Recensione: Phoenix di Avery Nova
Titolo: Phoenix
Autrice: Avery Nova
Genere: romanzo contemporaneo
Editore: Publishing Flower
Target: +14
Data di pubblicazione: 27 novembre 2022
«Non posso dimenticarmi di te. Delle tue mani sul mio viso. Del tuo sapermi calmare. Non puoi chiedermi questo, Addison.»
La vita è una costante composta principalmente da alti e bassi, quello Addison e Ares lo sanno bene. Entrambi hanno provato il brivido dell’incertezza sopra la loro stessa pelle, entrambi hanno amato ed entrambi hanno sofferto. Ci sono volte, però, che alcuni bassi sono in realtà alti ben nascosti dietro ad una maschera di cera, e come dice il buon Price: “Essi meritano di essere vissuti e affrontati.” Ed è così che Ares e Addison si conoscono. Alla Orton nulla viene dato per scontato, perfino il gesto più innocuo al mondo può aiutare a far rinascere un’anima, come una fenice dalle proprie ceneri.
Io ero ancora lì, respiravo e vivevo la mia vita come meglio credevo per me.
Logan non poteva più farlo, e con lui una parte di me era andata persa. Quindi in un certo senso ero quella rete di mezzo non più fra la vita e la morte, ma fra Ares e Logan. Un legame perso e un legame nuovo, da scoprire, da costruire; spettava solo a me capire se intraprendere la strada per la nuova direzione o rimanere lì, intrappolata per sempre in quel limbo che portava il viso del ragazzo che avevo amato sin da bambina.
Si tratta di un viaggio all’interno della depressione.
Addison è caduta in una spirale negativa da cui non riesce né vuole uscire.
Al di là delle motivazioni reali che stanno alla base del suo dolore, quello che ci strazia è notare come la depressione si alimenti da sola ingigantendosi sempre più a causa dei viaggi mentali e di pensieri negativi ossessivi. In questa condizione mentale, essere felice è l’ultima cosa che la ragazza desidera, e lei stessa rappresenta quindi l’unico limite alla sua guarigione.
«Ho già accettato la sua morte. Non accetto la mia sopravvivenza», sussurrai ancora.
Addison si trova in una clinica specializzata ma, come ho detto, non è collaborante; solo l’arrivo di un nuovo paziente, Ares, riesce a farla smuovere dal suo stato introspettivo perennemente incentrato sui suoi pensieri deprimenti, ricordi traumatici e tutto ciò che giustifica il desiderio di non farcela più. Ares non solo è affascinante e popolare, ma è dotato di una sensibilità che lo rende abile nel trovare il modo di avvicinarla a piccoli passi, accettando i suoi silenzi, coinvolgendola, distogliendola dalla sua testa e richiamandola alla realtà.
Grazie alla sintonia trovata con questo ragazzo gentile che sa ammettere le proprie fragilità, Addison lentamente smette di pensare di non voler più creare legami per il timore di perderli, e inizia a scrollarsi un po’ di quella tristezza di cui è continuamente vittima.
E rimanemmo lì, in silenzio. Io adagiato contro l’albero e lei seduta, quasi rannicchiata, davanti a me. Il vento a muovere i nostri capelli e le foglie scosse sopra le nostre teste, dentro una dolce melodia silenziosa. Come una bolla d’ossigeno creata appositamente per due persone fragili. Due fottute persone perse in se stesse, una immersa dentro chissà quale assurdo ricordo… l’altra ormai tristemente sopraffatta dalla vita.
L’avvicinamento tra i protagonisti e la guarigione di entrambi hanno un passo lento e graduale. Vivremo carezza per carezza l’incrinatura delle loro barriere che cedono, assisteremo al modo in cui i ragazzi si aprono un pezzo alla volta, si spogliano di un velo alla volta, restando nudi e vulnerabili di fronte all’altro.
