Recensione: Mano Gentile – Mani Perfette Vol. 2 di Nora Phoenix
Titolo: Mano Gentile
Autore: Nora Phoenix
Serie: Mani Perfette Vol. 2
Genere: Romanzo M/M / BDSM
Data di uscita: 14 Maggio 2022
Mano Salda #1
Mano gentile #2
Raf non si era mai reso conto di aver bisogno di un Daddy finché non incontrò Daddy Brendan…
La vita da adulto è dura per Raf. Dopo una gioventù nient’affatto ideale, sperava di trovare dove appartenere. Ma nonostante abbia provato diverse cose nel locale che frequenta il suo migliore amico, nulla sembra fare al caso suo.
Finché non conosce Daddy Brendan, l’uomo perfetto, un orso dalla voce gentile, dai teneri abbracci, e dotato di un’appendice da cui Raf è piuttosto attratto.
Daddy Brendan si vuole prendere cura di Raf in ogni modo possibile, e Raf presto scoprirà che adora essere il bambino di Daddy Brendan. Finalmente ha trovato un luogo in cui si sente di appartenere. Se solo potesse dimenticare il suo passato ed essere veramente felice…
Mano Gentile è un romanzo MM, con relazioni di tipo Daddy-boy, ageplay e infantilismo parafiliaco (AB/DL). Si avvisa il lettore della presenza di riferimenti a lieve omofobia, maltrattamento genitoriale e depressione. È il secondo libro della serie Mani Perfette ma può essere letto come romanzo autonomo.
Raf è un giovane gay alla ricerca della pratica sessuale che faccia per lui. Soffre di ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), ma né il dolore né la sottomissione né altri kink comuni sono riusciti a placare la sua mente iperattiva.
Brendan ha superato i quarant’anni ed è alla ricerca di qualcuno da amare e da accudire; il suo ultimo partner gli ha mentito assecondando le sue perversioni al solo scopo di essere mantenuto, salvo lasciarlo di punto in bianco per un nuovo daddy più ricco che non aveva la pretesa di fargli indossare pannolini e vestitini da bambino.
Su quel fasciatoio c’erano i vestiti che Brendan aveva scelto per Raf: un pigiama intero blu scuro a maniche corte con sopra delle adorabili scimmiette che tenevano in mano delle banane. Raf emise un sonoro respiro meravigliato mentre si guardava intorno per la stanza. “Questo è…” Sembrava essere in cerca delle parole giuste. “Molto speciale. È una stanza della felicità.”
(Tratto dal libro)
L’ageplay è un kink con cui ho fatto fatica a entrare in sintonia, forse per aver vissuto la maternità o semplicemente perché mi trovo distante dall’idea che trattare un adulto come un bambino possa risultare eccitante.
D’altro canto, è comprensibile il piacere di Brendan nell’accudire il suo ragazzo, così come quello di Raf nell’essere oggetto delle sue attenzioni esclusive. Giocare in ruoli daddy-boy, cedere il controllo, agire in contesti strutturati da regole definite da una figura dominante ma allo stesso tempo amorevole e tenera risponde anche ai bisogni legati alla sindrome ADHD di cui soffre Raf, che ha bisogno, tra l’altro, di compensare le carenze affettive di un pessimo padre.
“Non devi aver pietà di me,” disse sommessamente. “Lo apprezzo, ma non sono un problema tuo.” “Dolcezza, tu non sei il problema di qualcuno. Dovresti essere il prezioso ragazzo di qualcuno, mai un problema.”
(Tratto dal libro)
Il romanzo quindi a mio avviso ha esplorato bene le psicologie dei due protagonisti, legando i loro bisogni ai trascorsi personali, pur riuscendo a separare il passato dal presente e qualificando come reali i sentimenti provati l’uno per l’altro, più che una rivalsa o una compensazione delle sofferenze vissute.
L’age gap è un tema presentato in più di un senso: non solo tra i protagonisti ci sono vent’anni di differenza, ma il role play estremizza il divario tra loro, permettendo a Raf di vivere come un bambino, liberando la mente e abbandonandosi alle cure e all’affetto paterno del suo daddy, che viceversa ha modo di prendersi cura di lui in modo affettuoso e all’occorrenza severo. È istintivo e naturale il legame affettivo che si sviluppa tra loro.
“Sì.” La sua voce era palesemente divertita. “E, piccolo, so che questo non è facile, ma chiediti se vuoi davvero passare la vita preoccupandoti di che cosa penseranno gli altri. Non dovrebbe forse riguardare che cosa ti rende felice?” Raf chiuse gli occhi mentre il dolore gli trafiggeva il cuore con una intensità che lo fece commuovere. Quello era il nucleo di tutto, non è vero? Anni e anni passati a preoccuparsi di che cosa avrebbe fatto arrabbiare suo padre lo avevano lasciato del tutto condizionato a preoccuparsi moltissimo di che cosa avrebbero pensato gli altri. Come avrebbe fatto a cambiare quest’aspetto?
(Tratto dal libro)
Ho trovato molta cura nell’approfondire un aspetto peculiare nelle tematiche LGBT, legato al rifiuto del padre di Raf: l’attenzione è posta sugli effetti a lungo termine di un atteggiamento genitoriale privo di affetto che nega l’identità della persona e manifesta aspettative sulla “mascolinità” del proprio figlio fin dalla più giovane età.
Un atteggiamento che mina l’autostima del ragazzo e determinerà delle insicurezze profonde che danneggeranno anche il modo con cui si relazionerà con le persone.
È un peccato come si sia risolto il finale rispetto a una piccola situazione in cui Raf avrebbe potuto fare la differenza per qualcun altro, finendo invece per assecondare il messaggio che i tempi non sono ancora giusti per poter portare dei cambiamenti nella mentalità della gente.
“No, piccolo. Sono loro la delusione, non tu. Sono loro che hanno deluso te, non il contrario. I genitori dovrebbero amare i propri figli incondizionatamente, a prescindere da quello che fanno. Ti dovrebbero amare per quello che sei, per il semplice fatto di essere il loro figlio, una parte di loro. I tuoi genitori hanno fallito, piccolo. Sono loro ad essere una delusione.”
(Tratto dal libro)
Non conosco abbastanza l’ADHD per dire se Raf ne soffra in una forma più grave del normale (prende medicine quando se ne ricorda e ha difficoltà in una marea di cose). In ogni caso è interessante questo approfondimento sul disagio che prova nel compiere anche azioni semplici o quotidiane, e il fatto che questa sindrome così diffusa (chi non ne ha sentito parlare nelle classi dei nostri figli?) sia anche così poco conosciuta è sconvolgente. Non avevo mai riflettuto sul fatto che questo contribuisca spesso a creare una barriera nell’integrazione di chi ne soffre.
Emise un lieve respiro dal naso, poi ricominciò a succhiare e finì il resto del latte. Gli era piaciuto il biberon. No, anzi, lo adorava. Avendo la bocca del tutto occupata, era come se il suo cervello si tranquillizzasse, soprattutto considerando che anche i suoi movimenti erano limitati essendo rannicchiato sul grande petto di Daddy.
(Tratto dal libro)
Purtroppo la traduzione è pessima, ma per i temi trattati così particolari e per il modo in cui l’age play ci mette a disagio, aiutandoci ad allenarci nel non giudicare le preferenze sessuali altrui quando sono lontane dalle nostre credo valga la pena di essere letto, e non tengo conto di questa carenza nel giudizio finale.
Nel complesso si tratta di una storia piena di romanticismo e tenerezza, di cui strabordano anche le scene di sesso.