Recensione: Dress code rosso sangue di Marina Di Guardo
Titolo: Dress code rosso sangue
Autore: Marina Di Guardo
Editore: Mondadori
Genere: Thriller
Data di pubblicazione: 19 Ottobre 2021
Cecilia Carboni ha venticinque anni e per buona parte della vita si è ritrovata a seguire, suo malgrado, i diktat imposti dal padre Alberto, uno dei più quotati avvocati milanesi. Proprio per volere suo, si è laureata in Giurisprudenza e ha iniziato il praticantato nello studio legale di famiglia. Il suo futuro sembra già delineato, quando un giorno le viene rivolta una proposta allettante: lavorare nel prestigioso showroom di Franco Sartori, uno degli stilisti più celebri al mondo. Lei, da sempre appassionata di moda, per una volta non ha esitazioni, e sceglie di darsi finalmente la possibilità di decidere da sola della propria vita, senza tener conto del parere degli altri, compreso quello del fidanzato Andrea, avvocato a sua volta e collaboratore di Alberto. La scelta si rivela azzeccata: Cecilia è brava, chiude contratti importanti, tanto che brucia le tappe, fino ad assumere un ruolo di rilievo alla Maison Sartori, nonostante Georgette Lazare, direttrice dello showroom, le remi contro. Ma il destino ha in serbo per lei amare sorprese. Franco Sartori viene trovato assassinato in un cascinale in rovina. È chiuso in una custodia di seta dei suoi abiti da sera, ha una croce rovesciata incisa sul petto e, circostanza ancora più sconvolgente, il suo corpo è collocato dietro una sorta di altare allestito con gli inconfondibili elementi di una messa nera. Per Cecilia è l’inizio di una caduta verticale agli inferi. Sono le convulse settimane delle vendite primaverili, e lo showroom si popola non solo di clienti, ma anche di poliziotti, misteri, segreti insospettabili e purtroppo anche di nuove vittime, ancora in contesti inquietanti. Chi c’è dietro gli omicidi? E se fosse proprio Cecilia la prossima nella lista? L’abisso è pronto a inghiottirla, svelando verità che mai avrebbe immaginato. Con il suo nuovo thriller, Marina Di Guardo questa volta ci porta tra le mille luci (e ombre) del jet set milanese, dentro ai locali più esclusivi e ambigui della città della moda e giù in fondo al cuore, a volte nerissimo, dei suoi protagonisti.
Dress code rosso sangue, di Marina Di Guardo, è un libro di cui mi aveva colpita subito la copertina, inutile negarlo; il titolo accattivante e la bellissima ragazza in primo piano mi avevano creato molte aspettative.
Purtroppo, però, sono rimasta delusa da tutto l’evolversi della storia: il libro parte con un prologo esplosivo in cui viene rinvenuto il corpo di Franco Sartori – famoso stilista di Milano – in un’ambientazione che fa molto messa nera.
La protagonista, Cecilia, che lavora nello showroom dello stilista, è anche sua amica; dopo aver riconosciuto il cadavere, decide, insieme al migliore amico Fabio, di svolgere un’indagine parallela a quella della polizia per scoprire il colpevole e non lasciare che la memoria dell’uomo ucciso sia associata al satanismo.
La trama, tutto sommato, prometteva bene, ero impaziente di sapere chi fosse il colpevole… peccato che l’abbia capito già al quinto capitolo.
Però non è questo il motivo che mi ha fatto storcere la bocca, perché comunque sono rimasta in attesa della spiegazione di cosa avesse spinto l’assassino a commettere l’omicidio, facendomi i peggio film mentali e le peggio teorie. Alla fine, il movente è risultato qualcosa che non avevo preso in considerazione, ma soltanto perché il più scontato.
Ancora una volta, però, non è stata neanche questa la ragione che mi ha disturbata; ciò che mi ha fatto davvero faticare ad andare avanti nella lettura è stata l’inverosimilità dei personaggi e delle loro conversazioni, ricche di paroloni senza motivo apparente, con tematiche magari anche importanti, ma affrontate in modo un po’ infantile. Ci troviamo praticamente tutto il tempo a leggere di Cecilia che litiga con Andrea – il suo ragazzo – perché lui non sopporta Fabio e cerca di continuo di controllarla, spingendola con ripicche a sottostare alla sua volontà, come faceva il padre di lei.
Cecilia è forte e gli tiene testa, ma alla fine è sempre una bambina; ha atteggiamenti molto immaturi e finisce sempre per perdonarlo e chinare la testa, nonostante Fabio cerchi di indirizzarla verso un rapporto migliore, quello con il commissario Remo Rapisarda, il quale, inconsciamente li aiuterà spesso nelle indagini.
Ho trovato anche questa parte un po’ improbabile: insomma, quale poliziotto dopo aver interrogato qualche volta una ragazza si fida subito di lei, tanto da confidarle informazioni importanti sull’indagine che sta seguendo? È un po’ forzata come cosa.
Tante persone trovano lo stile della Di Guardo molto scorrevole, ma non mi trovo d’accordo con loro. Il fatto che abbia lasciato un finale aperto mi ha demoralizzata. Personalmente ritengo che questo thriller abbia già fatto il suo corso, le cose che celava sono già state svelate e pare non abbia più niente da dire.
Spero di sbagliarmi, ma questo lo scopriremo solo nel prossimo libro.