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Recensione: “Il soldato divenne quello per cui era nato” di Olivia Ross

Care Fenici, oggi MariHel ci parla di “Il soldato divenne quello per cui era nato” di Olivia Ross


Un amore non convenzionale, di quelli travolgenti ma che ti inducono anche a osteggiare la realtà dei fatti, che a volte sfianca, sfinisce, però è anche pura bellezza. Un amore che sembra una lotta, ma che spinge a dare il meglio di sé, a pretendere, a non accontentarsi; una relazione che emoziona, coinvolge, attrae. Sogni che si accantonano per combattere il terrorismo, necessità di trovare una pace interiore che aiuti a vivere intensamente ogni giorno senza più il pericolo che tutto finisca improvvisamente. E poi un dipinto che con la sua storia sovverte il destino di chi lo possiede. Le cose non sono mai semplici come appaiono, non lo sono per niente, ci sono mille insidie, emozioni contrastanti da assorbire, voleri che non possono essere appagati, ma è proprio per la difficoltà di affrontare le insidie che la vita assume quel valore inestimabile che dà un tocco magico alla storia.

Mitchell è tormentato dal suo passato di soldato ma è deciso a cominciare una nuova vita. L’incontro con Isabeau nella sua magione da film horror, però, non era quello che si aspettava. I due protagonisti si scontrano fin da subito in una serie di tira e molla a volte divertenti, a volte molto sofferti ed è ammirevole la tenacia con cui il protagonista non demorde davanti ai continui rifiuti di questa donna glaciale e bellissima. Il passato di lei è sconvolgente, l’ho trovato duro da digerire, ma comunque plausibile. Quello di lui un po’ improbabile, ma comunque molto intenso.

Il desiderio fra loro è forte, ma il passato di lei lo è di più, tanto da impedirle di aprirsi completamente e negando a chiunque di toccarla nella maniera più assoluta.

Solo la Musica evocata dal violino nelle mani del soldato che volveva fare il musicista, riesce ad identificare il loro amore platonico, un amore fuori dagli schemi, un amore fatto di attimi sfuggenti e a cui non siamo abituati: sofferto, disperato, tormentato eppure intenso e travolgente. Fatto di piccole cose, di piccole attenzioni e della continua ricerca della felicità eppure, alla fine, un amore che NON guarisce.

Non è la classica storia d’amore, non ha nulla di scontato o banale, è un misto di emozioni e colpi di scena e anche il finale, se pur un po’ amaro, mi ha emozionato e ha rispettato quello che la storia preannunciava, senza creare false aspettative. Il fulcro centrale di tutta la storia è l’Amore in tutte le sue forme, in tutti i suoi modi di presentarsi.

Si nota che la scrittrice ha eseguito una ricerca dei brani più adatti da inserire e personalmente li ho trovati tutti azzeccati; ho ascoltato questi pezzi (che già conoscevo) anche mentre leggevo e tutto mi è sembrato più concreto. Appartengono tutti dal repertorio del talentuoso violinista tedesco/statunitense David Garrett, al quale la scrittrice si è chiaramente ispirata per descrivere parte della vita del protagonista. È scritto in prima persona e la storia si svolge in un lungo lasso di tempo (parliamo di anni) tra la Scozia dai laghi cristallini e le bellissime scogliere, e New York. Si divide in due grandi parti che rendono alla perfezione il profondo cambiamento che avviene dentro il protagonista. Strutturalmente è un libro semplice e veloce da leggere, con poche descrizioni ma è molto ricco di personaggi e vicende diverse, il che gli impedisce di diventare noioso. Tocca temi importanti, forti e mi complimento con la scrittrice per aver avuto il coraggio di affrontarli in maniera così diretta. Lo trovo un libro molto intenso, bellissimo, commovente e in qualche modo illuminante.

 

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