Recensione: “Il canto di Calliope” di Natalie Haynes
Titolo: Il canto di Calliope
Autore: Natalie Haynes
Genere: Miti e Leggende
Editore: Sonzogno
Pagine: 320
Data di pubblicazione: 21 gennaio 2021
Una donna sola corre nella notte, intorno a lei la sua città che brucia. Fuori dalle mura, la regina e altre sventurate attendono un destino che verrà deciso dai vincitori. È la caduta di Troia. Dieci interminabili anni di guerra sono giunti alla tragica conclusione, mentre le avventure dei protagonisti andranno a ispirare, nei secoli a venire, le opere di artisti e scrittori. «Cantami o Musa» invoca il sommo poeta Omero, che ha raccontato le gesta degli eroi. Ma Calliope, musa della poesia epica, questa volta è meno accomodante: è convinta che non tutto sia stato narrato, che qualcosa di fondamentale, legato alle figure femminili, manchi ancora per completare l’affresco. Se il bardo vuole che lei canti, allora lei canterà insieme a tutte le donne coinvolte nella grande tragedia. Dando voce a ciascuna di loro, Calliope prende in mano la storia e ce la racconta da una nuova prospettiva. Ecco Andromaca, Cassandra, Pentesilea, Clitennestra, che vengono alla ribalta, con i loro pensieri, con i complicati risvolti psicologici delle loro scelte, con la sete di vendetta, la solitudine, la dignità di fronte alla morte. E poi tutte le altre, da Penelope a Briseide, da Creusa a Ifigenia, dalle troiane che, vinte, saranno rese schiave, alle greche che attendono il rientro dei loro uomini, senza dimenticare le capricciose divinità che governano le sorti dei mortali. Attingendo alle fonti antiche, anche le meno note, Natalie Haynes rivisita una delle più grandi narrazioni di tutti i tempi, facendoci palpitare di commozione accanto alle leggendarie eroine, e trasmettendoci il sentimento vivo di come la guerra di Troia e la sua epopea appartengano alle donne non meno che agli uomini.
Il romanzo di Natalie Haynes ripercorre gli eventi della caduta della città di Troia partendo dall’incendio della città, a opera degli uomini di Odisseo, sino a mostrarci la fine di quella guerra mitologica durata dieci anni e il ritorno a casa di alcuni di quegli eroi che l’avevano combattuta. Scorrendo le pagine vi troverete di fronte alle innumerevoli voci ignorate di quel sanguinoso conflitto. Ascolterete le mogli, le madri, le figlie e le sorelle di quei grandi eroi di cui si sente spesso parlare, voci che fino a ora vi erano, forse, sconosciute.
I poemi dell’Iliade e dell’Odissea si focalizzano su Achille, Odisseo, Patroclo o Ettore e su altri grandi eroi, ma raramente ci soffermiamo a riflettere sulle donne, presenti in tali vicende, che hanno sofferto e lottato tanto quanto i loro uomini: diamo uno sguardo approssimativo ad Andromaca, moglie di Ettore, quando lo saluta l’ultima volta con il figlio lì presente; pensiamo raramente a Penelope che attende il ritorno di suo marito dalla guerra e lotta contro le pretese matrimoniali dei Proci. Queste sono, probabilmente, le donne di queste storie che più vengono menzionate e tuttavia le ricordiamo appena, ma ce ne sono state molte altre totalmente ignorate dalla maggior parte di noi: come Creusa che vaga all’inizio del romanzo in mezzo alla distruzione della sua città; Ecuba (o Ecabe) la regina di Troia, che ha visto morire i suoi figli durante la guerra e non ha più lacrime da mostrare agli invasori; Laodamia, moglie di Protesilao, che attende il marito partito tra le fila dei Greci ed è straziata dal dolore alla sua partenza.
La scrittrice, grazie al suo romanzo corale, dà voce a tutte loro: alle sofferenze, agli amori e soprattutto alla forza di fronte alla tragedia della guerra. Ci racconta sia le cause sia le conseguenze che essa ha lasciato dietro di sé. Ogni tanto ci fa sorridere con le parole di Callisto, la musa ispiratrice di poeti e artisti, a cui si rivolge l’immaginario autore per comporre il suo poema. Altre volte la tristezza si fa strada di fronte alle perdite che devono subire troiani e greci. Ci fa conoscere anche parte del pantheon degli dèi che hanno un ruolo in questa storia e tirano le fila della guerra per vanità, vendetta o necessità. E vediamo, infine, anche i protagonisti maschili ma da una prospettiva diversa: attraverso gli occhi delle donne. Tale sguardo ci permette di cogliere l’eroe epico in modo completo non solo tramite le sue gesta eroiche ma anche attraverso i suoi errori, i suoi difetti e i suoi pregi.
Ho sicuramente apprezzato lo stile di scrittura: scorrevole, elegante e che si adatta alla personalità di chi sta parlando. Ogni carattere emerge in modo unico: il contegno regale di Ecuba seduta tra le sue figlie, le sue ancelle e le altre donne troiane in attesa di un destino inevitabile; i rimorsi e le sofferenze dell’amazzone Pentesilea; la pazienza di Penelope che attende fedelmente il marito e il suo fastidio nello scoprire gli ostacoli che lo trattengono.
Sono i capitoli su quest’ultima quelli con cui ho un po’ faticato: non perché non mi piacesse la rappresentazione fatta di Penelope, ma piuttosto perché il genere epistolare non mi sembrava del tutto adatto. In questi capitoli la donna scrivendo al marito ci racconta tutte le sue avventure, forse forzando la prospettiva in cui ce le presenta. Capisco che l’intento fosse rendere note al lettore le sfide affrontate da Odisseo ma mi è sembrato strano che le narrasse rivolgendosi all’uomo stesso. Tuttavia, ho apprezzato i suoi commenti alle vicende, perché vediamo sì una moglie paziente e saggia, come ci viene già presentata nell’Odissea, ma anche una donna che sa cogliere i peccati di iubris (orgoglio) in cui inciampa il suo amato.
Chiaramente non è un romanzo con una trama originale, dal momento che l’autrice si ispira a diverse opere greche e latine (tutte riportate nella postfazione che consiglio di leggere), ma riesce a trasmettere molte emozioni diverse.
Consiglio questo romanzo non solo a chi ha familiarità con la mitologia greca bensì a qualsiasi altro lettore, poiché la forma scorrevole permette sia di cogliere le vicende principali, già presenti nei due poemi mitologici, ma anche e soprattutto la componente emozionale.