Recensione: “Curva di apprendimento” di Kaje Harper (serie Lezioni di Vita #4)
Buongiorno Fenici, oggi Ipanema ci parla di “Curva di apprendimento” di Kaje Harper (serie Lezioni di Vita #4)
Sono trascorsi tre mesi da quando hanno sparato al detective Jared MacLean. È in via di guarigione, ma teme di non riuscire a rimettersi abbastanza da tornare al lavoro. Non ha però alcuna intenzione di arrendersi. La sua identità di poliziotto è ben radicata nelle sue vene e farà il possibile per riprendersi il distintivo. Un tempo, Tony desiderava che Mac rimanesse per sempre a casa, al sicuro, ma vedere il marito combattere i suoi handicap è qualcosa di completamente diverso da un sogno che si avvera. Quando Mac è chiamato a offrire una consulenza per un’indagine che riguarda uno degli studenti di Tony, dovranno entrambi affrontare vecchi demoni e nuove paure per trovare il modo di continuare il loro cammino assieme.
Difficile procedere nella lettura di un romanzo scritto con tanta semplicità di linguaggio e di caratterizzazione. I personaggi qui sono tutti o “bianchi” o “neri”, nessuna sfumatura di grigio, nessuna imperfezione. Mac è il poliziotto tutto d’un pezzo, che ama il suo lavoro al punto da prendersi una pallottola in testa, rischiare la paralisi a vita e, quando si tratta di tornare al lavoro, impegnarsi come un pazzo con la terapia sia psicologica che fisica per essere pronto. Non pensa di dare ai propri figli e al marito la tranquillità che forse – dopo lo spavento che hanno passato – meriterebbero. Cerca di tornare in servizio (perché lui ama il suo lavoro più di ogni altra cosa) e farlo senza essere “preso in giro” dal collega bullo che non gli ha guardato le spalle e forse ha deliberatamente permesso che il poliziotto gay venisse messo fuori combattimento. Dall’altro canto, Tony, l’insegnante meraviglioso, amico dei suoi studenti al punto che gli adolescenti problematici si fidano di lui ciecamente, marito devoto e padre, dei figli di Mac, vive le sue ansie e incubi in silenzio per non “turbare” il marito convalescente. Vorrebbe che Mac si trovasse – come penso sia umano e lecito sperare – un altro lavoro ma, siccome per il suo compagno essere poliziotto “è tutta la sua vita” (e non lui, non i suoi figli e il benessere, la tranquillità della sua famiglia), se ne sta zitto e dice sempre di sì.
Ammetto: questo tipo di MM mi disturba. Ma sarà un problema mio. Tendo a cercare, in un libro che leggo e in un romance soprattutto, realismo. Personaggi veri, tridimensionali, descritti e caratterizzati a 360°. Persone e non personaggi, insomma. Uomini che non sono sempre tutti buoni o cattivi, a seconda delle situazioni, ma che siano capaci anche di reazioni irrazionali, o dettati dalla frustrazione del momento. Uomini che siano umani, insomma. Poi, va da sé che la trama può essere basilare. Ma che un compagno non condivida con il marito la frustrazione di vederlo lottare, come un pugile sul ring, per tornare in forma e a quel lavoro che lo ha quasi ucciso, senza sbottare e senza incavolarsi o sentirsi quanto meno messo in secondo piano, mi risulta difficile. Così come il buonismo imperante. In un rapporto non è mai tutto rose e fiori e non si litiga solo per aver schiacciato il dentifricio nel mezzo del tubetto o non aver messo i panni sporchi nella cesta della lavanderia. In un rapporto sentimentale, sia esso etero che gay, i problemi di convivenza sono molto più difficili da gestire e quelli dei sentimenti ancor più burrascosi.
Perciò, al di là della trama – interessante o meno, credibile o meno – questo romanzo non mi è piaciuto perché ripercorre gli stessi cliché di milioni di romance sentimentali M/F da cui rifuggo da tempo. Semplicità e stereotipi per tutto il testo. Peccato. La sinossi si presentava molto interessante.