Recensione: “Dolce e Letale (Valetti Crime Family Vol. 3)” di Willow winters
Buongiorno Fenicette oggi la nostra Aina ha recensito per noi “Dolce e Letale (Valetti Crime Family Vol. 3)” di Willow winters
Non faccio queste cose. Mi sento messo all’angolo come mai prima d’ora. Non m’importa essere uno stronzo quando ho a che fare con dei bastardi, lo considero come parte del destino avverso nei loro confronti. Ma questa merda? Non mi piace per niente, cazzo.
La Winters ci propone nuovamente il caso di una donna oggetto di tratta (in questo caso ridotta in schiavitù e “addestrata” alla sottomissione), affidata temporaneamente a un ragazzo mafioso che, senza dovere, si innamora di lei. Ammiro il fatto che, nonostante le premesse simili ai primi due volumi, la caratterizzazione dei personaggi così diversa abbia prodotto, di fatto, un romanzo interessante e tutt’altro che ripetitivo.
Il fulcro della storia è indubbiamente Kane: rimasto senza una cosca a parargli le spalle, deve sottostare al potere dei capimafia più forti e accettare di svolgere i compiti che gli affidano, anche se si tratta di tenere sotto controllo una ragazza in catene, che ha perso la sua identità a causa delle privazioni e della violenza con cui è stata soggiogata, umiliata e torturata fino a quel momento.
A differenza dei Valetti, Kane non prende in considerazione neppure per un attimo la possibilità di assecondare questo tipo di attività ai danni di esseri umani, ma dovrà prima trovare l’appoggio di una famiglia mafiosa per poter sperare di non uscirne dentro a un sacco nero.
Kane è il pilastro che tiene in piedi questo romanzo: un ragazzo tutto d’un pezzo, schietto, diretto, in cui pare che onore e rispetto per le donne siano parole ancora piene di significato.
Kane non è un padrone, non è un dominatore. Ha testosterone da vendere, ma non ha intenzione di trattare Ava come una persona di livello inferiore. Tuttavia, capisce la sua fragilità, il suo bisogno di essere rassicurata, e trova il modo per far sì che si fidi di lui e che inizi a ricostruire una sua personalità con piccoli passi graduali.
Molto ben riusciti gli approfondimenti psicologici, sia di Kane che di Ava: non era facile rendere lo sdoppiamento di personalità necessario per sopravvivere in stato di schiavitù, che non significa solo il controllo totale sui propri impulsi, pensieri, desideri in modo che il padrone non possa leggerli, ma anche un’accondiscendenza che si fa totale. Per poter sopravvivere, Ava ha elaborato una personalità sottomessa, dedita a servire, compiacere, dare piacere a chi la possiede (mai come in questo caso è un termine corretto), che non risponde più solo a minacce o ordini diretti, ma capace di agire in modo preventivo, attivandosi per il suo dominatore prima che questi possa indisporsi nei suoi confronti. Un lavaggio del cervello in piena regola, insomma, che la porta ad avere una capacità decisionale pari a quella di un cucciolo e ad essere alla costante ricerca di conferme, come quella di sentirsi dire che è stata una brava ragazza.
Ava ha, di fatto, annullato la sua identità, nascondendo i suoi bisogni, i suoi desideri. Un atteggiamento che non cambia in automatico con la liberazione dalla schiavitù, e che finisce per alterare persino il rapporto con Kane, con l’uomo che la ama: Ava riesce a leggere i suoi bisogni e le sue aspettative, pertanto risponde o reagisce nel modo in cui sa che a lui piacerebbe. Mente, assecondando un meccanismo che le ha salvato la vita, anche se, ora che è libera, non servirebbe più.
Le dinamiche della trama si sviluppano in un crescendo sempre più intenso e pieno di adrenalina, come già notato nei volumi precedenti, ma stavolta in modo più fluido, mescolando bene azione e sentimento.
Finale forse un po’ affrettato, sia nel voler a tutti i costi concludere la storia d’amore nel modo classico tanto amato dagli americani, sia nell’arrivare a dichiarazioni d’amore quando ancora non c’è stato modo di maturare quel sentimento, senza essere prima passati per l’interessamento, per l’innamoramento. Avrei anche voluto che a Kane fosse dato il tempo per conoscere la nuova Ava, quella che aveva ritrovato se stessa dopo aver lottato per la sua personalità.
Ma l’aspetto che ho amato meno del romanzo è stata la sensazione che le scene piccanti fossero state aggiunge in un secondo momento, magari a fine stesura, come elementi che devono esserci “perché il pubblico li desidera”.
Risultano innaturali, avulse, così come le dichiarazioni d’amore estemporanee e affrettate.
Sembrano inserite in modo irrispettoso, con eccessiva passione rispetto allo sviluppo naturale delle cose, su delle psicologie che non sono ancora pronte. Per di più sono scene descritte con linguaggi volgari, espliciti, incoerenti con le emozioni di poco prima.
Traduzione non impeccabile, ci sono alcuni refusi e alcune frasi che avrebbero potuto essere più scorrevoli, ma lo stile narrativo è crudo, diretto, il ritmo rapido ed efficace.
A differenza del secondo volume, i Valetti e le loro compagne compaiono in modo più defilato, quindi questo volume può essere tranquillamente letto stand-alone.
«Shh. Va tutto bene. È tutto a posto.»
«Sono ancora la tua Brava Ragazza?» chiedo.
Mi guarda con un’espressione afflitta. Sono ancora brava. Posso essere la sua Brava Ragazza. È successo solo una volta. Sono ancora brava. Posso comportarmi ancora bene. Ho bisogno che mi perdoni. Ho bisogno di essere la sua Brava Ragazza. Altrimenti non sono niente.