Recensione: “La piccola Parigi: Leggende di Cabiate” di Alessandro Tonoli
Una città, un racconto misterioso e una bambina di cui nessuno ha mai saputo il nome.
Ecco cosa si cela dietro Cabiate e il suo essere chiamata dai suoi abitanti “La piccola Parigi”, per un motivo che però nessuno sembra ricordare. Forse solo il nonno di Chiara ha, nascosta nel suo passato, la chiave per svelare la natura di questo incantesimo che ora, forse, sta per essere finalmente rivelato.
Una piccola favola per spiegare perché Cambiate venga chiamata “la piccola Parigi”. Una piccola favola d’amore, in cui un nonno cerca di trasmettere tutta l’essenza del suo amore con la sua compagna di vita a una nipote che alla vita comincia ad affacciarsi. Questo racconto è ricco di passaggi articolati che servono per spiegare e cercare di dare forma all’astrattismo dell’amore; in realtà il narratore non scende mai nei dettagli, per cui si ha la sensazione che ci sia “qualcosa nell’aria”, ma che in realtà non si parli di nulla.
Quando devo sorridere? E lui mi ha detto di sorridere semplicemente quando non trovo una ragione valida per non farlo. È un ragionamento giusto ho pensato, quindi meglio avere pochi motivi per cui non sorridere, e sorridere di tutto il resto. Sempre!
La narrazione è di per sé dolce e raffinata, ma dovrebbe essere permeata dall’intensità del sentimento che ne è protagonista. Purtroppo, però, questa intensità che in alcuni momenti sembra affacciarsi, rimane, come la bambina protagonista, soltanto un ricordo nell’aria.
ll tempo distrugge l’uomo.
L’uomo distrugge il resto.
L’amore, distrugge entrambi.
Devo dire che anche dal punto di vista linguistico il racconto risulta un po’ difficile: periodi troppo lunghi e concetti astratti non rendono facile capire il messaggio, per fortuna, però, ci sono dei passaggi molto delicati che li bilanciano perfettamente. Insomma una bella favoletta, con un potenziale messaggio che resta intrappolato tra le parole.
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