Recensione: Captivating – Serie: Elite Protection Services # 2 di Onley James
Titolo: Captivating
Serie: Elite Protection Services # 2
Autore: Onley James
Editore: Triskell Edizioni
Genere: Contemporaneo, Age-gap MM
Target: 18+
Data pubblicazione: 9 marzo 2023
- Intoxicating qui la Recensione
- Captivating
- Exasperating
- Infuriating
- Satisfying
Jayne Shepherd ha passato tutta la vita a mimetizzarsi. Sorride. Ride. È piacevole. È anche un sociopatico. Le sue emozioni sono limitate. Amore, paura, desiderio non esistono nel suo mondo. E poi incontra Elijah.
Elijah Dunne aveva tutto. Nipote di una star di Hollywood. Bambino prodigio. Intoccabile. Poi un uomo ha rovinato ogni cosa. Elijah è volato a Los Angeles per cercare di dimenticare, ma ora è di nuovo tornato nei radar del mostro. Non crede si sentirà mai al sicuro.
E poi incontra Shepherd.
Elijah e Shep hanno solo una cosa in comune: entrambi indossano delle maschere. Shep fa sentire Elijah protetto e visto. Elijah fa sentire qualcosa a Shep. Ora che ne ha avuto un assaggio, non intende lasciarlo andare.
Tutti li mettono in guardia che ciò che c’è tra di loro non è reale. Shep è ossessionato da Elijah, non è innamorato. Ma Elijah brama quell’ossessione. Non riesce a immaginarsi la vita senza di lui. A Hollywood, essere un sociopatico è più un asso nella manica che una diagnosi. Shep può diventare il mostro in grado di sconfiggere i suoi demoni?
Captivating è il secondo volume della serie Elite Protection Services e contiene age-gap, giochi erotici, voyeurismo e una scena di interrogatorio molto sexy.
Trigger warning: riferimenti ad abusi sessuali su bambini.
«Autoconservazione. Tu dai agli altri ciò che desiderano perché non abbiano la tentazione di guardare troppo sotto la superficie notando quanto sono profonde le tue emozioni. Io faccio lo stesso per non mostrare quante poche ne provo. Ma il motivo di fondo è lo stesso.»
Una storia che ho trovato davvero affascinante, come altre di Onley James, grazie a due protagonisti molto intensi, di cui arriviamo a comprendere bene le sfaccettature solo con l’evolversi della lettura.
Era difficile respirare con lui che gli incombeva addosso a quel modo, le grandi mani appoggiate ai lati delle sue ginocchia. «So che sei arrabbiato, ragazzino, e so riconoscere la sofferenza… ma non sono bravo a comprenderne il motivo. Dammi una mano,» disse in un ruvido sussurro.
Elijah (che avevamo intravisto nel primo libro) è un attore di successo nonostante abbia subito abusi da piccolo proprio sul set. La madre (soprannominata Lucifer, per il suo livello di “amorevolezza”), gli fa da manager e lo ha costretto a deglutire il dolore e gli incubi ricorrenti per indossare la maschera perenne di una star felice e accattivante.
Perfino dopo che, stanco di nascondere il suo orientamento sessuale, ha fatto outing, la madre l’ha spinto a plasmare la sua facciata al fine di rendersi accettabile al pubblico, imponendogli atteggiamenti moderati e un fidanzato “adeguato”.
Elijah, quindi, non solo non ha mai avuto l’opportunità di accettare e affrontare i suoi traumi, ma non è neppure riuscito a trovare la propria identità, dato che è libero di essere se stesso solo nella privacy di casa sua. E quando Shep entra nel suo mondo come guardia del corpo, lui non vorrebbe altro che questo norreno muscoloso lo proteggesse da tutto e impedisse agli incubi di tormentarlo riportando a galla momenti del suo passato.
