Recensione: “La concubina del vichingo” di Michelle Styles
Inghilterra, 876 – Finalmente Brand Bjornson ha ottenuto ciò che ha sempre sognato: un pezzo di terra tutto suo nel quale trascorrere il resto della vita. Ma quando arriva al maniero della Northumbria che gli è stato assegnato dal sovrano come premio per aver domato una rivolta, trova una sorpresa: Edith di Breckon, la castellana, non è fuggita insieme ai ribelli che sostenevano il defunto marito e ha continuato ad amministrare le terre che le appartenevano. Affascinato da tanto coraggio, Brand le offre la possibilità di restare, a patto che accetti di diventare la sua concubina per un anno. E la giovane vedova, combattuta fra la volontà di non perdere l’onore e la segreta attrazione per il nuovo signore, si ritrova a dover scegliere tra due alternative che paiono altrettanto impossibili.
Rispetto a “Il segno del peccato” questo libro è più tranquillo e pacato, infatti nonostante mi sia piaciuto non l’ho trovato molto entusiasmante. I protagonisti, Brand ed Edith, sono composti ed educati, Brand per essere un vichingo è decisamente troppo gentiluomo e lei per essere una ‘preda’ di guerra si è arresa troppo in fretta.
A volte Edith era fin troppo trasparente. Voleva vincere, non solo quella partita a tafl, ma in generale il gioco tra loro. Tuttavia combatteva contro i propri istinti ed esponeva solo a tratti la sua vera personalità. Brand avrebbe dovuto accorgersene prima.
«La modestia non è da voi, Edith. Vi sforzate troppo…» mormorò lui.
Lei spalancò la bocca e immobilizzò la mano mentre muoveva la pedina.
«Cosa intendete dire? Non ho nemmeno iniziato a giocare.»
Brand si chinò su di lei fino ad accarezzarle l’orecchio con il soffio del fiato.
«Rilassatevi. Vi sforzate troppo di mostrarvi amabile. In realtà avreste voglia di spedirmi nel gelo dell’Ade, in particolare da quando ho nominato Lindisfarne. Speravate di andarvene prima che vi incastrassi con questa partita e adesso temete di divertirvi.»
«L’inferno è caldo.» Ripiegò le mani in grembo e assunse una falsa espressione pia.
Nonostante il cattivo di turno, Hreaek geloso del posto ricoperto da Brand, che scuote un po’ le pagine con un attacco a sorpresa. Il libro non ha picchi adrenalinici. Leggendo si continua a notare la preparazione sui fatti storici dell’autrice in merito alla vita vichinga, c’è un po’ di passione, ma appena accennata. Quindi posso dire che se volete passare un pomeriggio o una serata tranquilla senza troppe emozioni, in compagnia di un bel vichingo questo è il libro che fa per voi.
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