Recensione: Le armi della luce di Ken Follett
Serie: Kingsbridge Vol. 4
Serie: Kingsbridge #4
Autore: Ken Follett
Genere: Narrativa storica
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione:26 Settembre 2023
La serie è composta da:
- I pilastri della terra
- Mondo senza fine
- La colonna di fuoco
- Le armi della luce
Il quinto capitolo della saga di Kingsbridge. “Le armi della luce” si svolge tra il 1792 e il 1824, un’epoca di grandissimi cambiamenti in cui il progresso si scontra con le tradizioni del vecchio mondo rurale e il governo dispotico è determinato a fare dell’Inghilterra un potente impero commerciale. A Kingsbridge l’industrializzazione si fa rapidamente strada riducendo alla miseria la maggior parte della popolazione dedita alla manifattura tessile, la principale fonte di reddito della città. La vita di un gruppo di famiglie collegate tra loro viene stravolta dalla nuova era delle macchine, mentre imperversa la guerra con la vicina Francia di Napoleone Bonaparte che giunge alla sua epocale conclusione con la battaglia di Waterloo. Scoppiano le rivolte del pane, gli scioperi e la ribellione contro l’arruolamento forzato nell’esercito. Una coraggiosa filatrice, un ragazzo geniale, una giovane idealista che fonda una scuola per bambini disagiati, un commerciante di tessuti travolto dai debiti del padre, una moglie infedele, un operaio ribelle, un artigiano intraprendente, un vescovo inetto, un ricco imprenditore senza scrupoli sono solo alcuni dei personaggi che animano questa storia indimenticabile. Eroine ed eroi carismatici combattono per un futuro libero dall’oppressione, personaggi cattivi e perversi cercano di mantenere ad ogni costo i loro privilegi in un complesso intreccio ricco di dettagli storici accuratamente documentati.
Ken Follett è un mago nel saper inserire in un testo dal ritmo pacato e coinvolgente approfondimenti storici, sociali e ambientali di un’altra epoca, senza appesantire ma anzi arricchendo la lettura di curiosità, colori, minuzie, stimolando tutti i nostri sensi. Sembra di calarci di persona nella vicenda al fianco dei protagonisti, inzaccherandoci i piedi nel fango e sentendone il risucchio nel camminare, lasciando le dita nelle macchine degli opifici, soffrendo con loro per la perdita di un parente, per la fame o temendo per il futuro.
La telecamera immaginaria scorre ad altezza d’uomo e scivola ora accanto a un personaggio ora all’altro, permettendoci di conoscere ognuno di loro così bene da intuirne la personalità, i desideri, le paure e vivendo la quotidianità che avanza passo passo per trascinarci nella trama.
Lo stile è una trapunta avvolgente che non ci lascia mai e non si fa mai noiosa, per quanto la tensione non sia incalzante. Un oscillare pacato ricco di dettagli, profumi e suoni come una cavalcata nei prati, che ci porta a non voler affrettare la lettura e a godercela come ultima coccola della sera, come una fiaba che ci prende per mano e ci fa addentrare in un altro mondo. Potremmo perfino perderci andando in giro per conto nostro nel villaggio, tra le fabbriche o nella piazza in cui è esposta la gogna, se non fosse l’autore a prenderci per mano e a guidarci dolcemente lungo il racconto.
Ken Follett è semplicemente unico.
«Io non riesco proprio a decidere» disse. «Le macchine aiutano alcuni e tolgono il lavoro ad altri. Come si fa a capire cos’è meglio?» «È questo il nostro problema» rifletté Sal. «Conosciamo le domande, ma non le risposte. Dobbiamo istruirci.»
Le armi della luce è ambientato nel periodo di transizione tra un’economia rurale e la prima industrializzazione. È uno spaccato del periodo in cui la manifattura tessile viene stravolta grazie all’introduzione delle macchine. Le tessitrici se ne vanno dalle campagne per iniziare a lavorare nelle fabbriche. Il genio dei primi ingegneri e le innovazioni portano ai primi conflitti tra gli operai e la maggiore produttività che la meccanizzazione permette.
La fame, l’arruolamento forzato, la necessità di avere un reddito, le ingiustizie e la rabbia portano ai primi scontri sociali, mentre si fa spazio una nuova classe piccolo borghese, più progressista e di mente aperta, che caldeggia la possibilità di una mediazione, di compromessi e l’idea di associazioni dei lavoratori per concordare modi per ottenere un benessere condiviso.