Qualcuno aveva ferito Elijah perché Shep non era stato lì a proteggerlo, e non aveva importanza che all’epoca non si conoscessero. Anche se erano passati anni, per lui era come una bruciatura fresca, e sentiva di aver deluso il ragazzo, di averlo lasciato vulnerabile.
Era folle, ma non riusciva a scrollarsi via quel pensiero. Lui gli apparteneva… era solo suo, e il mondo doveva saperlo. Doveva capire che Elijah era sotto la sua protezione. Voleva marchiarlo, imprimergli addosso il suo odore. Qualsiasi cosa pur di mostrare ai mostri che Elijah aveva una creatura mostruosa tutta sua.
Shep è molto più maturo di Elijah (un gap age di circa vent’anni) e ha il tipico atteggiamento da soldato: freddo, controllato e virile. Ma piccoli dettagli ci fanno presto capire che il distacco e l’imperturbabilità potrebbero essere dovute a un disturbo di personalità.
La capacità di intendere le relazioni sociali e le emozioni funziona in modo diverso rispetto alle persone normali, e per quanto crescendo abbia imparato a interpretare i segnali emotivi negli altri e a elaborare di conseguenza delle reazioni socialmente accettabili, la personalità camaleontica di Elijah lo confonde e lo obbliga a uscire allo scoperto, a dover chiedere per riuscire a leggerlo correttamente.
Shep guarda le persone normali con curiosità, per lo più. Osserva la loro confusione, ansia, le emozioni che li confondono come qualcosa di strano, anomalo, che lui non è capace di provare. L’assenza di giudizio lo rende anche un ottimo ascoltatore e confidente, cosa che Elijah apprezza velocemente.
La complessità del giovane attore lo stuzzica, così come la sfida di voler trovare il vero ragazzo dietro a tutte le facciate che è abituato a interpretare in pubblico, nel riuscire a leggere i suoi desideri, i suoi bisogni, ciò che si aspetta da lui. E questa è decisamente una novità, per un uomo che viene soprannominato cyborg.
«Se io sono Sam… tu cosa saresti? Una pecora?» chiese. Non c’era malizia nel suo tono. Nessuna emozione. Elijah scrutò il suo viso in cerca di segnali che lo indirizzassero verso la risposta giusta. Avrebbe voluto tornare a un minuto prima, con quelle braccia forti attorno al corpo, ma si trovò prigioniero di quegli occhi d’oro.
«Pensi che sia una pecora?» Aveva la bocca asciutta. Shep scosse la testa. «Sei un pavone che si crede un coniglio e cerca di nascondersi in una città piena di pecore.» Elijah sbuffò. «Meglio pecora che coniglio.» «Sono entrambe prede. È più sicuro essere direttamente il pavone.»
Per la prima volta Shep prova delle emozioni, tra cui eccitazione e senso di possesso, che lui non ha l’esperienza e le capacità per gestire in autonomia: l’istinto di prendere Elijah e marchiarlo, incatenarlo come qualcosa di “suo” è molto animalesco, e ci mostra un po’ di quanto il suo disturbo lo renda differente dalle persone con normali abilità sociali. Per fortuna può contare sui familiari per razionalizzare queste nuove emozioni fortissime e tenere sotto controlli istinti potenti. Allo stesso tempo, però, vuole convincerli a fidarsi di lui e del fatto che, nonostante la poca esperienza in tema di sesso e relazioni, grazie alla sua maturità, agli insegnamenti della madre psicologa e alla formazione militare che ha consolidato la sua disciplina nel seguire limiti e regole, saprà comportarsi in modo adeguato anche in caso dovesse essere ferito, ossessionato o arrabbiato.
