Recensione: Era di Jennifer Saint

Autrice: Jennifer Saint
Genere: romanzo storico mitologico
Editore: Sonzogno
Data di pubblicazione: 25 febbraio 2025
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Figlia di Crono e Rea, sorella e alleata di Zeus durante la guerra contro i titani, Era ha combattuto con coraggio per liberare l’universo dalla tirannia del padre, instaurando un nuovo ordine sotto il dominio degli olimpi. La loro vittoria, però, non è gloriosa come sperava: mentre Zeus e i fratelli si spartiscono i regni del mondo e danno vita ai mortali, Era si ritrova a mani vuote, esclusa dal potere, costretta a guardare mentre la sua autorità viene svilita e ignorata. Ma lei sa di essere nata per governare, e in un modo che nessuna divinità ha mai osato nemmeno immaginare: è determinata a prendersi ciò che le spetta di diritto, plasmata dalla furia della delusione e dal dolore del tradimento. Sarà disposta a scendere a patti con se stessa, rischiando di perdersi e di rinunciare a ciò che più le sta a cuore, o riuscirà a trovare la strada per riportare la giustizia sull’Olimpo? Con il talento narrativo che le ha fatto conquistare migliaia di lettori, Jennifer Saint restituisce una voce autentica a uno dei personaggi più conosciuti e fraintesi del mito: non più sposa gelosa o dea crudele, ma guerriera leale e vendicativa quando necessario – e, soprattutto, onnipotente regina degli dèi. Un ritratto attuale e travolgente di Era, potente tra i potenti, costretta a sottomettersi nel ruolo di moglie e madre, ma nata per sovvertire tutte le regole.
La dea greca Era è famosa come la matrona dell’Olimpo, la moglie di Zeus tremendamente gelosa, capricciosa e vendicativa contro le amanti e i figliastri del marito. Il romanzo che la vede protagonista approfondisce le sue vicissitudini e ci mostra i suoi pensieri, permettendoci di comprendere meglio le emozioni e i tormenti interiori.
Era è una Dea, sorella di Zeus. Insieme, lei e i fratelli hanno sconfitto il padre Crono (il “dittatore” precedente), e in quanto essere soprannaturale primordiale assiste alla creazione degli esseri umani e attraversa le varie fasi di sviluppo della terra e dell’evoluzione. Con esse, inaspettatamente, assiste anche alla nascita del patriarcato.
Era si sente una dea guerriera: ha sconfitto da sola i titani sulla terra, mentre gli altri figli battevano Crono nei cieli. Quando all’improvviso Zeus prende il potere per sé e i fratelli maschi, arrogandosi il ruolo di Re degli Dei dell’Olimpo e assegnando alle sorelle solo ruoli secondari, Era è sconvolta, troppo sorpresa per opporsi. Viene privata del diritto legittimo di sedere su un trono insieme agli altri vincitori e di governare insieme a loro, da pari a pari.
Non solo: dopo averle usato violenza e averla presa in moglie, Zeus la nomina dea del matrimonio, della fedeltà e del parto. Quindi, oltre a sentirsi ferita nell’orgoglio perché il suo ruolo di donna viene legittimato solo in quanto “moglie” di un re, è arrabbiata a morte perché l’ambito del suo potere è svilente e privo di interesse per lei, limitato al femminile, e senza speranza di soddisfare le richieste di donne nella sua stessa situazione, costretta a raccogliere le preghiere di vittime stuprate e poi obbligare a sposare l’abusante.
Si sente, poi, presa in giro nell’essere il riferimento per la famiglia, lei che per prima è una madre pessima.
“Gli dèi sono in grado di fare tante cose: riescono a controllare le condizioni del tempo, a cambiare aspetto, a modificare il paesaggio. Ma non possono alterare lo scorrere del tempo. Era non può tornare indietro. Gli dèi sono orgogliosi, sprezzanti, sempre pronti a giustificare le loro azioni. Lei ha provato l’ira divina, ha conosciuto la rabbia e la frustrazione. Gli dèi possono avere paura, esultare, provare repulsione o entusiasmo. Per la maggior parte del tempo si annoiano. L’emozione che sta provando ora, quella che le striscia sulla pelle, è nuova. È un’ondata pungente che le attraversa il corpo, un fuoco lento e doloroso. Vergogna. È questo che le ha lasciato Zeus. Un’umiliazione che la dilania, che le fa stringere i pugni con tanta forza da conficcarsi le unghie nel palmo.”
È arrabbiata, si sente usurpata, e il suo spirito combattivo è teso a organizzare un golpe per rovesciare Zeus e riprendersi il trono che le spetta di diritto, basato sulle pari opportunità.
I molti tentativi risultano tutti infruttuosi, si scontrano con la paura delle sorelle di aiutarla e il disagio dei figli nel contrapporsi al padre, e lei incarna perfettamente la donna sola che lotta per l’emancipazione in un mondo che non è pronto a sostenerla.
