Recensione: Alessandro Magno di Paul Faure
Titolo: Alessandro Magno
Autore: Paul Faure
Genere: Biografia
Data di uscita 1989
So bene che un libro del genere ha poco a che fare con questo gruppo ma io leggo tutto e di più… e se c’è qualche amante di storia come me forse può farne buon uso…
Le biografie dei personaggi famosi non sono mai facili da leggere, sostanzialmente sono noiosi e lenti se non si è proprio propensi a questo tipo di scelta. Io ne ho lette diverse in vita mia e questo l’ho trovato ben strutturato dal momento che inizia con il racconto dei fatti storici che tutti conosciamo – o almeno dovremmo – per poi scendere ad analizzare altri aspetti quale l’uomo, l’eroe, il simbolo che è stato ecc..
Lo si scopre quindi un uomo deciso e forte in campo, ma fragile e sentimentale nel privato, succube in un certo qual modo delle due figure genitoriali decisamente ingombranti. Fragile a tal punto che, nell’ultimo periodo della sua vita, è come se non gestisse più il suo io lasciandosi sopraffare dalle emozioni più dure o da quelle più dolorose che lo porteranno alla morte. Morte di cui vengono analizzate diverse tipologie che annullano quella che comunemente passa per dovuta a una febbre misteriosa che lo avrebbe sopraffatto nonostante la sua giovane età.
Altamente superstizioso, Alessandro ricorre spesso agli oracoli che lo convincono di essere un dio in terra, figlio di Zeus/Ammone e paragonabile a Eracle e quindi capace di imprese impossibili ad altri. Si crede anche discendente di Achille, ma ne risulta una caricatura dell’eroe greco, senza vera forza d’animo e incapace di dominarsi.
Questa sua presunzione lo trasformerà in un tiranno travestito da buonista che si vedrà tradito da tutti i suoi amici fino al colpo di mano finale, cioè l’avvelenamento che, secondo una versione, lo porterà alla morte.
Dopo la scomparsa del suo amato Efestione, Alessandro diventa brutale, sanguinario, distruttivo e, nelle sue battaglie, stermina indiscriminatamente nemici sì, ma anche innocenti. Una sorta di terribile vendetta per la perdita di uno che, alla fine dei conti, era un povero ubriacone, come del resto lo stesso Alessandro, che lo si scopre doppiamente ubriaco: di potere e di vino.
Il libro analizza anche come la sua immagine venga innalzata a superuomo solo dopo la sua morte, anche se non è così per tutti i popoli che sono venuti a contatto con lui, portando Alessandro a essere il “grande” che è passato alla storia. In poche parole il mito sembrerebbe essere costruito più dai posteri come propaganda che da ciò che egli abbia effettivamente fatto in vita.
Il libro si conclude in modo, a parer mio, eccellente con uno spaccato sull’economia, sulla politica, sull’importanza dei civili al seguito dell’esercito di Alessandro che ti illustra la vera base che gli ha permesso di essere il grande conquistatore di cui ci racconta la storia, e soprattutto i cambiamenti che la “colonizzazione” macedone ha significato sotto questi stessi punti di vista, per il mondo venuto dopo.
Concludo con il ricordare che Alessandro ha edificato sette città che portano il suo nome di cui la più famosa è Alessandria d’Egitto. Esse erano in qualche modo collegate tra loro attraverso una fittissima rete di commercio che ha permesso la diffusione della cultura greca e occidentale.