«So che vuoi nasconderti, ragazzino. Ma non te lo lascerò fare. Dillo e basta.» Il sangue gli defluì dal cervello ai piani basi. «Esposto.» La parola gli sfuggì dalle labbra prima che potesse ragionarci su. «Ti faccio sentire esposto,» ripeté Shep guardandolo negli occhi come in cerca della verità. «E questo ti spaventa?» Si sentiva le orecchie in fiamme. Lo spaventava? «Non lo so.» «Non sembri spaventato.» Il cuore gli rimbalzò contro le costole. «Vuoi che lo sembri?» Shep sembrò rimuginare sulla risposta, cosa che avrebbe dovuto in effetti spaventarlo, ma non lo fece. Shep non gli faceva paura. Lo intrigava. Non gli era mai capitato di partecipare a quella sorta di danza, quello strano rituale in cui ci si girava attorno, valutando l’altro per capire come incastrarsi.
Credo che il punto di svolta che definisca il momento in cui la patologia di Shep non sarà pericolosa sia quando la sua ossessione si trasforma in devozione. Il rendersi conto che non solo desidera possedere Eli in quanto “suo”, ma che vuole a sua volta appartenergli, che vuole donarglisi affinché lui possa goderne come, quando e dove vuole. La sua difficoltà nel provare certe emozioni fa sì che goda del piacere che vede riflesso nell’altro, a prescindere dal motivo, dalla posizione, dalla modalità con cui lo prova. Lontano dall’essere una perversione sui ruoli di sottomissione e dominio, il modo in cui Shep si disinteressa del comando per lasciare che Eli lo possegga e usi il suo corpo per trovare il proprio piacere è una vera e propria dimostrazione di amore e venerazione.
«Mi lasceresti essere attivo?» Shep non capiva quello stupore. In quanti altri modi avrebbe potuto affermare di appartenergli? «Sì.» «Ti fidi che non ti farò male?» «Mi fido di te.» Shep ci pensò a lungo. «Ma se ce ne fosse bisogno potresti farmi male. Se ti va. Voglio darti tutto ciò di cui hai bisogno.» […]
Sono tuo. Questo corpo è tuo. Ti appartiene. Fanne quel che vuoi, se ti rende felice.» «Ma io voglio che anche tu sia felice.» Shep scrollò la testa. «Vederti felice è quanto di più vicino alla felicità io possa provare. Sei mio. Prendermi cura di te, darti ciò di cui hai bisogno… mi smuove qualcosa dentro, ma è il massimo che posso provare. Mi eccita quando mi usi per il tuo piacere, quindi possiamo fare tutto ciò che vuoi o che ti serve.»
La cosa in assoluto più attraente di questo romanzo, a parte l’esplorazione di quello che significa essere un sociopatico ad alto funzionamento, è il livello di sintonia che nasce tra i protagonisti, il perfetto modo di comunicare, e il rovesciamento di ruoli rispetto alla loro fisicità, ovvero il rapporto che si instaura tra chi detiene il comando e chi lo cede con il preciso scopo di dimostrare amore e devozione.
Molto dolci le loro prime volte: nessuno dei due, per motivi diversi, ha mai avuto una relazione né fatto sesso in modo completo, e il modo in cui si mettono in connessione esplorando il loro corpo e il loro piacere è delizioso e molto passionale.
A questo si aggiunge lo spaccato doloroso legato al passato di Elijah e al tema della pedofilia, che ci porta non solo alla ricerca di un cattivo da catturare e perseguire, ma anche e soprattutto lungo un faticoso percorso di rinascita che passa attraverso l’accettazione del proprio passato e la difficoltà di affrontarlo. Adorabile e perverso il modo in cui Shep riesce a fargli fare un passo avanti, trovando il modo di forzarlo, su sua richiesta, a rivivere un’esperienza drammatica con affetto e decisione.
«Sei il mio primo pensiero quando mi sveglio e l’ultimo prima di addormentarmi. Sei l’unica persona che mi fa sorridere. Quando ti allontani sento che mi manca qualcosa. Ti proteggerei con la mia stessa vita. È questo l’amore?»
Elijah si scostò e gli prese il viso tra le mani. «Credo proprio di sì.»