Recensione: “A occhi chiusi” di Stefano Pastor
È un trucco consolidato, quello di Victor e dei suoi amici, per penetrare nelle case e derubare gli ignari proprietari. Preferiscono donne sole, facili da ingannare. Si considerano una banda, anche se sono solo bambini. Ma stavolta qualcosa non funziona. Una serratura difettosa e restano bloccati nel palazzo, senza possibilità di fuggire. Scoperti, quasi catturati, cercano scampo all’ultimo piano. È lì che vive Carla, una donna sola, considerata da tutti pazza. Perché Carla vede i fantasmi e parla con loro. La sua defunta figlia Elena, con cui convive da molti anni. Ed è proprio Elena che convince la madre ad aiutarli. Quando la vecchia rapinata muore per un infarto, però, tutti gli inquilini del condominio si coalizzano per catturare i rapinatori, decisi a fargliela pagare. La fragile e schiva Carla si trova a dover combattere. Perché è lei l’unica in grado di salvare quei ragazzi. Anche se per riuscirci dovrà discendere all’Inferno.
E dopo aver letto questo libro, posso solo dire: Brrrrrrrrrrr!
Sì, perché i brividi sono tutto ciò che vi restano alla fine della storia, con tanto di pelle d’oca e la sensazione che anche la tua casa non sia un posto così inviolabile, e i tuoi vicini, possono non essere affatto ciò che finora hai creduto.
Dopo l’ennesimo guizzo d’autore di Pastor, posso dire di amare i suoi libri.
La storia si divide in tre tempi storici: 10 anni prima, presente, 10 anni dopo.
L’introduzione è un momento molto triste perché tratta la fine della breve e dolorosa vita di Elena, una minuta sedicenne che, malata di leucemia, è ai suoi ultimi respiri.
La madre Carla, che la veglia al capezzale, già provata dalla morte prematura di un altro figlio e del marito, è stremata. Non ce la fa a separarsi da lei, non riesce a lasciare andare via il suo ultimo affetto. E così, mossa a pietà (o a conferma di una lucida follia che travolge la donna) la piccola Elena resta con lei, dopo la morte, promettendole di non lasciarla mai.
Nel tempo ‘presente’ sono passati dieci anni e Carla vive isolata nel suo appartamento all’ultimo piano del palazzo, circondata dalle paure e fobie dei suoi vicini, divisi tra quelli che hanno pietà di lei e di ciò che l’ha colpita, e quelli che temono un suo gesto insano a danno di tutti loro.
In una tranquilla serata in cui il portinaio si ostina a voler rinforzare la serratura del portone, perché preoccupato dei ripetuti furti portati a termine nel vicinato, inizia quella che sarà la tragedia.
Nulla può portare a capire cosa generi la follia umana che colpisce ogni inquilino di questo condominio, fino a ora così tranquillo, così borghese.
Una coppia in attesa del primo figlio, una coppia con un ragazzino un po’ irruente, una maestra solitaria, una guardia giurata, una vecchietta rompiscatole, una coppia ficcanaso e i soliti addetti alla portineria.
Basta l’ingresso di Victor e i suoi piccoli amici a innescare la miccia della violenza, che trasforma ‘persone per bene’ che si rivoltano a ciò che accade a seguito del loro furto con una cattiveria che non si riesce né a comprendere, né a giustificare.
In questa ‘caccia al colpevole’ si innesca un’escalation di atti che difficilmente potranno portare l’orologio indietro nel tempo.
Ognuno pagherà per la sua colpa, tutti quelli che hanno colpito e tutti quelli che hanno chiuso gli occhi davanti a ciò che è stato compiuto.
Solo Carla, spinta da Elena, che pensa sia arrivato il ‘suo momento’, ossia il motivo per cui è rimasta in quella casa prigioniera per tutto quel tempo, fa sì che la situazione per i piccoli ladruncoli, diventi il passaggio verso la libertà.
Non posso negare che il fascino della lettura, la trama e la storia, sono coinvolgenti, ma lungo la narrazione, l’animo si colma di preoccupazione, di rabbia e di compassione.
Come può un tranquillo gruppo di persone, con una vita noiosa e poco agile, riversare su un gruppo di bambini una così gran quantità di cattiveria?
E come non capire che la spirale generata, non fa altro che chiamare odio su odio?
I protagonisti capiscono di non avere via d’uscita e alla fine – quando questa arriverà e la sentiranno vicina – comprenderanno che c’è un’unica cosa da fare: rassegnarsi al destino.
Mi sono piaciuti i personaggi, ben descritti, ognuno nel suo ruolo e con la sua maschera d’umanità, chi più vicino a noi, chi più lontano, ma tutti incentrati nell’azione che dovevano svolgere.
E per essere un giallo, sono soprattutto poco prevedibili. Il che rende il libro, un vero romanzo.
Vi farete trascinare dall’emozione, parteggiando per Carla, per i ragazzi, per i singoli condomini, man mano che la situazione cresce?
Io credo di sì. E ne resterete davvero sorpresi… tanto da guardare con sospetto anche la vicina di casa con il carrellino della spesa o da non azzardarvi più a lamentarvi di musica troppo alta o tacchi risuonati a tarda notte sul pavimento!!
Io vi ho avvertito, spero ascolterete! E con questo, vi auguro come al solito, buona lettura!
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