È magico veder virare i pensieri di Addison dall’oscurità della depressione a un nuovo desiderio di vivere, di voler cambiare, ma questo percorso è tutt’altro che lineare: la nascita di un nuovo amore la riporta costantemente al passato, alla tragedia in cui il suo vecchio grande amore si è infranto lasciandola spezzata e senza significato. Il senso di colpa per lasciare i ricordi dolorosi a favore di un nuovo benessere è più faticoso di quanto possa immaginarsi, e l’aiuto degli psichiatri è senza dubbio un appoggio necessario che si affianca alla fiammella di vita sempre più scintillante che Ares accende in lei.
Sapevo bene che avrei dovuto smetterla di pensare, avrei dovuto smetterla di sottovalutare quel momento con Ares e cominciare a viverlo per davvero, ma non avevo la benché minima idea di come fare per far sì che i miei occhi non si riempissero nuovamente di lacrime. Ma una cosa la sapevo e la davo per certa… e cioè che ogni cosa mi riportava a Logan, Ares mi riportava a Logan, e quello non era un bene.
Ares sembra inizialmente un po’ idealizzato, troppo perfetto per aver bisogno di una clinica.
Se inizialmente sembra chiaro e lieve il motivo della sua crisi, emerge in modo sempre più evidente, da comportamenti ambigui e poco coerenti, che sia vero il sospetto che ci sia di più. Se nella prima parte del romanzo siamo concentrati sui problemi di Addison, nella seconda siamo incuriositi ad approfondire la situazione di Ares e a comprendere i suoi strani atteggiamenti che incrinano la sua perfezione.
Quello che scopriamo ha un legame con una sorta di paura dell’abbandono, che gli rende difficile rispettare i ritmi e tempi che lei gli chiede (avere pazienza, stare a distanza, attendere che lei sia pronta…). Questa difficoltà nel gestire i rifiuti e gli allontanamenti, questa fragilità che lo porta a tratti a essere troppo tenace e invadente, altre ad allontanarsi per primo anticipando il temuto abbandono, sarà oggetto del suo percorso di crescita.
Ares sapeva bene che eravamo due bombe ad orologeria pronte ad esplodere… eppure avevo come la sensazione che il ticchettio del conto alla rovescia, più che mettergli agitazione, gli stesse mettendo eccitazione. Era come se lui non stesse aspettando altro che vedermi vulnerabile per poter attaccare e tagliare in tempo i fili giusti affinché quella bomba non esplodesse.
È un libro emotivamente molto inteso.
Tanti tira e molla che non sono dovuti a scuse fortuite ma al sentirsi confusi, strattonati di qua e di là dall’attrazione, dal rimpianto, dalla paura, dall’amore, dal senso di colpa… Tanti sentimenti che fanno compiere gesti improvvisi, prendere decisioni contraddittorie. I protagonisti sono entrambi molto sensibili, fragili, danneggiati, e hanno paura di soffrire di nuovo. Ma è indubbio, e anche i medici se ne rendono conto, che stare vicini li rende più forte e li guarisce un po’ alla volta.
Perché io ed Addison sapevamo bene di cosa avevamo bisogno. Ed io ero pronto a ricevere, ero pronto a farmi travolgere come non mai da tutti quei sentimenti che per anni mi erano stati privati. Mentre lei, anche se cercava di dimostrare tutto il contrario, non era decisamente ancora pronta a darli. E quello, be’ quello sarebbe stato un problema.
Tanta tenerezza e sensibilità, anche nelle scene d’amore più intime, che sono piuttosto light (e quindi anche adatte ai 14+), che prendono in esame tante emozioni legate a prime volte, passionalità, delicatezza e ogni recondita sfumatura del fondersi insieme a un’altra anima, rendendo davvero unico quel tocco tra due corpi.
Unico neo la mancanza di una correzione bozze e la conseguente spruzzata di refusi disseminata su tutte le pagine.