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Recensione: “Ai tuoi ordini” di Giulia Ross

 

 

È un giorno come tanti quando all’improvviso la vita di Alain Bercher, giovane specializzando in Medicina, viene sconvolta. La morte improvvisa di un paziente lo induce a credere di non poter più proseguire con i suoi studi, tradendo così le aspettative della famiglia. Ma proprio quel giorno Alain incontra una donna misteriosa sul ponte del fiume Limmat. Lei è bellissima e fredda come una dea. I due scambiano solo poche parole eppure per Alain quello sarà l’inizio di una lunga discesa che lo porterà a fare i conti con la parte più buia della propria anima. Chi è Isabel? Che cosa nasconde? Fin dove lo porterà il folle amore per lei?

Inizio questa recensione con una considerazione: il romanzo di Giulia Ross non è una lettura facile, caratteristica di cui certamente l’autrice stessa avrà consapevolezza, sia per il contenuto della narrazione sia per la maniera in cui viene trattato. Ho riflettuto qualche giorno prima di mettere per iscritto il mio personale giudizio, perché non sono riuscita subito a interpretare le sensazioni che mi ha lasciato. 

Il mondo in cui l’autrice introduce il lettore è il BDSM visto dal pov di un sottomesso, Alain Bercher, giovane rampollo di una stirpe di affermati oncologi pediatri, su cui grava il peso delle grandi aspettative paterne e dell’incertezza sulla propria natura. Alain, sensibile e immaturo, ha appena subito una dolorosa perdita quando incontra per caso Isabel, donna misteriosa dalla bellezza quasi ultraterrena, che lo folgora con il suo sguardo cristallino e una frase lapidaria: “tutti vogliono l’amore, ma nessuno desidera pagarne il prezzo”. 

A distanza di tempo, in maniera inaspettata e imprevedibile, i due si incontrano nuovamente rivestendo ruoli che, sia per gerarchia che per esperienza, vedono Isabel in una posizione di egemonia e potere; di fatto lei è la responsabile della ricerca e Alain un giovane dottorando. Ben presto il ruolo di sottomissione di Alain sconfina in un rapporto ben più intimo e trasgressivo, che lo porterà a diventare schiavo dell’esigente e algida Mistress, rischiando di perdere se stesso in nome di un amore che però mi ha lasciato molte perplessità, sin dall’inizio.

La storia tra Isabel e Alain si sviluppa in una trama arricchita da personaggi che entrano in scena progressivamente, conferendole un alone di mistero, ciascuno con il proprio contributo, fino alla rivelazione finale. Diverse sono le sfaccettature presentate dall’autrice: il rapporto conflittuale tra il protagonista e il proprio intransigente padre; gli aspetti della vita di un sottomesso; il rapporto tra il potere, il bisogno di essere dominato e l’appagamento sessuale e la difficoltà di vivere la propria sessualità rispetto alla vita di ogni giorno e alle persone che ne fanno parte.

Il reale filo conduttore dell’intero romanzo è Alain, la sua fragilità, la sua insicurezza, il sentimento che continua a chiamare amore, ma che in tutte le pagine mi ha dato sempre e solo la limpida percezione dell’ossessione. Comprendo che, per un giovane poco più che ventenne, spesso amore e ossessione possono essere confusi, ma quando in nome di tale confusione si arriva addirittura a rischiare di perdere la vita nel più doloroso dei modi, allora il mio amor proprio grida a gran voce che no, non può essere così! Le prove che Alain è chiamato a superare in nome dell’amore sono spietate e terribili; nella narrazione vengono definite “addestramento”, francamente spesso mi è risuonata nella mente la parola “abuso”. Chi, per arrivare al piacere, ama sottomettersi, subire ordini e provare dolore, deve necessariamente trovare conforto e fiducia nel partner, altrimenti rimane soltanto un gioco perverso che dona soddisfazione a chi esercita il potere. Se è vero che il piacere risiede nel compiacere il proprio Dom, è altrettanto vero che il Dom è colui che provvede a lenire le ferite dell’anima e del corpo del proprio sub, gratificandolo e amandolo. Ma nel rapporto tra Alain e la sua Mistress non c’è nulla di tutto ciò, al contrario ho trovato solo umiliazione e crudeltà, addirittura in alcuni casi è mancato perfino il carattere consensuale delle pratiche BDSM, necessario per distinguere tali pratiche dall’abuso, appunto. Queste sono solo alcune delle mie perplessità riguardo un argomento delicato, su cui l’autrice si è certamente documentata ma, così narrato, mi ha suscitato angoscia e stupore, nell’ambito di una storia che nasconde dei risvolti misteriosi e che accoglie alcuni personaggi dalla caratterizzazione interessante, primo fra tutti Andrew.

Infine una considerazione sulla scelta della cover, che non ho trovato attinente, anzi addirittura fuorviante, rispetto alla trama del romanzo. La seducente donna resa cieca dalla benda nera, associata all’immagine dell’uomo adorante che la sovrasta, regala un’idea molto lontana dal contenuto e dal significato di questo romanzo.

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Voto Lady Kei 3

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