Recensione: “83500” di Michela Monti
ReBurning Prison, carcere di massima sicurezza, anno 2020 circa. Melice Redding è una condannata a morte, ma non ricorda il perché. La causa dell’amnesia è la separazione da sua figlia appena partorita e per questo Mel entra in stato di shock. Grazie a Gabriel uscirà dalla catatonia, e sempre grazie a lui, la donna avrà la possibilità di tornare indietro, prima che il crimine per cui è condannata venga commesso. Melice viaggia nel tempo per rivivere il suo passato senza nessun ricordo dell’arresto, senza condizionamenti. Tutto procede regolarmente, fino alla notte di Halloween.
Oggi vi parlo del libro di Michela Monti, all’apparenza un libro distopico per l’ambientazione futuristica, invece è un romanzo vero e proprio, perché l’unico elemento di fantasia è l’escamotage che l’autrice trova per giustificare la seconda possibilità concessa alla protagonista.
In questo romanzo l’autrice ci mostra il lato normale dell’amore, ovvero quella quotidianità, quel conoscersi, quell’approcciare le abitudini, la famiglia, gli amici dell’altro che di solito nei romanzi vengono oscurati dagli eventi straordinari che portano alla conoscenza fra i due protagonisti. Devo dire che ho apprezzato molto questo tentativo dell’autrice di mostrarci l’altra faccia dell’amore, non quella esplosiva, pur presente in questa storia perché l’amore fra i due nasce inaspettato, ma quella che crea le basi solide di un futuro insieme, in cui si cela la chiave di tutta questa storia.
Gli argomenti trattati sono importanti: la violenza sulle donne, il rimorso, l’abbandono di un figlio, la perdita del grande amore e la vendetta, tutte situazioni che dovrebbero scatenare un turbinio di emozioni che, però, in questo testo risultano attenuate, forse proprio per le tante informazioni che vengono date per rendere più realistico il quadro d’insieme; avrei gradito una descrizione emotiva più efficace per delineare l’intera storia, invece l’autrice sceglie di far susseguire gli avvenimenti come in un racconto continuo e questo crea un effetto ricordo che si adegua perfettamente a come la protagonista vive l’intera situazione.
“«Puoi distinguere una goccia di rugiada da una lacrima?» (…)
«Spiegati meglio,» ordinò. Scossi leggermente la testa, sorridendo. «Una vita è una vita. Non importa da dove arriva, il suo valore rimane immenso.» Dirgli la verità mi scaldò il cuore.”
La protagonista, Melice Redding, è un personaggio difficile da capire e da amare perché le ragioni della sua rabbia affondano in un rapporto familiare che viene solo accennato, anche se condiziona ogni sua scelta.
“«Sono stata stupida. Impulsiva. Sono…»
«Sei sempre la solita,» m’interruppe, e mi baciò la punta del naso. «Lingua veloce e cervello esplosivo. Poi ci pensi, ma arrivi lunga.» Era vero.”
Gli altri personaggi sono un contorno che non fa altro che amplificare questa sensazione. Anche Gabriel, fondamentale per la salvezza di Melice, è un personaggio difficile da classificare: per via del suo ruolo non può sbilanciarsi nei confronti della protagonista e ogni suo gesto viene esaltato e confutato allo stesso tempo.
“Se ne stava accovacciato per terra a un soffio dal metallo elettrificato, come se ne respirasse l’energia. «Tu sei viva e non lo sai. Sei più viva e più forte di tutte, qui. Quando guardi le persone hai un misto di rabbia e dolore sul viso che non avevo mai trovato. Fai paura, Melly.» Sorrise.”
Il finale è sicuramente di forte impatto emotivo anche perché non è cosí scontato come si potrebbe immaginare: l’autrice ci tiene sul filo del rasoio fino alle ultime righe.
Devo dire che ho provato sensazioni contrastanti rispetto a questo libro: l’idea di base è ottima, nuova, accattivante e dai risvolti non proprio scontati, l’autrice tratta argomenti importanti usando un ritmo veloce e un’alternanza di punti di vista (non solo la prima persona della protagonista) che aiutano ad addentrarsi nel racconto; purtroppo, però, la componente emotiva è un po’ debole: in una storia dove passione, gelosia e vendetta la fanno da padroni, avrei voluto quel qualcosa in più che traspare solo nella scena cruciale.
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