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Recensione: I Am A Killer – Stagione 1 –

I Am a Killer è una docu-serie veramente imperdibile per gli amanti del genere, pronti…. via!

I Am A Killer
Progetto grafico a cura di Marina Alesse

I am a killer è una docu-serie targata Netflix che ripercorre le storie di dieci condannati a morte per delitti capitali.

L’obiettivo della serie è quello di far comprendere come ci siano state spesso delle motivazioni sociali, ambientali e psicologiche che hanno spinto questi detenuti a compiere il folle gesto di uccidere altre persone, a volte estranee, a volte a loro care.

Il tentativo è quello di umanizzare, per quanto possibile, i detenuti nel braccio della morte che, spesso, sono visti solo come dei mostri assetati di sangue.

Dalla reintroduzione della pena capitale negli USA, avvenuta nel 1976, più di 8.000 detenuti sono stati condannati: molto spesso queste persone vivono anche per vent’anni nel braccio della morte prima di essere giustiziate e, in molti casi, metà della loro vita l’hanno trascorsa proprio dietro le sbarre.

Molti di loro dimostrano rimorsi e sensi di colpa per ciò che hanno fatto e mi sono sembrati davvero sinceri: nessuno può salvarli dalla condanna, ma ciò da cui non hanno davvero scampo è la consapevolezza di aver tolto la vita a un’altra persona, ingiustamente e, a volte, in maniera molto crudele.
Che sia forse questa la vera pena capitale?

Le storie di questi detenuti mi hanno colpito molto per la loro drammaticità: nelle dieci vicende ripercorse in questa serie è messo in evidenza come quasi tutti i colpevoli di omicidio che si raccontano abbiano avuto infanzie da incubo: con madri e padri disfunzionali, passati di abbandono che li hanno resi più vulnerabili facendoli diventare giovani adulti vittime di alcol e droghe oltre che individui che utilizzano la violenza come risposta a tutto: senza giustificare i loro atti, che sono sbagliati e devono essere condannati nella maniera più assoluta, ammetto che sentir parlare i loro parenti, vedere le foto di quando erano piccoli, sentirli raccontare le vicende tristi del loro trascorso, me li ha resi più umani, spingendomi a cercare di comprendere il percorso che li ha portati ai loro comportamenti.

Tra tutte le storie narrate alcune mi hanno colpito di più: la vicenda di Kenneth Foster mi ha lasciato molto sorpresa poiché è stato condannato a morte, pena poi tramutata in ergastolo, perché era alla guida di un’auto con alcuni suoi amici, uno dei quali uscì dall’auto e sparò a un ragazzo.

I Am A Killer

Per la Legge delle Parti del Texas, infatti, è possibile condannare a morte anche un individuo che ha preso parte a un omicidio senza che abbia fatto attivamente qualcosa come premere un grilletto o accoltellare qualcuno.

Questa vicenda mi ha sconvolto, da italiana, perché ritengo che una pena capitale non possa essere somministrata per queste motivazioni: moltissime, infatti, sono state le proteste per questa condanna e, alla fine, lo Stato ha tramutato la pena in ergastolo.

Io credo che nessuno uccida un altro uomo senza motivo, anche se spesso incomprensibile, e a volte le ragioni sono da ricercare anche nell’ambiente in cui è vissuto l’omicida e nella vita che conduce al momento del fatto: moltissimi detenuti hanno storie di violenza e abusi nel loro passato e questo documentario mi ha aiutato a non vederli più solo come mostri senza scrupoli ma anche come esseri umani che hanno compreso lo sbaglio fatto, con rimorsi, paure e tanti sensi di colpa.

Continuo a pensare, e ancora di più dopo questa serie, che nessuno di noi possa arrogarsi il diritto di imporre la morte a una persona, sebbene questa sia colpevole di un delitto efferato: la mia idea è che il carcere debba essere riabilitativo e offrire una chance di rivalsa o di recupero, anche se solo emotivo, a coloro che hanno sbagliato.

I Am A Killer

Certo, mi metto anche nei panni di chi una vita se l’è vista strappare: madri e padri che hanno perso i loro figli, parenti delle vittime, amici; sicuramente accettare che chi ha tolto la vita a una persona amata possa riabilitarsi e ritornare in società è difficile, a volte impossibile, però, dal mio punto di vista, questo non dovrebbe comunque dare a qualcun altro il diritto di decidere per la vita di un individuo, qualsiasi cosa egli abbia fatto.

La giustizia negli USA è sicuramente meno garantista di quella italiana eppure, personalmente, le storie di questi 10 condannati a morte fanno capire come sia sbagliato giustiziare i detenuti, almeno secondo il mio modesto parere di fortemente contraria alla pena di morte.

Consiglio la visione a tutti coloro che vogliono farsi un’idea della giustizia americana e che desiderano ascoltare le vere storie dei condannati, per conoscere il percorso che li ha portati a uccidere.

Qui il trailer della prima stagione di I Am A Killer.

 

 

 

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