Recensione: “Il fuorigioco spiegato alle ragazze” di Miss Black
Buongiorno Fenici, oggi la nostra Aina ha recensito per noi il libro “Il fuorigioco spiegato alle ragazze” di Miss Black
Lenny Pirie è una scrittrice impegnata, una giornalista, un’intellettuale. Non ha mai visto una partita di calcio in vita sua e non le interessa fare l’esperienza. Ma per il suo nuovo libro sulle icone inglesi dei tempi moderni deve intervistare il popolarissimo attaccante del Chelsea Byron Kelsey, detto “The Corsair”. Byron parla un inglese quasi incomprensibile alle sue orecchie, segue un regime dietetico folle e si allena un numero spaventoso di ore al giorno. Per il britannico medio rappresenta la perfezione fisica, un mito, un eroe. Per Lenny rappresenta l’incarnazione di una società malata di apparenze.
Ma Byron non è solo uno sportivo viziato e ha delle profondità, e delle asperità, inaspettate. E, cosa ancora più inaspettata, non sembra insensibile al fascino tutto cerebrale di Lenny…
Fonte della trama: Amazon
«In casa tua non c’è un solo libro. L’ho notato con vago sgomento, lo ammetto».
«In casa tua c’è una palestra?».
«No. Ma ho una di quelle palle per lo yoga che, sai».
«Chiaro. Io ho un vecchio elenco del telefono».
«Non posso evitare di pensare che ci sono dei libri che adoreresti, se solo li conoscessi. Ma forse è solo un’altra forma di spocchia».
Lui tornò a girarsi su un fianco. «E tu hai un corpo da ballerina, in effetti. Ma non sembri un tipo che ama i sacrifici e ormai sei troppo vecchia. Penso che lo sport perfetto per te sia il sesso».
Lenny, una giornalista, fa parte di quella categoria di persone acculturate e snob che ritengono il calcio qualcosa di troppo frivolo per interessarsene. Byron è un calciatore nel pieno della sua fama, con appena una terza media e un diploma probabilmente finto, che fa di “calcio”, “fatica” e “fama” le sue parole d’ordine.
È una recensione su cui ho riflettuto a lungo. Temo che quella di Miss Black sia una penna che o si odia o si ama. Con uno stile asciutto, sottilmente ironico, appuntito, dal ritmo veloce (quello lessicale, non quello della trama), il romanzo affianca riflessioni sociologiche a termini di una volgarità da quartieri popolari. Si indugia poco sul sentimento e non si ricerca troppo la sensualità, lasciando al sesso, (profuso e acrobatico), la sua natura selvatica e istintiva, e all’amore quel senso di inspiegabile mistero che ti colpisce senza preavviso.
Essendo il primo libro che leggo di Miss Black (che sia uno pseudonimo di un autore o un’autrice posso solo supporlo), non so dire se la cripticità degli scambi verbali dalla tagliente ironia, talvolta incomprensibile, sia colpa del traduttore o meno, così come l’utilizzo di vocaboli davvero poco comuni nella rosa delle volgarità normalmente utilizzate.
Di fatto, comunque, quello che più mi ha colpita di questo romanzo è la nonchalance con cui riflessioni sociologiche sugli stereotipi di bellezza femminile e maschile, si mescolano a scene di sesso estemporanee, sviluppate in una trama alla Notting Hill (rovesciata, naturalmente), alla quale è stato dato uno spessore intellettuale inusuale, che verte sul significato che una icona dello sport incarna agli occhi della gente comune.
Come si riesce a passare da un punto di vista colto e cinico, con il suo linguaggio forbito, fin troppo profondo per poter apprezzare qualcosa di semplicemente divertente come il calcio, a quello terra terra di una persona sì intelligente ma non istruita, incapace di entrare nelle profondità del proprio io e di esprimersi in modo pieno, linguisticamente parlando, pur essendo ben più diretta e trasparente, priva di sovrastrutture socialmente indotte.
E forse è proprio la frase in cui Lenny dice che “La semplicità è difficile. Rendere accessibile a tutti un argomento complesso è uno sfoggio di virtuosismo” che lascia trasparire l’ironia e l’arroganza con cui l’autore irride noi lettori: ci alletta con scene succose, ci compiace con terminologie semplici e dialoghi divertenti, ma non manca di mostrarci che lui sa fare di meglio e ci sfida a seguirlo su questi muri: “Ci sono… questi muri di parole, muri da scalare e che danno le vertigini. E quando afferri il concetto è bello, ma sei anche stanco morto.”
«È stato scioccante, ma prezioso» gli disse. Chiuse gli occhi. «Dio, non so nemmeno di che cosa sto parlando».
Lui sorrise. «Che non basta una camicia candida con il collo slacciato, no?».
«Eh?».
Una risata silenziosa. «Che stai declinando. Che mi dai il due di picche. Che mi mandi in bianco. D’altronde».
«Scusa? D’altronde cosa?».
«Cristo, se ho voglia di baciarti».
E poi la baciò sul serio, un bacio leggero, quasi educato.
Lenny pensò solo: non è possibile.