Recensione: L’ultima ragazza alla festa di Bethany Clift
Titolo: L’ultima ragazza alla festa
Autore: Bethany Clift
Genere: Narrativa contemporanea/Dispotico
Editore: HarperCollins
Data di pubblicazione: 17 Febbraio 2022
In un futuro molto vicino, il mondo come noi lo conosciamo non esiste più. L’umanità è stata completamente cancellata dalla faccia della terra. Eppure, qualcuno è sfuggito al suo destino. Sola, in una Londra silenziosa in cui anche tutto quello che poteva sembrare innocuo, come un gabbiano o un topo, è diventato potenzialmente mortale, una ragazza è sopravvissuta. Non è nemmeno lontanamente un’eroina dei videogiochi, in tuta mimetica ed esperta di sopravvivenza. È una ragazza normale, anche un po’ imbranata, il cui primo istinto non è cercare di salvare il mondo, ma ubriacarsi e saccheggiare Harrods. È completamente impreparata ad affrontare il futuro da sola e anzi ha passato la sua intera vita a sacrificare i propri desideri e a nascondere i sentimenti per compiacere gli altri. La carriera, il matrimonio, il modo di vestire, la scelta del quartiere in cui vivere, tutte, ma proprio tutte le decisioni importanti le ha prese solo per soddisfare le aspettative altrui. Ma, adesso che è completamente sola (eccezion fatta per il suo compagno di disavventure, un golden retriever dall’espressione sorridente) e non è rimasto proprio nessuno da accontentare, chi sceglierà di essere? “L’ultima ragazza alla festa” non è una storia sulla fine del mondo, ma la storia di quello che succede dopo. Non è una storia di morte, ma al contrario è piena di insopprimibile vita.
Esiste il lieto fine? Leggendo L’ultima ragazza alla festa viene da pensare che non sia mai lieto come sembra.
Immaginate il nostro mondo da qui a due anni, la pandemia è scomparsa e la vita ha ripreso, lentamente, la sua routine. Ma qualcosa sta per succedere, un‘infezione ancora più letale e mortale sta per abbattersi sull’umanità: il 6GM, chiamato così perché l’aspettativa di vita, dopo averlo contratto è di Sei Giorni al Massimo… praticamente un incubo. Questa volta non ci sarà un dopo, non ci saranno sopravvissuti, la razza umana rischia l’estinzione.
Ecco, ora immaginate, di essere l’unica sopravvissuta, l’unica persona ancora in vita in tutta l’Inghilterra, in cui il romanzo è ambientato. Pensate di camminare nella vostra città silenziosa, apparentemente intatta, in cui non avvertite nessun suono, nessun rumore, ma avete davanti solo la strada disseminata di cadaveri.
Cosa fareste? Come vi comportereste?
La nostra protagonista non ci pensa due volte e si dà alla pazza gioia tra alcol, droga e suite di lusso in alberghi che prima non poteva permettersi; fa shopping sfrenato, visita musei e saccheggia supermercati, vivendo in una bolla di sgomento, smarrimento e lacrime, senza voler proprio accettare la realtà che ha davanti. Il governo, prima di scomparire, aveva creato una pillola da prendere se colpiti dalla malattia:la t600, che regalava una morte veloce; lei per tutta la durata del libro, ha pensato di prenderla, senza mai avere il coraggio di farlo, rimandando sempre. Andando avanti.
Io ho fatto fatica a leggere questa storia, andavo in iperventilazione insieme alla protagonista. Prospetta uno scenario incommensurabilmente terrificante e inconcepibile. Ed è così ben scritto e dettagliato che lo leggerete in poco tempo.
L’ultima ragazza alla festa è il diario di questa protagonista anonima, che potrebbe essere ognuno di noi. Ci racconta la sua realtà di sopravvissuta in modo lucido e onesto, senza freni, senza inibizioni. Una persona che nella sua vita di prima andava nel panico alla vista di una scala mobile particolarmente lunga, dimostra di possedere una determinazione profonda di continuare a lottare. Una donna che, anche prima della fine del mondo, non viveva veramente, ma inseguiva il sogno di essere amata e protetta, senza essere mai sé stessa, compiacendo solo gli altri. Viveva la sua vita come le persone che amava si aspettavano che la vivesse.
Leggere questo libro è un lungo e angoscioso viaggio introspettivo, che mette in luce l’essere umano e il suo modo di tirare avanti quando non esistono più le convenzioni sociali.
Mi è piaciuto molto l’epilogo, pauroso, ma con una luce in fondo al tunnel. Con quel briciolo di speranza di un futuro, qualunque esso sia.