Recensione: “Mandala Bay” di Gwendolen Hope
Lea Shell, squattrinata e furba ragazza di Carson City, cerca in tutti i modi di uscire dal suo mondo e ritagliarsi una vita diversa. Lea punta in alto. Cosa ci può essere più in alto di Ryan Parker, proprietario del Mandala Bay di Las Vegas?
Lea e Ryan non potrebbero essere più diversi. Lei, venticinquenne squattrinata, incinta per caso di un uomo che quasi disprezza, sempre alla ricerca dell’occasione per sfuggire alla sua povertà, non esita a tentare di raggirare il prossimo per riscattarsi dalla sua misera condizione. Lui, ricco e affascinate uomo d’affari, è proprietario e direttore di uno degli edifici più prestigiosi di Las Vegas, il Mandala Bay, dove trovano il giusto connubio tra gioco d’azzardo, divertimento e convention di lusso. I due si incontrano, o per meglio dire si scontrano, per caso nella hall del Mandala e Lea non perde l’occasione di farsi assumere come personale dell’hotel, pur non essendo in lista per il colloquio. Il suo intento è quello di intrufolarsi nel grande letto di Ryan, per convincerlo a trascorrere con lei una notte di sesso con lo scopo di incastrarlo in seguito, facendogli credere che il bambino che porta in grembo sia suo. Purtroppo per Lea, Ryan è troppo scaltro e disilluso per cascarci, perciò il suo piano va in fumo. Questo fatto consente però ai due di instaurare un rapporto di conoscenza che si trasforma in qualcosa di più profondo in maniera rapida e imprevista, grazie soprattutto all’incomprensibile bisogno di protezione che Ryan sente nei confronti di Lea. Ma il destino ha in serbo una serie di eventi che riveleranno a Ryan quanto siano errate le convinzioni che per anni lo hanno lasciato affogare nel dolore, rendendolo l’uomo scontroso e burbero che è diventato, e allo stesso tempo strapperanno a Lea la speranza di un futuro diverso da quello a cui le sue origini sembrano condannarla.
Il personaggio di Ryan è ben costruito, uomo potente e tormentato dal suo passato, ha una particolarità fisica che lo rende un po’ diverso dal cliché dei personaggi maschili oggi molto descritti. Io però ho molto apprezzato la personalità di Lea, combattuta tra il suo desiderio di riscatto e la disperazione alla quale cerca di sfuggire in ogni modo, consapevole delle sue scarse risorse ma determinata a cambiare il suo destino, una donna spavalda che in realtà tenta di nascondere al mondo la sua vulnerabilità, in modo quasi commovente. Nella storia non mancano i riferimenti a personaggi creati in passato dall’autrice e personaggi secondari, Miranda, Rocco e Little Jo, che arricchiscono la narrazione, ma che proprio per questo avrebbero meritato, a mio avviso, più spazio. Inoltre un editing più accurato avrebbe reso la lettura più godibile.
Peccato per la brevità del racconto che arriva alla fine in maniera troppo frettolosa, lasciando sottintesi alcuni risvolti secondo me importanti, che mi sarebbe piaciuto leggere in modo più approfondito.
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