Recensione: La Chiamata di Peadar O’Guilin
Titolo: La Chiamata
Autore: Peadar O’Guilin
Genere: Fantasy / horror
Editore: Salani
Data d’uscita: 27 gennaio 2022
In un’Irlanda misteriosamente isolata dal resto del mondo, in cui la tecnologia è ormai inservibile, ogni adolescente deve affrontare ‘la Chiamata’: in qualunque momento può sparire per ritrovarsi catapultato nella Terra Grigia, il regno infernale in cui il popolo delle Fate è stato esiliato migliaia di anni fa. Qui, nudo e indifeso, avrà solo poco più di tre minuti di tempo per riuscire a sfuggire agli spietati Sídhe e fare ritorno a casa. Per migliorare le probabilità di sopravvivenza dei ragazzi, le scuole di tutta l’Irlanda sono state trasformate in veri e propri collegi militari. Anche Nessa, quattordici anni, sa che prima o poi arriverà il suo momento, e nonostante le gambe danneggiate dalla polio è determinata a sopravvivere. Talmente determinata da rifiutare le attenzioni dell’amico Anto, per paura che i sentimenti possano interferire con il suo addestramento; neanche i maltrattamenti di Conor, bullo a capo di un gruppo di studenti che disprezza chiunque sia più debole, sembrano riuscire a scalfirla. Ma quello che Nessa non sa è che ben presto si ritroverà costretta ad affrontare una minaccia ben più grande della Chiamata e di tutto ciò per cui si allena da sempre… Una miscela perfetta di fantasy, horror e folklore per una fiaba nerissima carica di adrenalina e sentimento. Età di lettura: da 13 anni.
Care Fenici, quando ho letto la trama de La Chiamata ho pensato subito: “wow, finalmente un romanzo sul Piccolo Popolo ambientato in Irlanda e scritto da un irlandese, dovrà per forza essere stupefacente”, ecco che mi sono data la zappa sui piedi da sola. Mi aspettavo una qualche avventura, d’altronde parliamo di un libro pensato per ragazzi, con elementi distopici e fantasy, beh, acciderbolina, non potevo sbagliarmi più di così. C’è più horror e sadismo qui che in qualsiasi altro letto, da che abbia memoria. Che poi se avesse senso sarebbe pure carino ma non ce l’ha, almeno per me.
Partiamo con ordine. Siamo in un futuro non ben definito in Irlanda, dove da venticinque anni il Paese è tagliato fuori dal resto del mondo a causa del Piccolo Popolo (elfi, fatati, troll ecc.) che, stufo di ciondolare nelle Terre Grigie, dove è stato bandito secoli o millenni addietro, sta tentando di impadronirsi della “Terra di tutti i colori” (l’Irlanda appunto). Come ci sia riuscito non si sa, ma quel che è peggio è che in questo lasso di tempo nessun Paese Esterno ha potuto contattare lo Stato. Eppure sti maledetti elfacci sono stati cacciati da uomini che maneggiavano il ferro (spade e forconi?), ricordate che questo materiale li brucia, no? Ebbene, non mi è affatto chiaro come sia stato possibile conquistare una società che usa parecchio ferro, difetti di trama o magia? Non ho particolarmente apprezzato questa confusione.
Gli elfi, che voi immaginerete come esseri saggi, forti, intelligenti, scaltri, crudeli sullo stile Tolkien o come la trilogia della “ragazza della torre”, non sono altro che dei disgraziati, sadici, masochisti e sostanzialmente imbecilli creature che rapiscono degli adolescenti per dare loro la caccia. Se i ragazzi riescono a scappare per un intero giorno, che equivale a tre minuti e quattro secondi per noi, e a non farsi beccare allora tornano, probabilmente con problemi psicologici impressionanti ma almeno vivi. In caso contrario o muoiono oppure fanno ritorno fisicamente alterati. Dopo di che, se sopravvissuti, lo Stato li costringe a sedute mediche, a rilasciare testimoniante e a farli procreare per avere altri bambini, che in adolescenza, come un circolo vizioso, subiranno la stessa sorte. Il senso logico dove sta? Non c’è infatti, magari l’autore voleva sottolineare quanto sia forte la volontà di sopravvivere malgrado tutto. In verità questa qualità umana è ben presente e d’istinto ti crea il desiderio che ci riescano, difatti speri che il personaggio di turno resti vivo, anche se la maggior parte delle volte muore male. Cosa che forse meglio si adatterebbe al genere horror. Sta di fatto che per far sopravvivere questi giovani, vengono addestrati in scuole speciali, dove i ragazzi aspettano inevitabilmente “la Chiamata” ma la pelle la venderanno cara.
La premessa non è delle migliori, già a metà libro mi stavo rodendo dall’ansia e dal nervosimo, soprattutto perché non ci stavo capendo un accidente. Ma adesso veniamo ai personaggi principali.
Fatevi un favore: non affezionatevi a nessuno, i più simpatici tendono a morire o a venire mutilati pesantemente. La protagonista, Nessa, parte molto svantaggiata, è una ragazza forte e agguerrita ma disabile, con una grave malformazione alle gambe che non le permette di correre senza stampelle, che fabbrica da sola con i rami degli alberi. La danno tutti per spacciata, ovviamente ci doveva essere il colpo di scena, e ci sarà, ma non come immaginavo. Altra figura di punta è Conor, un antagonista con ideali di conquista, ossia un bullo da quattro soldi. Attorno a loro girano diversi adolescenti con il loro passato e le loro speranze di una vita migliore, o meglio, di cavarsela alla Chiamata e magari passare tutta l’esistenza in cura psichiatrica. Solo il meglio per la gioventù!
Il pov è alternato tra i diversi personaggi, stranamente la cosa non solo non disturba ma è anche fonte di adrenalina e terrore. Almeno a qualcosa serve.
L’età di lettura è tredici anni, ma sinceramente da brava ex bibliotecaria eviterei di farlo leggere a quell’età, troppa violenza e messaggi sbagliati come tolleranza per il bullismo. Cosa dirvi ancora? Non ho sentito nessun feeling con nessuno, anche se Nessa colpisce per la sua condizione e la sua ostinazione a non darsi mai per vinta. Purtroppo la narrazione adrenalinica a tratti si rallenta, plaudo comunque l’autore per essere riuscito a gestire molti personaggi senza perdere eccessivamente il filo.
Personalmente non ho amato questo romanzo, sicuramente mi attirerò le critiche di chi lo ha adorato, a me non ha colpito e non ho apprezzato lo sfoggio di violenza gratuita. Detto ciò a voi la scelta di leggerlo, nel mio piccolo non credo affatto che leggerò il secondo.