Recensione “Demon’s Game” di Gena Showalter (serie Lords of the Underworld #8)
I Signori degli Inferi: seducenti guerrieri immortali, legati da un’antica maledizione che nessuno è mai riuscito a infrangere… Un guerriero che non sopporta di perdere… Una donna che è una sfida continua… Quella tra Strider, custode del demone della Sconfitta, e Kaia, scatenata Arpia dai capelli di fiamma, sembra una storia destinata al fallimento. Eppure l’attrazione che vibra tra loro è travolgente. E quando lei viene invitata a partecipare ai sanguinari Giochi delle Arpie, la presenza e l’amore dell’orgoglioso guerriero diventano fondamentali per superare la dura prova che l’aspetta: vincere o morire. Perché lui, che lo voglia o no, è la sua anima gemella e dunque l’unico che può aiutarla. Ma forse il premio in palio non è quello che loro credono…
Nuovo libro e nuova coppia per la saga della Showalter: in uno schema che si ripete, capitolo dopo capitolo e che rischia di annoiare, l’autrice riesce a creare nuove situazioni e colpi di scena che rimescolano ancora una volta le carte dando vita a quello che, al momento, è il più dinamico libro della serie. Il libro di Strider, custode della Sconfitta, è infatti è il più ricco d’azione e forse il più ricco di intreccio relativo al quadro generale (non solo personale come era successo fin qui).
Ancora una volta la Showalter affianca al guerriero di turno la compagna perfetta, l’unica in grado di domarne il demone e conquistarlo.
Strider è il più narcisista ed egocentrico dei guerrieri, non per sua scelta ma per via del demone che custodisce, che ha bisogno di vincere sempre; avendo questo come unico obiettivo non si lega a nessuno.
Kaia, bellissima e letale Arpia, è esattamente come lui, egocentrica e narcisista, con la differenza che ha bisogno di legarsi al suo vero consorte per essere davvero invincibile. Riusciranno a mettere da parte se stessi per il bene dell’altro?
Strider è un personaggio che si ama da subito: arrogante, sbruffone, pieno di sé, ma del resto si sa, la fiducia in se stessi è la vera arma vincente; dietro questa facciata però nasconde (e nemmeno troppo bene) un cuore generoso che non riesce a venire a patti con le necessità del suo demone.
I polpastrelli si coprirono subito di vesciche. Non se ne curò: cos’era un po’ di dolore, quando c’era in ballo il benessere di Kaia? Pian piano il suo respiro si calmò, il nero e le fiamme scomparvero dagli occhi e la pelle si raffreddò.
«Un lavoro di prim’ordine, bambola» la lodò.
«Quando vuoi, zuccherino.» Il tono era rauco ma normale, segno che l’Arpia era sotto controllo.
Kaia è esattamente come le altre Arpie: bella, sicura, letale; anche lei ha la stessa arma vincente ma la sua corazza si incrina mostrando la donna c’è dietro: una donna come le altre, che vuole soltanto essere amata.
A parte il fatto che amo questo tipo di personaggi, quello che mi è piaciuto di loro è la sottile ironia che li accomuna e che viene fuori anche in situazioni delicate, ridimensionando le scene (sia d’amore che di battaglia).
«Su, racconta a papà Strider che cosa ti turba.» Ecco di nuovo quella voce profonda, carezzevole ed eccitante.
«Sto pensando che si applicheranno solo le regole carcerarie.» Lui scoppiò a ridere. «Cosa significa? Che non si può far cadere il sapone? La prima gara consiste in docce multiple comuni?»
«Niente docce, brutto pervertito. Devo uccidere subito l’Arpia più grossa e cattiva, così le altre mi lasceranno in pace.»
Il finale può sembrare scontato perché la Showalter assicura redenzione e lieto fine a tutti i suoi guerrieri, ma allo stesso tempo dona loro delle sfumature che un po’ offuscano questa felicità.
Il libro è ricco d’azione e già questo lo rende unico rispetto agli altri, ma soprattutto ne consiglio la lettura perché non potete perdervi l’unica sconfitta anelata da Strider!
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