Recensione: “La fine del mondo arriva di venerdì” di Isabel C. Alley
Può una piccola decisione, apparentemente priva d’importanza, cambiare un’intera esistenza? Può l’amore, il sentimento più brillante e puro che esista, risvegliare un cuore assopito e renderlo allo stesso tempo così vulnerabile?
Giulia avrebbe potuto ottenere la vita perfetta: una brillante carriera da avvocato, due splendidi bambini, un marito medico elegante e distinto. Invece si ritrova sola, in una mattinata di fine giugno, a boccheggiare per i trenta gradi della sua casa e il post-sbronza del venerdì sera.
Durante il suo viaggio verso una meta solida e sfarzosa, uno strano meccanismo arriva a cambiare la direzione dei binari su cui il treno Giulia si sta muovendo: un meccanismo che porta il nome di Lia.
È la sua nuova coinquilina, romana, con una zazzera enorme di riccioli in testa, a scuotere Giulia dall’apatia che tormenta le sue giornate, portandola con sé nel mondo della rievocazione storica. È là, tra allegri festeggiamenti, danze intorno al fuoco, abiti di lino e radure immerse nei monti che Giulia conosce la libertà, la spensieratezza, l’amore.
È là che conosce Fran.
Fran, capace di portare l’oro dell’estate nel grigio inverno di Giulia. In estate, però, nascono anche le tempeste e non sempre le tempeste si placano. A volte possono lasciare dietro di loro un vuoto oscuro, come se ci si trovasse, tutto a un tratto, alla fine del mondo.
La fine del mondo può arrivare nel momento più inaspettato, prendendo da sola un appuntamento con ognuno di noi. Per Giulia ha scelto il venerdì.
“La fine del mondo arriva di venerdì” è un romanzo in stile diario (prima persona “abbondante”) in cui Giulia racconta il suo percorso di crescita personale. Era una ventitreenne annoiata e depressa, talmente insicura e dipendente dai giudizi altrui da non avere neppure il coraggio di scegliere la facoltà che più le interessava, e grazie a una serie di amicizie ed episodi di passaggio è arrivata a mettere a nudo la vera se stessa, recuperando amor proprio e autostima, iniziando a fare scelte che la porteranno a essere felice.
“C’è sempre la possibilità di scegliere. Bisogna solo tirare fuori il coraggio per prendere la decisione più difficile.”
“Io non ce l’ho, quel coraggio.”
“Certo che ce l’hai, tutti ce lo abbiamo. Devi solo farlo uscire e utilizzarlo.”
Ma la crescita personale è un percorso difficile e solitario: difficilmente chi ci sta intorno accetta i nostri cambiamenti, difficilmente chi ci è vicino cambia con noi, al nostro stesso ritmo. E quindi man mano che Giulia si svela togliendosi una bella maschera platinata, perde una alla volta tutte le sue certezze (studio, famiglia, amici…), finendo per distruggere il mondo che conosceva. Si è ritrovata sola, a suo agio solo in un mondo fittizio, quello dei revival storici che la sua coinquilina Lia le fa conoscere. È lì che trova dei nuovi amici, una nuova “famiglia”.
“Tu hai detto che non fai parte di questo mondo. A me invece sembra il contrario: è loro il mondo di cui non fai parte”
Ah, gli amici (disse sospirando). Perché questa è la storia anche di una friendzone, o meglio, del desiderio di uscirne. Dire o non dire? Fingere di niente o osare di più? Passo indietro o separazione totale? Non avevo letto altri romance su questo tema, ed è stato interessante vedere come l’autrice ha affrontato questa particolare vicenda (non faccio spoiler sull’esito dell’amicizia).
Non diede a vedere di essere disgustato o contento. C’erano pace e consapevolezza su quel viso.
E tuttavia non sono rimasta soddisfatta al cento percento dalla piega che ha preso la trama romance.
Il personaggio di Fran non mi è risultato del tutto chiaro. Mi è parso caratterizzato inizialmente in un modo, per poi virare verso altre sfumature (non entro nei dettagli per non spoilerare ovviamente).
Il personaggio di Giulia è continuamente in evoluzione, ma fa balzi talmente repentini che alla fine potrebbe avere la maturità di una quarantenne.
L’amica Elena sembra un manuale di psicologia applicata.
“Con te dovrai conviverci per l’eternità, gli altri sono solo entità che ti lasci alle spalle.”
In sostanza, quindi, sono un paio gli aspetti che non mi hanno soddisfatta in questa storia, e non mi soffermo sul fatto che i diari non siano proprio la mia lettura preferita: troppo ridondanti di pensieri e filosofeggiamenti, e una tendenza ad essere molto statici, con vicende narrate anziché vissute… un po’ come vedere le immagini di un film udendo solo una voce fuori campo che narra i fatti.
In primo luogo una Giulia che, nonostante sia matura, assertiva, positiva e capace di voltare pagina rimane piena di rancore, vittimismo e desiderio di fare la maestrina.
In secondo luogo, il fatto che l’autrice pare avere lo stesso desiderio nei nostri confronti.
Il romanzo, infatti, è farcito di massime affatto velate sul significato della felicità e sul modo in cui sia giusto prendere le cose della vita. Le ho trovate per la maggior parte condivisibili, tuttavia mi ha un po’ infastidita avere queste imbeccate continue; avrei preferito ricavare da sola i messaggi suggeriti dalle vicende della protagonista.
L’intensità delle emozioni, è quello l’elemento che conta in assoluto nell’esistenza, sia essa umana che di qualsiasi altro componente naturale.
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È l’ennesima dimostrazione che tutto quello che accade lo fa per uno scopo. Bisogna passare dalle tenebre per ritrovare la luce e se le disgrazie ci piombano addosso senza un apparente motivo logico, basta lottare e andare avanti per potersi voltare indietro e cogliere la lezione.
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