Orgoglio ferito e risentimento covano in lei e alimentano la nascita di quella che diventerà una dea e una moglie nota per le sue sfuriate vendicative; entreremo nelle sue emozioni, assisteremo ai fallimenti come madre, al balletto dei giochi di potere con Zeus. Deve usare l’astuzia, perché la forza contro il fratello-marito non è sufficiente. Eppure non rinuncia, si incaponisce, diventa sempre più rancorosa e vendicativa fino a quando la corsa al potere la consuma, e il suo scopo finisce per ridursi a prevalere su Zeus, in una battaglia per affermare il proprio potere fatta di scaramucce, piccole ribellioni, sabotaggi e ritorsioni, cattiverie in cui le vittime spesso e volentieri sono gli umani, le amanti e i figliastri di lui.
Perché, visto che spesso queste amanti non sono neppure consenzienti, Era non entra in empatia con loro e non se la prende con Zeus? Non ama il marito, lo detesta, dopo lo stupro subito e la presa del potere. È quindi tutt’altro che gelosa. Il fatto è che i suoi continui tradimenti la umiliano come donna e sviliscono il suo ruolo di dea del matrimonio e della fedeltà. Inoltre, ciò che teme maggiormente è che dalle scappatelle vengano generati figliastri potenti (come Athena o Ercole) a cui Zeus possa assegnare i due troni ancora vacanti sull’Olimpo e sui quali ambisce insediare i suoi figli.
“Gaia ama tutti i suoi figli. Gli dèi, i titani e le creature come voi. Ha dato vita a un mondo dove possiamo vivere uniti, in pace. Prima Urano l’ha governato con violenza, poi Crono l’ha dilaniato con la guerra, e adesso è il turno di Zeus. Gli uomini vogliono solo dominare e depredare. I mostri devono essere esiliati, le donne usate e distrutte. Zeus e Poseidone danno l’esempio, gli altri li imitano.”
Nel complesso, è stato interessante ripercorrere i miti che hanno interessato la protagonista e veder scorrere il tempo davanti a lei, assistendo alla nascita di dei e semidei rinomati, all’ampliarsi delle sedute sull’Olimpo, ai conflitti e alla loro caduta. E contestualmente, lo scorrere del tempo sulla terra, l’evoluzione nella cultura, nel sapere, nella fede.
Una rilettura nel punto di vista di chi non ha potuto essere parte del gotha grazie ai propri meriti e tenta in tutti i modi di ottenere ciò che le spetta.
Centrate in modo efficace, a mio avviso, sia lo spettro dell’introspezione di Era, sia l’ambientazione, a cavallo tra il soprannaturale e quella terrestre.
“Non aveva mai immaginato che creature plasmate dall’argilla per intrattenere gli dèi potessero avere una vita interiore così ricca. Una volta, aveva detto a Zeus che gli umani non avrebbero mai potuto assomigliare a loro, non nello spirito. In passato, ascoltandone le storie, aveva sempre sentito solo il potere degli immortali – gli immortali che viaggiavano in ogni angolo del mondo, maestosi e splendenti, tenendo in pugno le vite di coloro che li adoravano. In quella città, invece, ha scoperto che i mortali raccontano storie anche su se stessi – storie appassionate, furiose, toccanti, tragiche. Gli dèi hanno creato gli uomini, ma adesso Era vede gli uomini creare gli dèi – proprio come le ha raccontato Atena –, mettendoli al centro delle opere d’arte, delle poesie, dei drammi e della filosofia. Non è più sicura che abbiano davvero bisogno degli dèi reali: gli bastano le versioni che hanno creato. E l’equilibrio si è invertito, al punto che adesso sono gli olimpi ad aver bisogno dei mortali. “
Un elemento che avrei voluto fosse meglio esplorato, storicamente ma anche con spirito critico, è la connessione che viene data per scontata tra lo stupro e il matrimonio riparatore. Poiché questa è la normalità delle unioni riportate nel romanzo non solo tra gli Dei, viene da pensare che fosse la modalità comune con cui in passato si arrivasse al matrimonio. Non è però spiegato come si arrivi a questa forzatura, se si tratti di una questione di perdita di verginità (che, una volta rubata, “rovina” la donna per ogni altra possibilità), oppure se lo stupro rappresenti una sorta di “conquista” del corpo femminile di cui in seguito l’uomo si sente, venendole legittimato socialmente, il possessore.
Se devo aggiungere ancora un piccolo appunto, trovo che il ritmo non sia molto incalzante. Ci si sofferma un po’ troppo sugli stessi pensieri e, per quanto i personaggi siano stati ben dipinti e caratterizzati, manca un po’ di verve che renda la lettura entusiasmante. Forse una delle cause è l’utilizzo del tempo presente, necessario, a mio avviso, per non incorrere in fastidiose ambiguità con il nome della protagonista.