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Recensione: I frutti del vento di Tracy Chevalier

 

 

Titolo: I frutti del vento

Autore: Tracy Chevalier

Editrice: Neri Pozza

Genere: Romance Storico

Data di uscita: 28 gennaio 2016

Nella prima metà del XIX secolo James e Sadie Goodenough giungono nella Palude Nera dell’Ohio dopo aver abbandonato la fattoria dei Goodenough nel Connecticut. La legge dell’Ohio prevede che un colono possa fare sua la terra se riesce a piantarvi un frutteto di almeno cinquanta alberi. Una sfida irresistibile per James Goodenough che ama gli alberi più di ogni altra cosa, poiché gli alberi durano e tutte le altre creature invece attraversano il mondo e se ne vanno in fretta. In quella terra, dove gli acquitrini si alternano alla selva più fitta, James pianta e cura con dedizione i suoi meli. Un frutteto che diventa la sua ossessione; la prova, ai suoi occhi, che la natura selvaggia della terra, con il suo groviglio di boschi e pantani, si può domare. La malaria si porta via cinque dei dieci figli dei Goodenough, ma James non piange, scava la fossa e li seppellisce. Si fa invece cupo e silenzioso quando deve buttare giù un albero. Finché, un giorno, la natura selvaggia non della terra, ma della moglie di James, Sadie, esplode e segna irrimediabilmente il destino dei Goodenough nella Palude Nera. Romanzo che si iscrive nella tradizione della grande narrativa americana di frontiera, “I frutti del vento” è un’opera in cui Tracy Chevalier penetra nel cuore arido, selvaggio e inaccessibile della natura e degli uomini, là dove crescono i frutti più ambiti e più dolci che sia dato cogliere.

Ambientato nell’America dell XIX secolo, I frutti del vento narra la storia della famiglia Goodenough, che dal Connecticut parte alla ricerca di fortuna dirigendosi verso Ovest per giungere nell’Ohio.

La Palude Nera è una landa fangosa e misera dove, per far propria la terra occupata, è necessario possedere almeno cinquanta alberi di mele. È una vita grama e difficile quella della gente che vive in questi territori, in cui ogni singolo centimetro di terra coltivata viene strappato con sudore e lacrime alla vegetazione e agli animali.

Con maestria, Tracy Chevalier ci racconta di questa famiglia: del padre, James,  talmente ossessionato dai suoi meli da dimostrarsi più disperato per i danni a essi causati dagli agenti atmosferici piuttosto che dalla morte di buona parte dei suoi dieci figli. Una fatica quotidiana che incattivisce la madre Sadie, che cerca rifugio nell’alcool fino a segnare, inevitabilmente, il futuro dell’intera famiglia. Gli anni passano e i figli sopravvissuti si perdono, fatta eccezione per soli due di loro.

Un racconto che descrive l’epopea dei primi coloni americani in lotta con la natura selvaggia, afflitti da fatica, privazioni, violenza e morte, ma anche irriducibili nel conservare la speranza di un futuro migliore.

Dall’Ohio alla California, passando dal Canada, Michigan, Indiana, Wisconsin, Missouri  e Texas, la vita di uno dei Goodenough diventa la storia dei tanti uomini e donne che hanno vissuto quel periodo, attraversando l’America avventurosa e brutale dei mercanti di semi, dei cercatori d’oro e dei commercianti di sequoie.

Fra traversate infinite, ricoveri di fortuna e violenze, I frutti del vento ci racconta del coraggio, la speranza e la caparbietà di coloro che hanno rischiato il tutto per tutto per inseguire un sogno.

Il testo scorrevole e le descrizioni davvero particolareggiate creano personaggi credibili e potenti che coinvolgono e trascinano  totalmente il lettore.

Da non perdere.

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