Recensione: “Fuori posto” di Chiara Avanzato
Buongiorno Fenici! Oggi Tracy ci parla di “Fuori posto” di Chiara Avanzato
Nella Sicilia del 3225 d.C. poche facoltose famiglie hanno il privilegio di vivere per millenni. Solo i più colti hanno accesso al potere mentre la restante parte della popolazione conduce una breve esistenza dedita al lavoro che i loro padroni non vogliono svolgere.
La tecnologia ha cancellato la fame nel mondo sfruttando la produzione ottimizzata e coltivazioni e allevamenti basati sulla manipolazione genetica.
Edan è un giovane lavoratore troppo astuto per tenere la testa bassa. Leandro, invece, è il figlio di una delle famiglie più ricche della Sicilia. È il custode di un tremendo segreto a cui l’amore giocherà un brutto scherzo. Le vicende dei due protagonisti si intrecceranno in una continua discesa nel macabro.
Un romanzo decisamente unico nel suo genere, parliamo di distopico, con una narrazione particolare e molto descrittiva.
Siamo in un futuro avanzato, dove il mondo è evoluto in maniera abnorme. Le malattie sono state sconfitte, ma solo le famiglie più facoltose, che hanno costruito un impero sulla loro appartenenza a una casta ristretta, possono beneficiare di tali scoperte.
Il mondo si divide in due: le famiglie che si sono poste a capo della popolazione mondiale, che sfruttano la genetica sia per il loro tornaconto personale – non ammalarsi, non invecchiare, non accoppiarsi per generare la prole – sia per arricchirsi, manipolando le coltivazioni e gli allevamenti, aumentando così il proprio potere economico in campo internazionale.
Ci sono delle vere e proprie “battaglie” per la supremazia di una determinata derrata alimentare o coltivazione, che porta lustro alla famiglia che la possiede. È come un enorme mondo feudale che è tornato indietro su alcune regole base, come il contrarre matrimonio tra consanguinei (le tare ereditarie naturalmente sconfitte in laboratorio) e il rafforzamento del buon nome che portano. Non si mischiano con gli altri, hanno carnagione impeccabile e caratteristiche cromatiche che li distinguono dagli altri, sembrando, alla popolazione che dominano, quasi degli dei.
Tutti gli altri sono considerati quelli “nati poveri”, ossia la classe operaia, da cui vengono scelti, in età adulta, i vari membri e indirizzati al lavoro del proprio futuro. Non si può scegliere, non ci si può ribellare e ogni azione non gradita è causa di arresto e deportazione in cave o in situazioni talmente infime, che ci si deve quasi augurare la morte.
Non ci si fa domande, se si appartiene a questa categoria si eseguono gli ordini, si ringrazia per ciò che si ha e ci si gode il cibo e i pochi privilegi che vengono concessi.
Tutto ciò va bene, fino a quando qualche coscienza non “si sveglia” e non si chiede se ci sia un ordine diverso di prospettiva, delle regole diverse di vita, che riporterebbero gli uomini tutti allo stesso livello.
«Non penso di poterne fare a meno» aggiunse infine Edan, poi continuò: «Abbiamo letto un libro, lo sai cos’è? È come leggere da un videolettore, ma ciò che c’è scritto, risale a millenni fa. È stato stupendo. C’erano parole incomprensibili, ma grazie a loro sono riuscito a capire di che parlava. E questa non è la parte migliore.»
Ma questo risveglio non resterà di certo innocuo, perché ovunque avverrà – come accade a Edan, giovane lavoratore di una costruzione stradale, o allo stesso Leandro, figlio promettente di una ricca famiglia – porterà scompiglio e disastri.
I pensieri dei due giovani, seppur distanti, si svolgono quasi in parallelo, ognuno che cerca la sua strada, provando a essere il se stesso del futuro, ma coinvolgendo nel suo cambiamento anche quelli che vi stanno intorno.
Pur avendo una evoluzione, la storia ci lascia orfani di quello che accadrà dopo i fatti narrati, con la sensazione che i cambiamenti si sono attuati, ma non dove hanno portato.
Vari riferimenti alla letteratura classica, così come la trattazione del tema, in una prospettiva in terza persona, che mi ricorda alcuni autori americani di metà secolo.
Vi siete chiesti chi sta narrando questa storia? Perché chi scrive ha scelto il passato remoto e la terza persona?
La narrazione è un’arte che richiede pazienza e impegno, passione e coraggio, ma come scegliere quale, fra le tante storie, valga la pena di essere raccontata?
Il romanzo non è molto lungo, si legge bene, anche se in alcuni punti manca un certo stacco tra il POV di un protagonista e l’altro, da attribuirsi molto probabilmente alla versione ebook e a qualche stringa di impaginazione non attivata.
A questo punto direi che aspetto le prossime opere dell’autrice per una lettura di certo piena di grande aspettative.
Buona lettura