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Recensione: Ancora amici di Roberto Gerilli

Titolo: Ancora amici

Autore: Roberto Gerilli

Genere: narrativa umoristica

Editore: Mondadori

Data di pubblicazione: 11 giugno 2024

Età di lettura consigliata: per tutti

 

 

Claudio ha quarant’anni e vive a Falconara Marittima, una cittadina di provincia dove l’unica attrazione turistica è la raffineria di petrolio sul mare, ma non si lamenta. Anzi, non riesce proprio ad andarsene. Qui ha trascorso estati indimenticabili insieme ai suoi amici storici, quelli a cui affidi l’adolescenza sapendo che ne faranno il periodo migliore della tua vita.

Sembra l’unico afflitto da questo problema, comunque: Martina si è fermata a Bologna dopo l’università, Riccardo si è trasferito a Siena per amore, mentre Veronica ha preferito una frenetica carriera milanese a quello che, forse, stava nascendo tra loro.

Le giornate in spiaggia, le gite improvvisate e i concerti rock sotto al palco sono solo un ricordo lontano, e ora l’amicizia è confinata in una chat su WhatsApp con un nome, “Sul pontile”, che onora il vecchio rifugio del gruppo.

Sono destinati a perdersi, a diventare semplici nomi nell’interminabile lista di messaggi da mandare a Natale, a meno che Claudio non decida di compiere un gesto “rivoluzionario”: lasciare a casa il cellulare e partire per una reunion di cui gli altri sono ancora all’oscuro.

Un romanzo divertente e nostalgico sulla generazione a metà del guado. Quella degli zaini Invicta, dei Soundgarden alla radio, delle cartine stradali che non garantiscono di giungere a destinazione e delle “immense compagnie” che, con l’età adulta, hanno traslocato online. Un romanzo sull’amicizia che a volte finisce, ma a volte resiste, nonostante tutto.

 

 

Claudio, Martina, Riccardo e Veronica sono quattro amici di vecchia data che, per i motivi della vita, sono ora dispersi in regioni diverse e costretti a usare la tecnologia per sentirsi da remoto, ritrovandosi a Falconara solo un paio di volte l’anno. Ma è sufficiente? Non per Claudio.

In passato non era così: erano un gruppo di adolescenti che affrontavano la crescita insieme attraverso mille avventure, aiutandosi a districarsi in un’età cruciale e sostenendosi nelle montagne russe emotive: le prime cotte, la passione per la musica, le confidenze, le perdite. Erano amici simbiotici, capaci di finire uno le frasi degli altri, di accettare e disinnescare i reciproci difetti.

Le caratterizzazioni sono spettacolari, ognuno di loro è un mondo tridimensionale, con una personalità che buca la pagina. Martina è solare, curiosa ed entusiasta della vita, ma con la maturità si è un po’ spenta e la ritroviamo frustata e nervosetta, costretta dentro confini asfissianti. Riccardo è un ragazzo impulsivo e spontaneo, ma ora che è diventato papà sta cedendo sotto il peso delle responsabilità, cosa che lo riempie di insicurezze. Veronica ha un rapporto “complicato” con Claudio, con il quale comunque ha molto feeling. Dal carattere chiuso e indipendente, pensa che i ricordi dell’adolescenza siano cose superate e che sarebbe più facile guardare avanti senza più rimestare negli errori e nel passato. E infine Claudio, l’anima del gruppo, che soffre così tanto la lontananza dagli amici da essersi inventato un’app per incontrarne di nuovi. 

Ognuno sta cercando di affrontare il proprio dramma in solitudine, senza il coraggio di aprirsi agli altri, troppo distanti e presi dalla propria vita. Quello di cui hanno bisogno è di rivitalizzare il loro legame “dal vivo”, per cui Claudio decide di avviare una crociata contro la tecnologia e di partire senza smartphone per un viaggio di “reunion”.

Il terreno della nostra amicizia ormai è arido, solo erbacce in questo campo. Abbiamo perso la capacità di connetterci, anzi, peggio, abbiamo perso la capacità di accordarci sulla medesima nota. Siamo come vecchi strumenti scordati che cercano di suonare una sinfonia di Mozart: le intenzioni sono pregevoli, i risultati strazianti. 

La trama si dipana alternando momenti presenti e ricordi passati. Grazie a un’ambientazione immersiva che trasuda accuratezza su tecnologia e tormentoni musicali di qualche decennio fa, ma anche gergalità, profumo di salsedine, abitudini ritualistiche e consuetudini giovanili, approfondiamo la conoscenza dei quattro protagonisti e, delle dinamiche della compagnia del Pontile, che può essere intesa come un vero e proprio quinto personaggio.

