Recensione libri
Recensione: “La Rovina dei Re – Serie: Il coro dei draghi” di Jenn Lyons
Autore: Jenn Lyons
Genere: fantasy
Editore: Fanucci Editore
Collana: Collezione Fantasy
Ciclo:Il coro dei draghi
Data di pubblicazione: 19 marzo 2020
Kihrin, l’apprendista di un bardo, è cresciuto ascoltando storie di gesta leggendarie. Costretto a rubare per sopravvivere alla povertà dei bassifondi di Quur, una sera fa irruzione nella casa sbagliata e viene marchiato da un demone: da quel momento in avanti la sua vita non sarà più la stessa. La difficile situazione di Kihrin lo porta al cospetto dei reali, che lo rivendicano come il figlio del loro principe perduto da tempo. Ma, lungi dal vivere il sogno di una vita di fasti e onori, Kihrin è in balìa delle spietate ambizioni della sua nuova famiglia, e quando cerca di fuggire dalla sua gabbia dorata non fa che peggiorare le cose. È ormai succube del ruolo di cui è stato investito e non c’è più scampo per lui, erede ritrovato di un regno ormai non più privo di corona come vuole l’antica profezia. Così ogni fazione – dèi, demoni, draghi e maghi – lo rivendica come propria pedina e tutte quelle vecchie storie che aveva ascoltato sin da piccolo, in cui l’eroe vince sempre, diventano improvvisamente depositarie delle più aspre menzogne. O forse no… Forse Kihrin non è l’eroe, e il suo destino non è di salvare l’impero. Forse il disegno che il fato ha per lui è quello di distruggerlo… La Rovina dei re è il primo libro della straordinaria serie di Jenn Lyons, Il Coro dei Draghi, il debutto fantasy più atteso dell’anno. Un’opera straordinaria, nella quale profezia e magia si intrecciano in un’incredibile epopea sulle sorti di un impero conteso da dèi e demoni.
Salve a tutte mie care Fenici, oggi parleremo del romanzo “La Rovina dei Re”, un romanzo fantasy che vi proietterà in una nuova dimensione.
Kihrin è un ragazzo che vive e lavora nella città di velluto. Sin da quando fu trovato, in fasce, tra i rifiuti dell’arena, dal suo padre adottivo (un musicista di basso rango), ha sempre vissuto nella casa di piacere di Ola, una donna un tempo bella, ma ora dall’aspetto sfatto, piegata dalla vita e dai piaceri del cibo abbondante e del buon vino. Ed è proprio là, che conosce Morea, una giovane donna divenuta schiava, ballerina del circolo e attendente personale di Ola. Per compiacere lei comincerà un’avventura, che lo condurrà molto lontano, sino a ritrovare le sue radici perdute. Ma in realtà, neanche di lei riesce a fidarsi. L’esistenza passata nei quartieri bassi ha impartito le sue lezioni: mai fidarsi di qualcuno, mai lasciare che qualcuno abbia potere su di te. Impara così a essere un’ombra, assicurandosi proventi da furti vantaggiosi che il ricettarore Laido si prodiga di rivendere. Di giorno quindi si esibisce con il padre, cantando mentre lui suona l’arpa, mentre, di notte, danza nell’ombra, scoprendo così fatti inquietanti. Sarà proprio durante una di queste incursioni che si compie il suo destino, venendo di nuovo proiettato in un mondo dal quale era stato un tempo salvato, tra incantesimi e malefici, drammatici scambi e patti infernali, dove compirà il fato per il quale è stato un tempo allontanato.
