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Recensione: “Il nostro piccolo pazzo condominio” di Fran Cooper

 

 

Edward arriva a Parigi in una caldissima giornata di giugno, ancora sconvolto per la morte di sua sorella. Per ritrovare un po’ di serenità, sta per trasferirsi nell’appartamento vuoto di un’amica, al numero 37 di una strada anonima. La Parigi in cui si trova immerso non è quella che credeva di conoscere: niente boulevard e luci romantiche, ma il palazzo dove arriva pulsa dei segreti dei suoi inquilini. Tra le sue mura, c’è chi parla, chi si bacia, chi ride e chi piange; alcuni sono contenti di starsene da soli, mentre altri vorrebbero una compagnia. La donna dai capelli color argento gestisce una bizzarra libreria al piano terra, un vecchietto, tutti i giorni, dà da mangiare ai passeri sul davanzale della finestra, mentre una giovane madre è sull’orlo di un crollo nervoso. Anche se le pareti dei loro appartamenti si toccano, gli inquilini stanno ben attenti a rimanere dei perfetti estranei. Ben prima che se ne accorga, Edward si trova impigliato in questa rete di straordinaria umanità che sempre più lo avvinghia a sé, facendogli risvegliare sensazioni che pensava sopite…

 

A dispetto di un titolo che evoca una certa leggerezza, ho scoperto con sorpresa che questo libro è tutto fuorché leggero. La narrazione è completamente incentrata sugli inquilini del n°37 di Rive Gauche, ognuno, nel suo appartamento, manda avanti un’esistenza che si intreccia solo in apparenza con quelle degli altri. Come sfondo, le proteste razziali dei parigini, evento reale che da una parte fornisce il quadro d’insieme scoprendo i veri legami tra i condomini, dall’altra dona una connotazione fortemente realistica alle vicende di ciascun personaggio. Si perché questo è un libro che fa riflettere: fa riflettere sull’animo umano, su tutte le sue sfumature e malattie; sui modi che troviamo ogni giorno per far ricadere le colpe sugli altri o su come siamo incapaci di prenderci le nostre responsabilità. Insomma è un libro di peso, con temi importanti in merito ai quali l’autrice indica una sola cura: l’amore. E anche l’amore qui non é quella passione rovente cui certi romanzi ci hanno abituato, ma un timido fiore che cerca di venir fuori dalle macerie come per Edward e Freddie, è una presenza solida cui aggrapparsi per risollevarsi, come per Ana e Paul e anche un compagno costante, come per Chantal e Cesar che ancora passeggiano per mano dopo tanti anni insieme.

«Un nuovo senso di completezza. Me l’hai detto tu una volta. L’andare avanti nonostante tutto».

La bravura dell’autrice è quella di descrivere ogni personaggio fin nel profondo dell’anima senza perdersi in lunghe descrizioni o riflessioni; le loro personalità traspaiono attraverso i loro gesti, gli abiti, le abitudini e addirittura attraverso i loro silenzi. È facile quindi immedesimarsi in ciascuno dei condomini e condividerne le esistenze, provando a dare voce alle loro paure e alle loro speranze. La narrazione è veloce, aiutata dal continuo cambio di protagonista e da un linguaggio colloquiale rapido e diretto.

Ed infine, questo libro è anche un inno alla speranza, ad andare avanti nonostante tutto perchè la vita non si ferma, porta cambiamenti che vanno affrontati e accettati, come i nuovi inquilini del terzo piano, anche se a volte non sono veri cambiamenti perché di condomini il palazzo ne è pieno.

«E poi penso che quando ti è già capitato il peggio…». Si stringe nelle spalle. «Non ha più senso avere paura. Domani andrò al bar con il mio caffè e le mie sigarette. Non mi lascerò intimidire, non ho ragione di farlo».

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