La crociata di Claudio per rinsaldare l’amicizia compie un percorso lento, che all’inizio fatica a superare le rigidità di chi si è ritagliato altri spazi, altre abitudini, addirittura altre amicizie. Ma come una pastella fatta con burro troppo solido, più i personaggi interagiscono e “si impastano”, più gli animi si ammorbidiscono e il dialogo si fa scorrevole, riportando la relazione a un amalgama liscio e omogeneo,  come se non fosse passato che un giorno. 

Centrale il ruolo della musica, a cui tutti i personaggi sono appassionati. Lo stile scorrevole, ironico e fresco ce la ripropone a più mandate, con una playlist intrigante da veri nerd.

La trama solletica in noi le emozioni nostalgiche che da persone mature siamo abituate a provare quando pensiamo al passato e a “come eravamo”, ma allo stesso tempo apre anche una riflessione sul presente, sul bisogno di non arrendersi e sulla responsabilità di agire per fare di meglio, guardare al futuro e continuare a inseguire i nostri sogni. È un monito per gli adulti assuefatti a una vita incasellata che non lascia più spazio né all’impulsività (quindi al divertirsi) né all’insicurezza, obbligando a riparare le proprie fragilità dietro a un guscio di solitudine per mostrare di poter bastare a se stessi.

L’amicizia propinata dai social è asincrona, non richiede la tua totale attenzione. Puoi scrivere su più chat e, al contempo, giocare a Bubble Witch Saga o smaltire le e-mail arretrate. Sarebbe divertente provare a farlo “dal vivo”. Vado in un pub con Riccardo e, mentre parlo con lui, scherzo con la gente dei tavoli vicini, faccio un solitario e leggo una pila di lettere. Mi manderebbe affanculo molto prima di finire la birra, ne sono sicuro. E avrebbe ragione. 

Vi è appena un soffio di storia romantica, sufficiente ad aggiungere quel pizzico di zucchero capace di farci sognare e ridarci il sorriso a qualsiasi età. Ma per quanto sia delizioso, ho apprezzato molto il fatto che il romanzo sia rimasto tenacemente saldo sul tema dell’amicizia, quella vera, quella maturata negli anni più difficili della nostra crescita, in cui cerchiamo di capire chi siamo e cosa vogliamo, preda dei picchi ormonali e dovendo imparare a gestire emozioni e relazioni.

L’amicizia che si fonda “sul pontile” (sono certa che ognuno di noi ha il proprio, così come per me è stata “la vasca sotto ai portici”) è un legame che nasce in modo incomprensibile da esperienze vissute insieme, aneddoti, vicissitudini, avventure, ed è radicato in noi in modo così profondo che non importa la distanza geografica o quanto tempo passi senza sentirsi, rimane come una corrente sotterranea capace di tornare in superficie in un attimo. È una sintonia, una capacità di riconoscersi negli ammiccamenti, nelle frasi non finite, negli sguardi, cose di certo che non possono essere replicate da una app (ed è per questo che il tentativo digitale di Claudio non ha nessuna speranza di successo). 

La disconnessione da lui attuata è curiosa e scioccante allo stesso tempo. Nessuno di noi si autoproclamerebbe con leggerezza “dipendente dal cellulare”, eppure ci ritroviamo in pieno nella crisi dell’essere ripotati brutalmente indietro di trent’anni, a fronteggiare un viaggio in assenza di telefono, navigatore, fotocamera, lettore musicale, elenco telefonico e tutto ciò che è racchiuso un uno smartphone. La sfida, però, è anche all’opposto: è sufficiente spegnere la tecnologia per rivitalizzare le relazioni sciupate? È sufficiente la presenza fisica, guardarsi occhi negli occhi, il calore di una pacca sulla spalla per indurci ad abbassare le difese e aprirci?

«Gli amici sono come i gruppi musicali» dico. «In che senso?» «Quando sei adolescente, sono il cardine della tua vita. Accogli quelli sconosciuti con interesse, celebri i successi dei tuoi preferiti e vai ai loro concerti per dimostrare la tua eterna lealtà. Poi cresci e la musica diventa solo un sottofondo. Accettare nuovi artisti nella tua playlist è sempre più difficile e la playlist stessa è sempre più impegnativa da gestire. Finisci ad ascoltare la radio, che non crea legami e ti permette di cambiare stazione al minimo disturbo.» 

Un altro tema interessante su cui non ero mai riuscita a farmi un’opinione  empatica è quello della migrazione interna. La storia mostra bene i sentimenti  di chi deve lasciare la propria terra d’origine, allontanandosi da panorama, sapori, proverbi, affetti, ricordi… Arriviamo a comprendere pienamente  il bisogno di cercare in ogni modo di mantenere viva la connessione con le proprie radici, seppur con fili stiracchiati e ormai sottilissimi come gli arti dell’elastic man.

Continuare a tornare periodicamente “a casa” alimenta l’illusione di non essersene andati, ma soprattutto è qualcosa che continua a nutrire l’identità di sé (chi sono, da dove vengo?).

 

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