Recensione: Io sono Persefone di Daniele Coluzzi
Autore: Daniele Coluzzi
Genere: Fantasy Epico
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 3 maggio 2022
Il destino di Core, giovane dea, è già stato scritto: regnerà sulla natura, assicurando terreno fertile e raccolti abbondanti. E, soprattutto, non si innamorerà mai, rimanendo casta per sempre. È ciò che sua madre, Demetra, ha deciso per lei e che Core ha sempre creduto di desiderare. Ma il fato è imprevedibile, anche per una divinità dell’Olimpo. Durante una passeggiata tra i campi ai piedi dell’Etna, Core viene rapita: Ade, il sovrano degli Inferi ha scelto proprio lei come sua regina. Improvvisamente, la giovane dea si trova sola in un mondo tenebroso e sconosciuto, popolato da anime defunte e divinità mostruose: gli Inferi sono la sua nuova casa, e Persefone il suo nuovo nome. Fuggire, il suo unico obiettivo. Ma gli opposti esistono solo nella nostra mente, o almeno è ciò di cui vuole convincerla l’oscuro signore degli Inferi. Nel regno della morte, le certezze di Core, dea della vita e della fertilità, cominciano a vacillare. Tocca soltanto a lei, ora, scrivere il proprio destino e scegliere: a quale mondo appartiene davvero? Persefone è una protagonista senza tempo, alla ricerca, come tutti noi, della propria voce, in un viaggio nelle profondità degli Inferi e dell’animo umano.
Sinceramente, più che a un retelling del mito, Io sono Persefone mi è sembrato proprio il mito riscritto in una chiave moderna e con l’intero fulcro della storia su Persefone (o Core, come si ostina a farsi chiamare per quasi tutto il libro).
Per riassumere la trama in breve (e soprattutto non fare tanti spoiler) l’intero romanzo ruota attorno alla figura di Core, colei che diventerà, appunto, la dea da cui prende nome la storia. La nostra protagonista ha una madre asfissiante che sembra voler decidere ogni aspetto della sua vita, ma al fato non si comanda (soprattutto se questo ha le sembianze di Cupido e scaglia una delle sue frecce verso gli inferi), quindi arriva Ade e sappiamo bene cosa questo significhi: lei viene rapita e portata negli Inferi.
A questo punto uno direbbe: bene, comincia la parte romance. Invece no.
Ade è praticamente una figura di contorno: da quando la rapisce e la porta a casa sua, sparisce. Lo si vede ogni tanto, quando prova ad approcciarsi a lei e viene rifiutato in ogni modo possibile. Ammetto che mi ha fatto pena.
Core invece…
Per quasi tutta la parte centrale del libro, praticamente tutto l’autunno, lei invoca la madre, ignorando completamente ciò che succede nel mondo e cerca di resistere: non si cambia gli abiti, non accetta nessun dono da parte di Ade, si rifiuta di mangiare il cibo degli Inferi sapendo bene cosa significhi ingerire anche solo un chicco di melograno…
Rimane ancorata al fatto che è figlia di Demetra e lì non ci deve stare.
Lei non è Persefone, non vuole essere chiamata così e odia ogni angolo del posto in cui l’hanno portata per quanto Ade e le Benevole provino a farle vedere quanto di bello c’è laggiù: Ade mostrandole i Campi Elisi, le Benevole (le sue nuove amiche negli inferi, ovviamente termine da prendere con le pinze, eh!) facendole conoscere il Tartaro. Solo che le Benevole, capiamole, hanno una concezione del bello un po’ particolare…
Alla fine, la nostra protagonista riesce a capire cos’è lei e che le decisioni che la riguardano deve prenderle da sola: non è solo la figlia di Demetra, come si è sempre identificata, ma anche Persefone, regina degli Inferi. Ed è grazie a questa presa di posizione che riesce a porre fine alla guerra fra Demetra e Ade: la ragazzina su cui entrambi credono di avere potere alza la testa e urla, trovando il suo ruolo nel mondo e creando così le stagioni, generate proprio perché Core si divide fra il suo essere figlia della dea e il suo ruolo di regnante dei morti.
Io sono Persefone non è per niente la classica storia d’amore romanzata fra Ade e Persefone, ma piuttosto il viaggio di quest’ultima che da figlia diventa donna (e in qualche modo anche madre, secondo me). Un viaggio che si intreccia con gli altri miti e infatti, fin dalle prime pagine, possiamo conoscere le sue amiche che diventeranno poi le terrificanti sirene; le Erinni o Benevole, Tantalo, Orfeo, Sisifo…
Ci sono tanti nomi della mitologia greca e, anche se le loro storie sono appena accennate, è interessante vedere come sono stati amalgamati e intrecciati tutti assieme.
Io non mi aspettavo di trovarmi fra le mani un libro del genere: lì per lì credevo fosse l’ennesimo retelling del mito anche perché, mea culpa, non conoscevo l’autore. L’ho amato a ogni pagina, non riuscivo a staccarmene, sono arrivata alla fine del romanzo e sono rimasta lì, ferma come una scema. Perché ne volevo di più, volevo sapere ancora e ancora.
Alla fine, gli do 4 stelle perché è uno di quei libri che mi è entrato dentro, che mi ha appassionato e mi ha fatto totalmente perdere assieme a Core e alla sua prigionia: ho sentito la sua angoscia, ogni volta che invocava la madre o Zeus, la sua rabbia verso Ade che l’aveva strappata alla sua vita e la sua presa di posizione invocando il suo nuovo nome.
Se amate la mitologia, darei un’occasione a questo romanzo perché è un buon modo di rivedere il mito. Sono curiosa anche della nuova uscita dell’autore ma che, purtroppo, non è ancora in mano mia.