Riusciremo a vedere la rivoluzione francese, poi l’ascesa e la caduta di Napoleone con gli occhi terrorizzati della nobiltà inglese in parlamento, ma anche con quelli infiammati dal desiderio di cambiare le cose degli uomini seduti ai pub del villaggio. I protagonisti arrancano in una vita fatta di alti e bassi per fronteggiare la crisi dovuta a una guerra ventennale che logora tutti, dai ricchi ai poveri, nessuno dei quali è tenuto in considerazione dai proprietari terrieri che stabiliscono una direzione politica nazionale ottusa e patriottica.
Entrare così raso terra nelle storie dei personaggi ci permette di vedere come i movimenti di rivolta delle masse di inizio ’800 contro la meccanizzazione, nonostante parte di stravolgimenti epocali con effetti a catena sugli anni a venire, siano tutt’altro che organizzati e con obiettivi politicamente ben definiti. Il popolo si muove su un equilibrio delicato che è facile rompere, se ci si inimica un uomo potente, ma il suo unico scopo è quello di sopravvivere, guadagnarsi il pane, ottenere ascolto e giustizia. Assistiamo ai mille modi in cui l’aristocrazia al potere, che ricopre contemporaneamente ruoli di giudice e di giuria, può spadroneggiare sui più poveri, su avversari o perfino concorrenti.
Ma per quanto i potenti abbiano la legge dalla loro parte, il denaro, più opportunità e siano spalleggiati da altre figure influenti, i nostri protagonisti riescono a sfruttare i piccoli spiragli a loro disposizione, facendosi forza insieme per allargare le crepe in un sistema ormai obsoleto e non più coerente con il nuovo mondo.
La nuova società industriale, la chiesa metodista, il vento di cambiamento e i valori che provengono dalla rivoluzione francese, uniti con l’esasperazione di una situazione di guerra e povertà, fanno crescere il desiderio di difendere i diritti di uguaglianza, libertà e giustizia quotidianamente calpestati. Lo stesso diritto di esprimere un’opinione rappresenta una vera sfida, per gli operai considerati quasi schiavi, una sfida impensabile nel caso delle donne, considerate non più che oggetti di proprietà.
«Cosa ne pensate dello sciopero, Barrowfield?» chiese il visconte. «I produttori di tessuto devono realizzare un profitto e gli operai avere un salario dignitoso… non è così difficile, mio signore. Ma orgoglio e avidità si mettono in mezzo.» «Pensate che i padroni dovrebbero cedere?» «Penso che le parti dovrebbero raggiungere un compromesso.»
In contrapposizione con questa classe nobiliare sempre più spaventata che si trincera dietro la promulgazione di leggi aggressive e inique, assistiamo alla nascita di un’ala progressista costituita soprattutto da artigiani metodisti piccolo-borghesi solidali con i più poveri, condizione da cui spesso si sono elevati. Una forza sociale, economica e in seguito politica interessata alla pace e alle migliori condizioni per il commercio dei propri prodotti.
Una nuova visione che promette un miglioramento generale delle condizioni di vita, in cui a prosperare e ad arricchirsi (e quindi ad avere possibilità di spesa) siano tutte le classi sociali; dove la corruzione è un intralcio al mercato, e la giustizia e l’equità rappresentano delle garanzie per una concorrenza più trasparente e maggiori opportunità per i migliori.
Tocchiamo con mano come la religione metodista sia strettamente correlata all’evolversi sociale di questa nuova fascia industriosa e inclusiva: a differenza di una chiesa anglicana corrotta e autoreferenziale, la caratterizzazione dei personaggi metodisti mostra un maggiore pragmatismo, onestà e solidarietà.
Proprio questa nuova gente intenzionata a leggere la Bibbia senza interposta persona e desiderosa di insegnare l’alfabetizzazione anche ai poveri, che si confronta apertamente discutendo (perfino con le donne) non solo sulle sacre scritture ma anche sui temi di interesse comune, diventa il motore trainante capace di portare la società inglese a una svolta.
Pian piano, grazie al consenso popolare e l’appoggio di qualche persona potente più illuminata che fa spazio per lei tra gli interstizi di un ordine rigidamente presidiato dalla classe dominante, questa piccola borghesia si fa strada verso i luoghi di potere.
Finale semplicemente perfetto: le storie dei vari personaggi vengono districate sapientemente come fili di lana di un tappeto orientale e annodate a mano una per una.
Merita un piccolo riconoscimento la deliziosa storia romantica nascosta tra le molte altre trame: un piacevole intermezzo che ci racconta di un uomo con una cotta stratosferica per la persona sbagliata, e delle decine di volte in cui avrebbe potuto rendersi conto di ciò che invece ha proprio davanti agli occhi.