Recensione: “Io piccola ospite del Führer” di Helga Schneider
Titolo: Io piccola ospite del Führer
Autore: Helga Schneider
Genere: Storico Biografico
Editrice: Hoelpi
Data di pubblicazione: 17 gennaio 2006
È il Natale 1944: la piccola Helga, suo fratello e alcuni “perfetti bambini ariani” sono ospiti per tre giorni nel bunker di Hitler. In una Berlino ormai distrutta e in fiamme, emerge lo smarrimento e l’inconsapevole leggerezza dei bambini in gita nell’epicentro del terremoto. Un racconto bruciante, dove al valore della testimonianza si aggiunge l’intensità del ricordo d’infanzia. Helga Schneider è nata in Polonia e cresciuta in Germania e in Austria, paese d’origine dei genitori. Vive a Bologna dal 1963 dove ha svolto attività di giornalista. Scrive in italiano ed è autrice di romanzi.
Sono molto grata a Barbara per avermi dato la possibilità di leggere e recensire questo piccolo libricino di un’autrice tedesca che non conoscevo, famosissima per le sue cronache dalla Germania ai tempi del nazismo e della disfatta.
Polacca, ma cresciuta in Austria e Germania, paese di origine dei genitori, la Schneider racconta la sua personalissima esperienza di tre giorni nel bunker di Hitler, sotto il palazzo della cancelleria. Un soggiorno frutto di una propaganda (organizzata da Goebbels) sull’orlo della fine, così come lo è la nazione: i Russi sono alle porte e i bombardamenti si susseguono senza soste in una Berlino distrutta, dove i cadaveri insepolti restano esposti tra le macerie, ammorbando l’aria del tanfo della morte.
Helga, vestita col suo abito migliore, il fratellino e un gruppo di bambini, perfettamente biondi e ariani, scendono nel bunker per “mangiare salsicce” e incontrare l’amato Führer, dimostrando ai Berlinesi che la guida di Hitler è sicura e la situazione è sotto controllo.
La memoria di Helga ci riporta la viva sensazione di oppressione e alienazione che si respira nel luogo in cui il capo di stato viveva circondato da pochi fedelissimi, condannato dalle sorti della guerra: la puzza di muffa e gasolio dell’ambiente malsano è il dato sensoriale che maggiormente viene riportato, insieme alle mura stillanti umidità e la luce tremolante dei corridoi.
Solo la presenza di cibo abbondante, un miraggio per i piccoli ospiti che nei rifugi antiaerei e nelle cantine dei palazzi berlinesi patiscono i morsi della fame, convince Helga a tenere duro e a far contenta la zia Hilde, che tanto si era adoperata per farle vivere quest’esperienza.
L’incontro con il dittatore, ormai malato e precocemente invecchiato, lascia nella bambina una vivacissima impressione di mostruosa follia mascherata da ridondante potere. Tutto ciò, negli anni, la spingerà a dedicare tantissimi libri al racconto e alla denuncia della catastrofe che travolse l’Europa e il mondo. Catastrofe provocata da un mostro in grado di soggiogare le folle e infervorare gli animi, portandoli a una cieca devozione.
Helga stessa racconterà, in un altro libro, l’incontro avvenuto a distanza di anni con la madre, che l’aveva abbandonata per arruolarsi nelle SS. Una donna che, nonostante tutto, conservava in un armadio e con orgoglio la sua divisa cachi. Per descriverla usa queste parole: “Verso di lei provo un rancore tenace, ma temo di non avere ancora rinunciato a trovare in lei qualcosa che si salva. Di qui il dubbio: è stata davvero spietata come dice o si mostra irriducibile perché io la possa odiare, liberandomi dell’incubo?”
Da leggere e far leggere alle nuove generazioni.
VOTO non voglio mettere voto, non si può valutare un caposaldo del genere storico e biografico