Recensione: “Dark Games” di Anna Carey
Una ragazza senza nome e senza memoria si sveglia sui binari della metropolitana e l’unica cosa che è in grado di ricordare è che qualcuno la vuole morta. Con sé ha solo uno zaino e un coltello e sul polso ha uno strano tatuaggio con un uccello nero. Sunny deve scoprire chi è davvero e perché qualcuno sta cercando di ucciderla. Sente che la sua vita è in pericolo e l’istinto le dice che deve darsi da fare per salvarsi. Non è facile riuscire a capire cosa stia succedendo. Probabilmente è in corso una caccia all’uomo… E la preda è lei.
Questo è un libro di incognite accattivanti, una storia che trabocca di mille domande che si arrampicano implacabili nella tua mente, sempre più smaniose di affacciarsi all’esterno per trovare risposte esaurienti e definitive.
Ma non è detto che le trovino davvero.
Chi è questa ragazza senza nome che si risveglia distesa sulle rotaie della metropolitana di Los Angeles, senza ricordi e senza un passato, con un semplice uccellino tatuato su un polso assieme a dei numeri dall’oscuro significato?
Chi sono quegli sconosciuti che appaiono e scompaiono, la fissano e la inseguono, la braccano e la aggrediscono come se fosse l’ignara preda di una crudele caccia all’essere umano? Perché è di questo che si tratta, di un macabro gioco di ruolo perfettamente studiato in ogni particolare, di un’inquietante tiro al bersaglio il cui premio consiste nel soddisfare il cupo desiderio di strappare una vita al suo ignaro possessore.
Scelta anomala, scelta inconsueta quella del “tu”, la seconda persona con cui è narrata l’intera storia. All’inizio storci un po’ la bocca, poi ci fai l’abitudine e infine non puoi non approvarla a pieni voti. Diventi un tutt’uno con quel “tu”, così tanto da provare sulla tua pelle ogni dannatissima sensazione che questa ragazza percepisce o qualunque disavventura che si trova costretta ad affrontare, in un modo a dir poco adrenalinico.
Perché tu sei lei. Lei è te. E non esiste più nessuna linea di demarcazione.
E quella del “tu” diventa una scelta giusta. Una scelta molto più che azzeccata.
Man mano che la storia prosegue t’imbatti in sprazzi di memoria troppo miseri, troppo lenti, troppo insensati, col bisogno impellente di collegarli tra loro con un solido filo logico. Altrimenti la ragazza senza nome impazzisce. E tu rischi di perderti nei meandri dei suoi ricordi incompleti.
Mentre le domande nella tua testa sembrano moltiplicarsi. Chi è davvero questa ragazza? Chi le dà la caccia e perché? Chi è il macabro architetto di quest’oscuro teatrino?
Ma la cosa più difficile sarà decidere di chi fidarsi.
Della polizia, col rischio di essere scambiata per bugiarda in assenza di prove?
Di Ben, quel ragazzo così gentile che l’ha incontrata per caso in un supermercato e ha tentato di aiutarla in ogni modo possibile, nonostante il rischio di essere trascinato assieme a lei in una spirale di pericoli?
E quando i pezzi iniziano finalmente a incastrarsi tra loro, dandoti una visione d’insieme molto più chiara, arriva un’evoluzione totalmente inaspettata col suo bel carico di colpi di scena, quelli che ti fanno sgranare gli occhi per la sorpresa e t’investono con un pizzico di delusione. Perché non è così che pensavi sarebbe andata. Non è così che speravi sarebbe andata.
Insomma, consiglio questo libro perché è un sorprendente mix di thriller e romance con interessanti elementi di distopia.
La fuga di una giovane protagonista alla conquista della libertà e alla ricerca di un’identità.
Una storia dal ritmo sostenuto e accattivante, così rapido da sbatterti in faccia un’azione dopo l’altra, un dettaglio dopo l’altro, una sensazione dopo l’altra in modo febbrile, senza quasi lasciarti il tempo di metabolizzare il tutto, con un finale che non è un finale bensì un inaspettato punto di partenza per un seguito da cardiopalmo.
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