Devo dire che ho trovato la lettura un po’ difficoltosa. Dalla struttura complessa e con un’arzigogolata genealogia, la trama si snoda su di due racconti paralleli, creando quindi due cori differenti. Il lettore così si trova catapultato in un mondo che ricorda un po’ la favola di Aladino, arricchita di complesse descrizioni e minuzia di dettagli. I drammi sentimentali non arrivano a toccarti, nemmeno quando sono alla base delle svolte proposte dalla storia, cosa che, secondo me, rappresenta uno dei motivi per il quale il libro non mi ha convinto. Nel momento in cui una relazione comincia a entrare nel vivo e si solleva un po’ di entusiasmo, all’improvviso si passa a un altro evento. Terminata la lettura ho ripercorso un po’ i capisaldi dell’opera, decidendo che si apprezza sicuramente di più dopo una seconda rilettura, anche se breve. Un lavoro comunque di una maestria unica e di un notevole ingegno, che non si presta però a essere propriamente una lettura rilassante, anche se sicuramente avvincente. Avrei trovato tutto più comprensibile, semplificando l’analisi della trama, con qualche particolare in più sulla cultura Vanè, sulla loro storia e sulla loro genealogia. La cosa avrebbe dato anche più spessore al finale proposto.
Per riassumere, si tratta sicuramente di un opera notevole e originale, che però non mi ha veramente catturato, come un’opera manierista che si perde nei dettagli, mantenendo comunque uno scarso contenuto.
A voi posteri poi l’ardua sentenza!
A presto care fenicette e buona lettura.
Kihrin è un ragazzo che vive e lavora nella città di velluto. Sin da quando fu trovato, in fasce, tra i rifiuti dell’arena, dal suo padre adottivo (un musicista di basso rango), ha sempre vissuto nella casa di piacere di Ola, una donna un tempo bella, ma ora dall’aspetto sfatto, piegata dalla vita e dai piaceri del cibo abbondante e del buon vino. Ed è proprio là, che conosce Morea, una giovane donna divenuta schiava, ballerina del circolo e attendente personale di Ola. Per compiacere lei comincerà un’avventura, che lo condurrà molto lontano, sino a ritrovare le sue radici perdute. Ma in realtà, neanche di lei riesce a fidarsi. L’esistenza passata nei quartieri bassi ha impartito le sue lezioni: mai fidarsi di qualcuno, mai lasciare che qualcuno abbia potere su di te. Impara così a essere un’ombra, assicurandosi proventi da furti vantaggiosi che il ricettarore Laido si prodiga di rivendere. Di giorno quindi si esibisce con il padre, cantando mentre lui suona l’arpa, mentre, di notte, danza nell’ombra, scoprendo così fatti inquietanti. Sarà proprio durante una di queste incursioni che si compie il suo destino, venendo di nuovo proiettato in un mondo dal quale era stato un tempo salvato, tra incantesimi e malefici, drammatici scambi e patti infernali, dove compirà il fato per il quale è stato un tempo allontanato.
Devo dire che ho trovato la lettura un po’ difficoltosa. Dalla struttura complessa e con un’arzigogolata genealogia, la trama si snoda su di due racconti paralleli, creando quindi due cori differenti. Il lettore così si trova catapultato in un mondo che ricorda un po’ la favola di Aladino, arricchita di complesse descrizioni e minuzia di dettagli. I drammi sentimentali non arrivano a toccarti, nemmeno quando sono alla base delle svolte proposte dalla storia, cosa che, secondo me, rappresenta uno dei motivi per il quale il libro non mi ha convinto. Nel momento in cui una relazione comincia a entrare nel vivo e si solleva un po’ di entusiasmo, all’improvviso si passa a un altro evento. Terminata la lettura ho ripercorso un po’ i capisaldi dell’opera, decidendo che si apprezza sicuramente di più dopo una seconda rilettura, anche se breve. Un lavoro comunque di una maestria unica e di un notevole ingegno, che non si presta però a essere propriamente una lettura rilassante, anche se sicuramente avvincente. Avrei trovato tutto più comprensibile, semplificando l’analisi della trama, con qualche particolare in più sulla cultura Vanè, sulla loro storia e sulla loro genealogia. La cosa avrebbe dato anche più spessore al finale proposto.
Per riassumere, si tratta sicuramente di un opera notevole e originale, che però non mi ha veramente catturato, come un’opera manierista che si perde nei dettagli, mantenendo comunque uno scarso contenuto.
A voi posteri poi l’ardua sentenza!
A presto care fenicette e buona lettura.