e ingenua Minerve alla caccia di un malvivente che abusa e tortura bambini.

 

Non potei impedirmi di fare raffronti tra lui e Nicolas, e in quel momento più che mai vidi quanto fossero diversi. Se Nic occupava lo spazio con i suoi modi diretti e il carattere estroverso, Holmberg sembrava risucchiarlo. 

 

 La difficile scelta della protagonista, che, convinta che entrambi i suoi pretendenti siano gay, preferisce rinunciare al suo amore rassegnandosi a una relazione platonica poco soddisfacente ma anche poco dolorosa, è il punto centrale della trama romantica.

Minerve però non ha fatto i conti con la bisessualità: entrambi provano un serio desiderio nei suoi confronti, e questa scoperta la porterà a pentirsi e a sentirsi confusa in merito ai suoi sentimenti, aggiungendo un senso di frustrazione per non poter avere i due pezzi del suo cuore entrambi nello stesso momento. Una scelta quindi non solo sofferta prima di essere compiuta, ma che anche una volta presa non è più soddisfacente, lasciandola da un lato a desiderare di aver scelto Nicolas, dall’altro con un grande senso di colpa per desiderare qualcuno che non sia l’uomo a cui ha detto di sì.

 

«Respirate, Minerve.» Il suo tono era tranquillo e ipnotico. Mi passò per la mente che quella era un’altra maschera che Holmberg indossava. Egregiamente. C’era il perfetto gentiluomo, raffinato e mondano. C’era l’uomo d’affari astuto e spietato, l’inventore illuminato, il datore di lavoro entusiasta e protettivo e ora… un incantatore?

 

 Perfettamente inserita nel contesto sociale storico, la trama romantica riesce a integrare, grazie alle caratterizzazioni molto potenti, altre tematiche che riguardano il desiderio di Minerve di ottenere le pari opportunità attraverso il diritto di lavorare nell’officina di Holmberg, di vestire con pantaloni da uomo, di vedersi riconosciuta per le sue capacità creative e ingegneristiche.

Come dicevo, i personaggi sono delle vere perle, ognuno nella sua particolarità. Lei è una donna tenace, decisa, ricca di iniziativa, sicuramente anacronistica rispetto ai tempi, che lavora in fonderia ed è capace di progettare parti meccaniche e anatomiche. Nicolas è un ragazzo magnetico, affascinante, divertente, cattura per la sua solarità.

Holmberg, anche detto il vichingo, ha un carattere più chiuso, riflessivo, non ama esprimere i propri sentimenti. Ha questa grandissima capacità di comprendere e assecondare i desideri della persona che ha di fronte, dote che lo rende un abile negoziatore e manipolatore, ma allo stesso tempo un amante empatico e in grado di riconoscere, di “vedere” davvero l’altra persona.

Anche l’ambientazione è un elemento significativo: il testo è capace di farci calare nella realtà narrativa anche solo con piccoli dettagli.

 

La corrente tra di loro sembrava qualcosa di mostruoso e tangibile. Una fune invisibile ed elettrica che strattonavano a turno. Forze opposte destinate ad attrarsi per poi respingersi con furia. Compresi, in un istante di lucidità estrema, che non temevo che si facessero del male a vicenda. Quello che mi turbava era l’attrazione tra di loro. Quasi irresistibile. Un ciclone che stava trascinando anche me nella sua furia. I due uomini stavano occhi negli occhi. Una fame inestinguibile pareva alimentare la voracità con cui si squadravano. 

 

 Avendo già spoilerato molto non voglio aggiungere anche dettagli sulla trama gialla; basti immaginare che Minerve, pur inesperta, cerca di fare l’investigatrice cadendo in alcune trappole, finendo nei guai e coinvolgendo suo malgrado le persone a lei care.

Ho trovato davvero intrigante il genere steampunk, che permette di inserire in un contesto storico piuttosto rigido delle innovazioni robotiche surreali e una donna in lotta per l’autonomia, l’autodeterminazione, l’indipendenza. Questa ambientazione ha permesso alla nostra eroina (e regalato alla trama) ventate di speranza e positività, di opportunità e sbocchi ben più ampi di quanto concesso in un normale  storico. Minerve vuole con tutto il cuore fare ciò che le riesce bene, in totale controtendenza rispetto a quello che l’epoca (non solo quella, a dirla tutta) prevede.

 

«Per la buona società il valore di una donna si misura in obbedienza, grazia e verginità, prima del matrimonio. Poi dal marito che riesce a impalmare e dalla quantità di figli che è in grado di produrre. Io sono già per gran parte fuori dagli standard.» 

 

 Ma voglio essere onesta fino in fondo: l’aspetto che mi ha davvero conquistata è la relazione che ogni personaggio instaura con gli altri due.

Decisamente intrigante è il modo in cui ognuno prova interesse, attrazione per gli altri, andando a colorare diverse forme di legame che vengono tutte indagate, esplorate, riempite di sentimenti e di valore. L’evoluzione del sentimento di Minerve segue gli sviluppi della trama, dato che leggiamo la storia dal suo punto di vista. Veniamo poi a conoscenza che i due uomini provano attrazione uno per l’altro e, successivamente, che le loro proposte di sposare Minerve non sono una boutade per mera questione di status sociale o interessi economici, ma espressione di un desiderio reale nei suoi confronti.

È un’esplosione emotiva su tanti fronti contrastanti. Leggendo non speriamo altro che di arrivare a un modo per dare soddisfazione a tutti e tre i protagonisti, ma la risoluzione pare impensabile in quel contesto storico, con tutti i vincoli legati ai titoli nobiliari e alle regole sociali dell’epoca. Soprattutto, però, sono Minerve, Nicolas e Holmberg a dover trovare la giusta apertura mentale per poter accettare l’unica via d’uscita.

 

«Mi hai sentita gridare che amo Nicolas.» La mia voce non tremò e ne fui fiera. «È una verità che non posso cancellare,» dissi quasi senza fiato. Inspirai una boccata d’aria e coraggio. «Adesso chiedimi se ti amo.» Strinse le labbra, il suo volto si fece duro. Zuccone. Salii sulle punte dei piedi, mi aggrappai al suo collo, avvicinai la bocca alla sua. «Ti amo. Non so come, non dovrebbe essere possibile, ma hai il mio stupido cuore. Magari è solo rotto a metà perché voi due possiate dividervelo come cani che si contendono un osso, però è così e non posso farci niente.» 

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