Recensione: “Dire Wolf” di Raffaella Grandi
A soli diciassette anni, Elisa sa bene di non passare inosservata. Piuttosto alta, carnagione chiara e vellutata, lunghi capelli scuri, ogni giorno apre i suoi diffidenti occhi da cerbiatta su un mondo che non le pare più lo stesso, da quando ha capito di essere diversa da chiunque altro. La sua vita fin troppo serena e tranquilla, è infatti da poco stata sconvolta dalla scoperta di avere il “dono” di vivere gli ultimi momenti di vita di persone che stanno per morire in un posto non lontano da lei. L’angoscia di non essere mai riuscita a salvare le vittime pesa enormemente sulla coscienza della giovane ragazza, che comincia a porsi parecchie domande. Da cosa deriva questo “dono”? Ma, soprattutto, chi è veramente lei? Cosa la rende tanto diversa dalle altre ragazze della sua età? Grazie all’amico di sempre Sam e ai luoghi della sua infanzia, la protagonista proverà a ripercorrere la storia d’amore dei suoi genitori per tentare di capire le sue origini, ma strada facendo scoprirà ben presto che le persone che ama di più le hanno nascosto molte cose… Soprattutto una realtà che di “reale” ha poco o niente.
“Come è possibile che due anime vagassero l’una alla disperata ricerca dell’altra e improvvisamente si riconoscessero in due corpi definiti al primo tocco?”
Dire Wolf è stata una piacevole scoperta. Da tempo non leggevo libri che trattassero di licantropi e, per questo motivo, era adagiato comodamente nell’ereader da un po’.
Il romanzo racconta le vicende di Elisa, diciassettenne un po’ “anomala”, solitaria e che combatte da tutta la vita con una sorta di Toxoplasmosi, o almeno così crede lei.
Da sempre accompagnata da una sorta di dono che le crea non pochi problemi, riesce a percepire con pochissimo anticipo la morte delle persone e, attraverso i loro occhi, vive l’evento come se a morire fosse lei. Un grosso peso, dunque, anche perché lei è impotente, non riuscendo a salvare i malcapitati.
La sua vita cambia radicalmente quando scopre che nei suoi geni c’è effettivamente qualcosa di diverso, ma sicuramente non è una malattia!
Lei ha il genoma W che appartiene alle donne discendenti dalla razza dei licantropi. E cosa può esserci di così tragico? Niente, a parte il fatto che finora ne è sempre stata tenuta all’oscuro dai suoi familiari e dagli amici più cari. Le hanno nascosto tutto, dalla sua nascita alla sua malattia, dalle sue stranezze ai suoi poteri: niente di peggio può capitare a una giovane adolescente.
“Adesso avevo due sole certezze. La prima era che quasi niente era come appariva. La seconda era che la linea di demarcazione fra il bene e il male era così sottile e impalpabile da lasciare che l’uno si perdesse nell’altro, togliendomi così la rassicurante certezza di fare sempre la cosa più giusta e mettendo in dubbio tutto e tutti. Persino l’affetto delle persone che mi erano più care.”
Nella vita di Elisa fa parte Sam, un ragazzone prestante, di sicuri valori, da sempre innamorato di lei. Amore corrisposto, ma ovviamente tenuto segreto da entrambi.
“So leggere nel suo sguardo quando è arrabbiata, quando è preoccupata, quando si sta preparando a tagliarmi le gambe con una battuta sarcastica, quando sta per crollare…”
Un bel giorno accade l’irreparabile: durante una visione, vede la morte di un uomo a causa di un grosso lupo nero e con un occhio solo, il Dire Wolf. Un essere spregevole, sadico, antico quanto il mondo, che ama nutrirsi di umani e lo fa in un modo abbastanza atroce.
“Perché era me che Lui voleva…”
Inutile dirvi che da qui in avanti ci saranno tantissime scoperte, si conosceranno drammi, avventure e soprattutto la verità assoluta. Non posso raccontarvi di più perché la trama non lascia trapelare molto e di conseguenza non voglio rovinarvi la sorpresa.
Il romanzo, per una buona parte, è tutto incentrato sulla lenta scoperta di questa nuova vita e noi siamo pienamente coinvolti in tutti i risvolti e i drammi vissuti dalla protagonista. Siamo con lei quando si sente tradita dalle persone più care e quando capisce i sentimenti nei confronti di Sam; poi ancora quando incontra nuovi personaggi, uno su tutti Stephen, un lontano cugino che si rivelerà essere fondamentale per la sua esistenza; e infine siamo con lei quando combatte e affronta le sue paure più profonde. Insomma, l’autrice in questo è dannatamente brava. Non mancano persino le descrizioni minuziose degli scontri.
Una cosa però devo dirla: io sono una persona che adora il fantasy in tutte le sue sfumature e generalmente non amo leggere di drammi familiari perché la vita è già stata fin troppo dura con me, quindi quando leggo tendo a scappare dalla realtà e dai pensieri. Ciò non significa che sia una persona glaciale o che non comprenda le dinamiche della vita.
Credo che in questo romanzo l’autrice abbia voluto lasciare un segno nei suoi lettori, partendo dal tema dell’abbandono paterno con tutte le sensazioni che questo suscita in un figlio: dal senso di perdita al sentirsi indesiderato, non capendo il motivo di un tale atto, fino al pensiero costantemente rivolto al proprio genitore, nonostante le ferite che la sua scelta ha provocato, sperando che un giorno lui si presenti chiedendo scusa. Speranza che lascia il tempo che trova, ovviamente. Si passa poi alla riflessione su un uomo che padre biologico non è, ma che ha fatto di tutto affinché potesse essere presente per una ragazza che ha cresciuto come se fosse sua figlia.
“Sai, quando è nata Ely, io ero così felice che fosse nato un esserino tanto dolce e vitale che avrebbe me e soltanto me come padre. So che è stato orribile anche solo averlo pensato per una frazione di secondo, me ne rendo conto… Eppure è stato bello, per un attimo, pensare che qualcuno potesse amarmi veramente, non essere una scelta di ripiego.”
Mi sono sempre trovata dall’altra parte della barricata senza mai chiedermi quali pensieri potessero passare per la testa di colui che, pur non essendo sangue del tuo sangue, non ti fa mai sentire diversa da lui. Ed è terribilmente emozionante. Ecco, ora penserete che io sia, diciamo un po’ troppo emotiva, ed è vero, lo sono un bel po’, ma non posso fare a meno di scriverlo perché, al di là della storia, un libro deve trasmettere emozioni. Poco importa che siano belle o brutte. A me ne ha trasmesse tante. Perciò non posso far altro che ringraziare Raffaella e consigliare assolutamente la sua opera. Un po’ folle, piena di persone che si amano e di lupi che…. sono lupi con la L maiuscola!
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