Recensione: “La locanda sul porto” di Manuela Chiarottino
Buongiorno fenici oggi la nostra Aina ha recensito per noi il libro “La locanda sul porto” di Manuela Chiarottino
Esce da dietro al bancone e si avvicina senza smettere di guardarmi negli occhi e io vorrei proprio evitarlo quello sguardo, ma sono ipnotizzato dalla sua intensità, da quelle sfumature che ricordano la brughiera e che mi trascinano lontano, e nello stesso tempo mi impediscono di muovermi e allontanarmi da lui.
È una storia dolorosa e malinconica che accompagna Aidan a fare pace con il suo passato: con suo padre appena morto, che tempo prima l’aveva cacciato di casa tagliando i ponti, ma anche con sua sorella, al tempo una ragazzina, che facendo la spia sulle sue tendenze sessuali aveva dato il via a tutto quanto. A fare pace con il ristorante di famiglia, il focolare attorno a cui la madre morta prematuramente aveva costruito un angolo di pace e accoglienza; e con il paesino d’origine, i cui ricordi, odori, silenzi e colori Aidan aveva voluto rimuovere immergendosi nel caos della City.
È un percorso faticoso, un trauma negato che ha bisogno di essere elaborato, e Aidan riesce a farlo grazie alla presenza delicata e leggermente invadente di Boyd, un ragazzo dal sorriso facile e che nasconde una cicatrice sotto a una folta barba. Un ragazzo dal quale dovrà separarsi quando tornerà a Londra. Perché Aidan tornerà a Londra, lo sa, lo vuole, per scappare dal suo passato senza affrontarlo, per non soffrire più.
Boyd è un ragazzo che pare spensierato; è capace di dare, di ascoltare e al momento giusto di spronare. Sa essere affettuoso e rispettare i tempi e gli spazi. Sembra il ragazzo perfetto per chi ha bisogno di stabilità in modo discreto. Eppure sopporta, in silenzio, i suoi traumi. Sarà la passione di Aidan ad aiutarlo, in questo caso.
È un romanzo molto dolce, sensibile, doloroso, che consiglio assolutamente.
“Io so cosa provo qui,” si batte il petto con un pugno, senza lasciare i miei occhi con i suoi, “e capisco bene quanto tu possa avere sofferto, quello che non capisco è perché ti ostini a farlo ancora.”