Recensione: “La rosa del deserto” di Manuela Chiarottino
Buongiorno Fenici, oggi Nayeli ci parla di “La rosa del deserto” di Manuela Chiarottino
Raffaele vive a Roma, con la sorellina e la madre. Ha lasciato l’università e vive alla giornata, facendo lavoretti occasionali e consumando le serate a suonare con il suo gruppo o a sballarsi in discoteca.
Una sera, alla festa del compleanno della sua più cara amica, conosce Lorenzo.
Lorenzo ha dieci anni più di lui, è un tipo serio, schivo, tornato a Roma dopo anni passati a lavorare come medico in Afghanistan.
Sono molto diversi tra loro, eppure Raffaele ne è subito attratto, così lo invita con poca speranza a un suo concerto. Quando Lorenzo appare tra il pubblico e i loro sguardi si incontrano, entrambi sanno già cosa succederà, e da quella notte non si lasceranno più.
Ma Lorenzo non è solo un amante, lui vuole insegnare a Raffaele il valore della vita, quel valore che lo ha portato a sacrificarsi per salvare più persone possibili. Un’esperienza che gli ha lasciato dentro una profonda cicatrice, perché in Afghanistan ha perso qualcosa di importante, ed è quello il motivo per cui ne è fuggito e ha promesso a Raffaele di non tornarci mai più. Eppure, quando avranno bisogno di lui, il richiamo al dovere sembrerà più forte di tutto, anche dell’amore.
Cosa conta di più: seguire i propri sentimenti o i propri principi, anche a costo di mettere in gioco la propria vita?
Un racconto di insolita qualità, sia per il modo in cui l’ambientazione italiana riesce a dare un valore aggiunto alla trama, sia per i risvolti morali che ci sottopone. La storia è molto curata sia nella caratterizzazione dei personaggi, sia nei risvolti psicologici che descrivono i loro drammi.
Da un lato, infatti, Raffaele è il classico “bamboccione” che ha messo in stand-by la sua vita per dedicarsi solo al divertimento. Ma dietro a questa “non scelta” ci sono ragioni da indagare: c’è la mancanza di ascolto da parte di una madre che mette troppa pressione, c’è l’assenza di un padre, c’è il senso di colpa strisciante per l’essere di peso alla famiglia e che confligge con le sue aspirazioni personali, tanto da finire per ovattarle e renderle prive di attrazione. Eppure, per crescere, si deve superare il passato e decidere di diventare grandi.
«Non posso essere io la tua vita! Lo capisci? Posso essere il tuo compagno, ma non la tua ragione di vita, perché non è giusto! Tu devi essere forte anche senza di me, tu non devi aver bisogno di me, né di nessun altro…»
Dall’altro c’è Lorenzo, il medico serio e impegnato, l’uomo maturo e così ingessato che non sa più divertirsi. Lorenzo rientra dall’Afghanistan con un bel pacco di traumi, disillusioni e sensi di colpa, tanto che in confronto ad essi la leggerezza di Raffaele risulta attraente almeno quanto è superficiale.
«Le onde lo sanno che si infrangeranno, ma hanno bisogno di una riva su cui approdare. E quando poi si ritireranno porteranno con loro la sabbia, le conchiglie e tutto quello che riusciranno a trascinare via.»
I due ragazzi sembrano molto diversi, eppure rimangono affascinati dalle loro differenze.
Il modo in cui il loro incontro si trasforma in relazione è molto romantico, credibile e graduale. Forse è un po’ affrettato il modo in cui si arriva a parlare di “amore” passionale e totalizzante; del resto si tratta di fiction, per cui l’ho ritenuto accettabile. Il fatto poi che la storia sia molto coinvolgente e a tratti anche drammatica, mi ha portata ad accettare senza problemi questa piccola accelerazione nella loro relazione.
Raffaele si lasciò andare tra le sue braccia, lasciò che Lorenzo lo cullasse in una stretta in cui sciolse tutto il proprio dolore, pezzo dopo pezzo. Quando rialzò lo sguardo, Lorenzo lo stava guardando con dolcezza e aveva la mano ancora posata sulla sua nuca. La prese e la posò sulla sua guancia, per lasciare andare il viso contro quel palmo caldo e grande, chiudere gli occhi e trovare quel conforto che amava da bambino. Poteva essere anche quello, per lui? Il conforto di una madre, l’affetto di un amico, la passione di un amante?
Tra i temi toccati non c’è solo la situazione degli aiuti nelle zone di guerra, ma anche lo sballo privo di senso dei giovani benestanti.
Si accenna alle difficoltà nelle famiglie dove c’è una rottura tra i genitori e nei rapporti con fratellastri e sorellastre, e infine al tema dell’accettazione del proprio orientamento sessuale, da parte di altri e di se stessi.
E poi c’è il grande tema dell’amore egoista, possessivo, irrazionale. La storia ci porta a riflettere sulla scelta tra amare così tanto da non sapersi separare dall’altro, e amare così tanto da lasciarlo andare affinché possa realizzarsi. Sapere che il suo desiderio è pericoloso, poi, rende il tutto ancora più complicato.
«Continuo a dirmi che va tutto bene, ma non so come fare a crederci.»
Coerenti e ben pensati gli espedienti che portano al climax finale, piccanti e descrittive le scene erotiche.
In conclusione (escludendo il piccolo vezzo dell’autrice di ripetere continuamente i nomi dei due interlocutori nei dialoghi, come se potessimo dimenticarcene), trovo che sia un romanzo decisamente da leggere, per un’autrice che certo non ha bisogno di presentazioni.
Mi manchi, non più di quanto credessi, ma più di quanto pensassi di poter sopportare.