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Recensione: “Duke (Serie R.U.D.E. #3)” di Naike Ror

Las Vegas, giugno 1997

«Prima o poi ti ci chiudo davvero in quel barile pieno d’acqua» minacciò, sussurrando, la Duchessa avvicinandosi alle labbra dell’uomo.
«Oh, Sunrise, minacci di uccidermi almeno cinque volte al giorno, finirà che quando mi ucciderai davvero sarò sollevato dal non sentirti più dirmi le stesse cose» replicò flemmatico il Duca.

Las Vegas, giugno 2016

Il presunto cadavere di Duke Guillelm Leroy, il più grande escapologista dai tempi di Houdini, viene trovato in avanzato stato di decomposizione all’interno di un barile pieno d’acqua.
Un probabile omicidio per la polizia di Las Vegas; l’ennesimo scherzo di cattivo gusto secondo Hunter, unico figlio legittimo di Duke.
Il macabro ritrovamento, omicidio o beffa che sia, obbliga però Hunter a tornare a Las Vegas e con lui anche Paige Lee e Cody, adottati dal padre quando erano bambini.
I tre si ritrovano quindi, dopo quasi dieci anni, nell’ambiente fatto di paillettes, champagne, gioco d’azzardo e gelosie che li ha visti crescere e dal quale sono fuggiti, perdendosi di vista.

«Semplice: io sono l’uomo di latta, senza cuore, tu sei lo spaventapasseri, senza cervello e se tanto mi dà tanto, dietro la porta ci sarà Dorothy» concluse Hunter.
«E se invece ci fosse il mago di Oz?» chiese Cody.
«Il mago uscirà fuori al momento opportuno, fidati!» replicò suo cugino.

Odio, amore, ricatti, passione, inganni e un amore impossibile.
Conti riaperti, altri saldati.
E forse, una seconda possibilità per tutti.
Ma quel che accade a Las Vegas, può davvero restare per sempre sepolto a Las Vegas?

“«E se non funzionasse tra noi?» le domandò a bassa voce, fermando le labbra e respirando a pieni polmoni.

«Non smetterei comunque mai di amarti» rispose lei sicura.

«Non smetterò mai di amarti nemmeno io.»”

 

Romanzo molto originale, innanzitutto per il genere; uno stile che mescola il giallo con delle sfumature rosa, che emergono soprattutto nella seconda parte.

La vera peculiarità è la caratterizzazione dei personaggi, in particolare di Hunter. L’autrice è stata capace di caratterizzare un Uomo di Latta in modo profondo e preciso, senza snaturarlo mai, senza farlo uscire dai suoi bordi. Riesce a farlo rimanere sempre se stesso, a costo di farlo risultare odioso, e a costo di osare un finale anticonformista.

Hunter è glaciale, razionale, orgoglioso e impassibile alle emozioni; non chiederà mai scusa. Solo una donna come Paige Lee, che lo ama fin da quando era bambina, può sopportare una persona del genere, i suoi atteggiamenti scostanti, le sue mancanze, il tempo perso per stare insieme, i soldi buttati. “È un libro che punta sul sollievo di avere accanto, nella realtà, un uomo diverso da Hunter”, ho pensato al termine della lettura!

Forse però il fatto che gli altri personaggi debbano ruotare attorno a lui ha fatto sì che questi possano risultare un po’ troppo malleabili, adattabili. Con la scusa dell’amore gli perdonano molto, e non si affonda abbastanza il coltello sulla sofferenza provocata da decenni di separazione e da litigi e incomprensioni.

 

Lo stile è preciso e asciutto, molto in linea con un thriller pieno di suspence, in cui indizi contrastanti continuano ad avvicendarsi, e molto in linea anche con questo personaggio glaciale, freddo, quasi asociale: il perfetto cuore di latta. A mio avviso, però, questo ha condizionato anche la percezione degli altri personaggi, col risultato che non c’è abbastanza cuore neppure in loro. Forse per il fatto che anche le scene di sesso sono piuttosto minimali, che la storia d’amore si sviluppi molto tardi (nonostante premesse decennali), e che anche i rarissimi momenti di apertura di Hunter nei confronti della donna che ama sono descritti con pochissime pennellate precise e delicate. Questa tenerezza asciutta non è stata in grado di farmi innamorare del personaggio, innamorare alla storia, sognare, e quindi coinvolgermi al 100%.

In fondo, non è un romanzo d’amore, ma un romanzo che dedica buona parte della trama a svelare un enigma, a depistare il lettore, a farci improvvisare detective.

Cody è un personaggio che, alla fin fine, viene un po’ trascurato. Per quanto riguarda gli altri protagonisti, invece, la risoluzione mi è sembrata troppo facile, patinata. Paige Lee, che ha un caratterino non indifferente, ha finito per risultare troppo accondiscendente considerando che Hunter è così difficile. È verissimo che lei lo ama, lo capisce, accetta tutti i suoi difetti, ed è l’unica che può accettare una persona così antipatica. Paige Lee sa che, nonostante la freddezza gli impedisca di mostrarlo, Hunter la ama. Sostanzialmente lo accetta per quello che è, completo di tutti i suoi difetti e della sua impossibilità di cambiare. Ma lo fa arrendendoglisi.

In merito alla trama gialla, senza entrare nel merito, è un continuo di scoperte, di svolte. È una trama un po’ sfilacciata, nel senso che ci sono diverse persone che indagano, ma non tutte le loro ricerche si intrecciano. Nel suo essere essenziale, nel tentare di non essere troppo prolissa o esplicativa, l’autrice ha ridotto all’osso le spiegazioni relative all’indagine, anche quelle conclusive. A un certo punto non si capisce se c’è uno scambio di informazioni oppure no, e il minimalismo dell’approccio stilistico mi ha lasciato qualche ombra su dettagli di poco conto.

Tutti questi sono giudizi volti a qualificare un racconto assolutamente originale e di qualità. Di fatto, l’unica cosa che mi trattiene dall’assegnare cinque stelle piene è il livello di coinvolgimento. Non sono riuscita a soffrire tutti questi vent’anni di separazione tra i due amanti, non li ho vissuti in modo intenso. Il fatto che Hunter si allontani da Paige Lee così tanto a causa di un semplice battibecco mi ha dato la sensazione che lui non abbia sofferto affatto. Nonostante il suo carattere glaciale, avrei voluto sentirlo.

 

 

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