Recensione: “Il taccuino delle cose non dette” di Clare Pooley
Titolo: Il taccuino delle cose non dette
Autore: Clare Pooley
Editore: Mondadori
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Pagine: 360
Formato: digitale (euro 9,99) cartaceo (euro 18,00)
Data di pubblicazione: 3 Giugno 2020
Sei sconosciuti con una cosa in comune: la loro vita non è così perfetta come vogliono far credere…
Uno di questi è Julian, un artista eccentrico che da qualche tempo è precipitato in una profonda solitudine. Nell’accogliente caffè di Londra dove si rifugia nei momenti peggiori, decide di affidare la sua storia alle pagine di un taccuino verde che abbandona incurante su un tavolino. Mai più pensa che Monica, la giovane proprietaria del bar, lo legga e ne rimanga sconvolta. O che il suo piccolo atto di onestà possa avere un impatto così dirompente sulle vite di altre cinque persone che leggeranno il quaderno, portando con sé cambiamenti, amicizie, nuovi amori e, soprattutto, perdono.
Il taccuino delle cose non dette è un romanzo sul coraggio di mostrarsi agli altri per quello che si è e scoprire che non fa paura; anzi, che essere autentici assomiglia moltissimo a essere felici.
Tutti mentono sulle loro vite. Che cosa succederebbe se invece dicessi la verità? Se confessassi l’elemento che ti definisce, che fa andare al loro posto tutti gli altri tasselli? Non su Internet, ma davanti alle persone in carne e ossa che ti sono intorno? Forse niente. O forse raccontare questa storia cambierebbe la tua vita, o la vita di una persona che devi ancora incontrare. È questo che voglio scoprire. (Tratto dal libro)
Ciao a tutti, amanti della lettura!
A otto anni mio padre mi regalò quello che sarebbe diventato il mio primo diario; uno di quei taccuini eleganti con le copertine morbide in similpelle, comprato presso una cartoleria storica di Padova che, ancora adesso, vanta prezzi più da gioielleria che da cartoleria. A prima vista quel taccuino sembrava adatto a un signore attempato, ma mi piacquero subito la sensazione morbida della copertina sulle dita e il profumo della carta.
Quel primo diario mi ha aiutato a mettere su carta le sensazioni che non riuscivo o non volevo esprimere a voce alta, diventando progressivamente una valvola di sfogo, un amico silente cui affidare i miei segreti.
Mentre leggevo “Il taccuino delle cose non dette”, sono riaffiorati in me come un fiume in piena, quei ricordi e l’emozione della penna che scorre sulla pagina. Quando decidiamo di prendere un foglio di carta e scrivere di nostro pugno, ci raccontiamo a cuore aperto. Scrivere a mano libera ci rende più vulnerabili, ma anche più autentici. È un atto di coraggio.
In una cornice di verità non dette e di bugie mirate solo all’abbellimento di una vita non perfetta e insoddisfacente, s’inseriscono le storie di Julian, Monica, Hazard, Riley, Alice e Lizzie.
Julian – artista eccentrico un tempo famoso e sempre circondato di belle donne che fungevano da sue modelle e non solo – è il personaggio che dà il via alla storia, il giorno in cui lascia un taccuino dal titolo Progetto Autenticità sul tavolo di un caffè. Monica, la proprietaria del locale, lo trova e inizialmente decide di rintracciare l’uomo per restituirglielo, ma la curiosità prevale e legge ciò che Julian ha scritto.
Devo dire che il mio primo pensiero è stato: “Beh, vecchio mio, te la sei cercata!” eppure non sono riuscita a trattenere una lacrima leggendo la sua storia. Julian è un uomo che ha vissuto senza negarsi alcun piacere, incurante del dolore che procurava alla moglie Mary, per rendersi conto di quanto lei fosse importante nella sua vita solo quando l’ha persa. Ridotto ormai all’ombra di se stesso, l’uomo cerca con il suo taccuino una forma di riscatto, offrendo a chi dovesse trovarlo quella seconda possibilità che a lui è stata negata ma che, d’altro canto, non ha mostrato di meritare.
Eppure sarà proprio Monica, toccata nel profondo dalle parole di Julian, a cercare di rintracciare l’uomo per dargli un nuovo scopo, non prima di aver deciso a sua volta di scrivere di sé e dei desideri che serba nel cuore, per poi lasciare il taccuino sul tavolo di un’enoteca…
E così, passando di mano in mano, questo libercolo di pensieri e parole porta a incontri improbabili, a nuove amicizie e nuovi amori. Ciascuna delle persone coinvolte, si ritrova a prendere coscienza della bugia su cui ha fondato la propria vita fino a quel momento e trova il coraggio di costruire qualcosa di nuovo dalle macerie.
Julian e Monica sono i due precursori di questo splendido teatro della verità, eppure quello che ha fatto breccia nel mio cuore è Hazard. All’inizio non gli avrei dato un soldo bucato per quanto era odioso, arrogante, strafottente e pieno di sé, finché non ho compreso che si trattava solo di una maschera indossata a causa della dipendenza da alcol e droga. Leggendo di lui all’inizio sono certa che lo detesterete, ma tale disprezzo è solo lo specchio nel quale Hazard vede la sua immagine riflessa ogni giorno, perché lui è il primo a detestare se stesso. Il suo sofferto percorso verso la sobrietà e la frequentazione con gli altri avventori del Monica’s porteranno alla nascita di un nuovo Hazard, un uomo migliore non solo con gli altri ma anche con se stesso.
Non mancherà una rivelazione a sorpresa grazie all’intervento di Lizzie, personaggio jolly del romanzo, una donnina un po’ pettegola ma in fondo simpatica.
Questo romanzo trae linfa vitale dall’esperienza personale dell’autrice, ma ognuno di noi può rispecchiarsi nelle difficoltà, nei rimpianti e nel desiderio di riscatto di ciascun protagonista. Ogni storia è un percorso personale, che però non corre su un binario separato, nutrendosi di quella ricchezza raggiungibile solo grazie all’interazione con gli altri. Perché l’uomo, in fondo, è pur sempre un animale sociale.
Buona lettura.